mercoledì 6 aprile 2016
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Rendere la responsabilità sociale d’impresa, o Csr, un tema popolare, con cui il cittadino medio ha familiarità. È l’obiettivo di «Responsabilità d’impresa per il bene comune», il progetto lanciato da Retinopera (la rete delle principali associazioni laiche cattoliche italiane) che chiede ai cittadini di indicare in base a quali elementi è più giusto valutare la Csr o, se si vuole, l’etica di un’impresa. Magari per poi orientare verso i prodotti e servizi delle aziende più meritevoli le scelte di consumo. O anche di risparmio e investimento. «È un’operazione estremamente interessante», dice Francesco Bicciato, profondo conoscitore dei temi di sostenibilità (ha lavorato per anni in ambito Nazioni Unite agli Obiettivi di sviluppo sostenibile lanciati nel 2015) e segretario generale del Forum per la finanza sostenibile (Ffs), principale associazione in Italia impegnata nella diffusione di questo modo d’intendere l’investimento. 'Popolarizzare' la sostenibilità: si può? Credo sia il momento giusto per azioni del genere, che ritengo meritorie. È l’obiettivo anche di Ffs: avvicinare i cittadini alla finanza, che per molti resta un tabù. Perché manca un’alfabetizzazione finanziaria. Inoltre, il modo di comunicare della finanza è spesso criptico. Cosa significa la sostenibilità applicata alla finanza?  Vuol dire innanzitutto avere un ruolo attivo rispetto all’economia reale, mentre la finanza per molto tempo è stata considerata uno strumento neutro, senza collegamenti con l’impatto sociale e ambientale. La finanza sostenibile, invece, ha un ruolo non solo nel determinare la responsabilità sociale delle imprese in cui investe. Ma anche nel dotarsi di un corredo di valori etici. Quali sono le aree, o gli indicatori, di sostenibilità che il cittadino medio può comprendere più facilmente? Fra le tre 'gambe' della sostenibilità, ambientale, sociale e della governance, la più facilmente percepita e percepibile è quella ambientale. Per via della Cop21 (la Conferenza della Nazioni Unite sul climate change di fine 2015, ndr.). E soprattutto grazie all’enciclica Laudato si’ di papa Francesco, che ha impresso un’accelerazione impressionante nella sensibilizzazione su questi temi, di cui oggi parla anche chi non se n’era mai occupato. La forza comunicativa dell’enciclica è stata fondamentale per spiegare che un’economia basata sulle fonti fossili è insostenibile non solo in senso ambientale ma anche per i suoi impatti sociali, specie sui più deboli: pensiamo ai profughi ambientali. Manca, invece, informazione su altri temi… Ad esempio? Uno, importantissimo, è l’engagement (il dialogo tra investitori e società quotate su temi di sostenibilità, ndr.). Nel momento in cui partecipano alle decisioni, nelle società quotate ma anche nelle Pmi attraverso strumenti come il private equity, con l’engagement gli investitori hanno grandi possibilità di influenzare nel senso della sostenibilità le politiche e i comportamenti aziendali. Il messaggio del 'voto col portafoglio' sembra essersi ormai affermato riguardo alle scelte di consumo. Un po’ meno per quelle di risparmio e investimento… Occorre spiegare in modo chiaro le differenze fra i prodotti, finanziari ma anche assicurativi, che incorporano pienamente criteri e valori di sostenibilità e quelli che lo fanno meno o per nulla. E dire che la sostenibilità non è penalizzante in termini economici ma conviene, ad esempio perché riduce i rischi. Poi sarà il risparmiatore a scegliere. Ma bisogna metterlo nelle condizioni di farlo.
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