giovedì 26 febbraio 2015

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Il vaso sta per traboccare ma Matteo Renzi sa che ha ancora molta acqua da versare. E la mossa del decreto Rai è stata considerata spericolata anche dai suoi. Con il partito pronto alla rivolta, la tregua del dopo-Mattarella ormai lontana, il premier tenta una nuova strada e scrive a tutti i parlamentari dem per cercare di coinvolgerli nelle decisioni a venire. Un invito, per l’esattezza per domani, a rispondere singolarmente con idee e proposte sulle quattro questioni chiave che il governo sta per affrontare: scuola, ambiente, fisco e soprattutto la questione Rai. Ma non tutti i destinatari apprezzano e il segretario del Pd si spazientisce. Il decreto annunciato ha scatenato le furie della minoranza, oltre alla reazione durissima della presidente della Camera Laura Boldrini. Di qui l’invito del capo del governo a «confrontarci con sempre maggiore coinvolgimento anche nelle fasi preparatorie dei passaggi parlamentari». Insomma, «con rispetto per il doveroso dibattito interno al Pd, vorrei che il nostro confronto fosse sui contenuti più che sulle etichette. Che fiorissero idee più che correnti». In realtà, la corrente che nasce a poche ore dall’invito è proprio quella renziana di Matteo Richetti, 'Spazio democratico', che raccoglie l’area cattolica di Fioroni e viene identificata come quella dei 'cattorenziani'. Alla prima riunione ieri sera anche Lotti e Delrio. L’invito di domani, però, al Nazareno è aperto a tutti, per «un punto della situazione informale su quattro temi di qualche interesse: Scuola, dalle 14 alle 15; Rai, dalle 15 alle 16; Ambiente, dalle 16 alle 17; Fisco, dalle 17 alle 18». Non c’è nessun obbligo di partecipare, ma diverse alternative, se gli argomenti non fossero tutti di interesse comune. Di più, Renzi è particolarmente comprensivo: «So che il venerdì non è il giorno migliore ma visto il duro calendario dei lavori parlamentari non vedo alternative». La strategia renziana è quella di rispondere con un partito compatto a quanti «si dividono, fanno ostruzionismo». Ma il suo messaggio non viene recepito come vorrebbe e la minoranza è pronta a disertare. Anzi, Pier Luigi Bersani resta esterrefatto. «Siamo al limite perché si danno cinque minuti per parlare di fisco, cinque per l’ambiente... ma scherziamo?». La risposta sembra un no senza appelli: «Io chiedo una discussione ordinata, la convocazione dei gruppi parlamentari. Una cosa seria si fa così». Renzi non ci sta, né ha intenzione di lasciarsi fermare. Se si vuole lavorare insieme, i tempi previsti per domani sono sufficienti per un «giro di orizzonte». O forse, dall’entourage di Palazzo Chigi riferiscono lo sfogo, «qualcuno pensa che il segretario pd non si debba confrontare con i suoi parlamentari?». E allora, raccontano di un premier amareggiato: «Facciamo le cose da soli e si arrabbiano perché non li coinvolgiamo. Li coinvolgiamo e si arrabbiano perché le forme non sono quelle che vogliono loro. Convochiamo la direzione e vogliono la segreteria unitaria. Facciamo la segreteria unitaria e vogliono i gruppi. Ma se lo ricordano che abbiamo vinto le primarie con il 68 per cento e portato il Pd dal 25 al 41 per cento in un anno? Ma li frequentano i circoli? Li vedono sondaggi? Lo sanno che i nostri non ne possono più divisioni interne?».
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