martedì 26 maggio 2015
Voto in Spagna e crisi greca mettono a rischio la tenuta dell'Unione. Renzi: deve cambiare.
INTERVISTA Letta: «Messaggio di cambiamento alla Ue»
EDITORIALE Unione da «rifare» Giorgio Ferrari
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Iniziato con il voto greco a gennaio, il terremoto elettorale europeo prosegue ora in Spagna e in Polonia. Tre realtà diverse, ma in comune c’è un elemento che preoccupa molto Bruxelles: a prendere punti sono stati proprio quelli che più contestano le politiche Ue, mentre puniti sono i 'vecchi' partiti proeuropei, a Varsavia come a Madrid, considerati corrotti o almeno incapaci del cambiamento. Un trend che potrebbe proseguire con il voto per il rinnovo dei parlamenti in Spagna e Polonia nella seconda metà del 2015. Per non parlare delle presidenziali francesi del 2017, con lo spettro della leader del Front National Marine Le Pen. «Sessantacinque anni dopo la dichiarazione di Schuman – ha detto ieri l’Alto rappresentante per la politica estera Ue Federica Mogherini – non possiamo consegnare il futuro del nostro comune progetto politico a una banale contrapposizione tra europeisti ed euroscettici». Il voto spagnolo e polacco, aggiunge, indica «il bisogno di rinnovare il nostro essere europei se vogliamo salvare il progetto dei padri fondatori ». La Ue viene percepita come divisa e incapace di dare risposte ai problemi più gravi, come disoccupazione, bassa crescita, flussi migratori, crisi alle frontiere, dall’Ucraina al Mediterraneo. Peggio ancora, come fonte stessa di molti problemi. «Il vento della Grecia, il vento della Spagna, il vento della Polonia – ha detto il premier Matteo Renzi a Rtv38 – non soffiano nella stessa direzione, ma tutti questi venti dicono che l’Europa deve cambiare e io spero che l’Italia potrà portare forte la voce per il cambiamento dell’Europa nelle prossime settimane e nei prossimi mesi». Un’urgenza di risposte che si incrocia con la battaglia del premier britannico David Cameron per 'riformare' la Ue in vista del referendum. Ieri era a Londra il presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker. Le spinte anti-Ue vengono in effetti da direzioni diverse e hanno obiettivi diversi. Londra vuole il rimpatrio di vari poteri da Bruxelles, una limitazione della libera circolazione, tutele nei confronti dell’integrazione dell’eurozona, mentre i tagli di bilancio non hanno impedito a Cameron di stravincere. Nel Sud (Spagna, Grecia ma anche Italia), il più flagellato dalla crisi, oggetto della protesta sono piuttosto le politiche di austerity e più in generale l’ideologia ultra-liberista che da anni domina Bruxelles mentre si allarga la forbice tra ricchi e poveri – i partiti tradizionali vengono visti come 'esecutori' di queste politiche. Il partito Syriza del premier greco Alexis Tsipras, o lo spagnolo Podemos puntano dritti contro capisaldi della politica economica Ue, come le privatizzazioni dei beni e servizi pubblici, la riduzione delle imposte ma anche, di conseguenza, dei servizi sociali, dei sussidi, delle pensioni in nome del rigore finanziario. Basti dire che le due donne che probabilmente saranno sindaci di Madrid (Manuela Carmena) e Barcellona (Ada Colau) – elette da coalizioni di cui fa parte Podemos – promettono, come Syriza, lo stop agli espropri dalla prima casa di chi non riesce a pagare il mutuo, il sostegno ai bassi redditi, il blocco delle privatizzazioni di beni e servizi pubblici. A votarli sono i tantissimi, giovani in testa, che della ripresa spagnola sbandierata a Bruxelles come 'prova' che 'l’austerity funziona' hanno visto poco o niente, come dimostra la disoccupazione inchiodata a livelli record. Bruxelles trema alla prospettiva di un’avanzata di Podemos, dopo la vittoria di Syriza, che rafforzerebbe il fronte dei Paesi dell’eurozona sempre più insofferenti alla disciplina di bilancio Ue in salsa tedesca. In gioco c’è l’euro, anche per la probabile contro-reazione delle opinioni pubbliche di paesi come Germania, Austria, Finlandia. Diverso il caso della Polonia (fuori dall’Eurozona). Il vincitore Andrzej Duda e il suo partito 'Legge e Giustizia' sono nazionalisti, euroscettici e tradizionalisti sul piano sociale. Verso la Ue sono sulla linea dei Conservatori britannici, con cui siedono nello stesso gruppo al Parlamento europeo. Duda ha fatto campagna elettorale inveendo contro lo strapotere degli 'stranieri' nel sistema bancario polacco e ha rivendicato più poteri per la nazione polacca, promettendo alleanze regionali con le Repubblica Baltiche e l’Ucraina. Vuole più Nato e meno Ue, più voce grossa con Mosca e più sostegno a Kiev. E però anche in Polonia – tra i pochi Paesi non toccati dalla crisi – è vasto il numero degli esclusi dalla crescita, e infatti Duda ha fatto breccia anche con promesse come riabbassare l’età pensionabile, imposte salate su banche e grandi catene, più sussidi alle fasce deboli. «L’Europa – avverte il presidente del gruppo dei Socialisti al Parlamento europeo Gianni Pittella – è vittima di anni di cieca austerità e di un cronico nanismo in politica estera. Oggi ne vediamo i frutti avvelenati». La risposta dovrà arrivare prestissimo, in termine di crescita, occupazione, visioni. A rischio è il futuro stesso della Ue.
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