mercoledì 16 marzo 2016
​​Giovanni Ferri, docente della Lumsa e per vent'anni alla Banca Mondiale.
 «La crisi ha colpito duro Terzo settore una diga»
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«Dal Rapporto mondiale sulla Felicità temo che non emergerà una situazione molto positiva per l’Italia. Mi aspetto qualche bocciatura e declassamento, speriamo non troppo pesante ». Tra i partecipanti al quarto World Happiness Report c’è l’economista Giovanni Ferri, docente alla Lumsa e per vent’anni alla Banca Mondiale. Toccherà a lui l’intervento di saluto al Cortile dei Gentili domani, mentre oggi avrà il ruolo di discussant. Senta Ferri, perché prevede che il Rapporto delinei un’Italia poco incline alla felicità? La crisi economica ha colpito duro, soprattutto in Italia. I segnali di ripresa ci sono, è vero, ma il Rapporto si rifà al periodo nero della lunga crisi. E gli italiani non sono certo stati sereni, con poveri sempre più poveri e nuove povertà, tra disoccupazione e malessere sociale. Però, dall’altra parte, c’è anche la forza del volontariato, del terzo settore, delle imprese sociali e delle cooperative che hanno fatto molto in questi anni e continueranno a farlo. E il resto dell’Europa? Il resto dell’Europa si è mosso abbastanza bene, soprattutto sulle politi- che energetiche. Ma credo che anche sull’Europa, dove sono stati fatti forti tagli in generale sulle politiche sociali, ci siano parecchi problemi di scarsa 'felicità'. Emergerà soprattutto un quadro di diffusa insicurezza che sicuramente avrà portato a una riduzione della percezione di complessiva felicità. Tra crisi economica, migrazioni di massa e terrorismo chi si sarà potuto dire felice nel Rapporto 2016? A fronte di dati non del tutto positivi per l’Europa, prevedo notizie abbastanza buone per gli Stati Uniti dove si sono creati posti di lavoro, anche se non di grande qualità. Staremo a vedere cosa dirà il Rapporto su Cina e India, i due colossi. Questi due Paesi rappresentano la grande sfida del presente e del futuro del pianeta. Dall’impatto delle loro economie sull’ambiente dipenderà molto. Ormai è questa la questione cruciale. Alla Cop21 di Parigi i buoni propositi non sono mancati. Se stiamo a quello che i governi hanno firmato, dovremmo essere fiduciosi. Certo, le misure concordate per il vero bene comune e la salvaguardia del pianeta vanno poi messe in pratica. Voglio sperare che non siano stati soltanto proclami di facciata. Ma le lacrime di emozione del ministro degli Esteri francese Laurent Fabius, quando ha presentato la bozza definitiva di accordo sul clima nella giornata conclusiva della Cop21, erano autentiche. A dimostrazione della presa di coscienza che c’è sulla necessità di cambiare rotta con una nuova idea di sostenibilità globale. E qui è stato decisivo l’intervento di papa Francesco con l’enciclica Laudato si’. Un messaggio che sembra aver dato un’accelerazione... Il richiamo del Papa ha manifestato chiaramente a tutto il mondo l’urgenza di doverci occupare della sostenibilità ambientale coniugata a quella sociale. Con l’attenzione alla felicità e a misure di benessere che non tolgano dignità all’uomo, con misurazioni non più così parziali come quelle che hanno dominato finora, Pil in testa. Che poi sono state, in larga misura, all’origine degli attuali problemi ambientali e sociali.
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