lunedì 9 febbraio 2015
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Siamo abituati naturalmente a ragionare a più dimensioni. Quando compriamo un appartamento non guardiamo solo ai metri quadri ma alla posizione, al quartiere, all’arredamento. Quando guidiamo la macchina non solo al contachilometri ma a gomme, olio, luci, freni. Andare oltre il Pil verso il Bes (Benessere equo e sostenibile) vuol dire passare dalla tv in bianco e nero a quella a colori e iniziare a ragionare a più dimensioni anche nel campo dell’economia e del benessere.Quando abbiamo costruito con l’Istat il Benessere equo sostenibile siamo partiti dai desideri dei cittadini. Le parti sociali convocate tramite il Cnel ci hanno chiesto di guardare a 12 ambiti: (salute, istruzione e formazione, lavoro e conciliazione dei tempi di vita, benessere economico, relazioni sociali, politica e istituzioni, sicurezza, benessere soggettivo, paesaggio e patrimonio culturale, ambiente, ricerca e innovazione, qualità dei servizi). Con i dati raccolti abbiamo oggi una fotografia del benessere del Paese nei difficili anni post crisi finanziaria globale.Il primo fatto importante da sottolineare è che non tutto va male. In due ambiti fondamentali come salute ed istruzione il trend di miglioramento prosegue. L’aspettativa di vita in Italia ai primissimi posti a livello mondiale (che ha compiuto dall’unità d’Italia ad oggi un percorso spettacolare che l’ha vista più che raddoppiare dai 30 anni di allora ai quasi 80 di oggi) ha continuato a crescere nel corso degli ultimi anni. Il merito ovviamente non è solo italiano ma del progresso scientifico che segna costantemente importanti passi avanti nella lotta a molte malattie. A questo risultato contribuisce un sistema sanitario che distribuisce benefici all’intera popolazione ed è considerato tra i primissimi al mondo. Prosegue anche il trend positivo in termini di crescita dei livelli di istruzione. Ma in modo troppo lento ed insufficiente rispetto ai nostri partner europei e questo ci colloca agli ultimi posti nell’Ue come quota di laureati sul totale della popolazione. Il dato sulla sicurezza è enigmatico perché risultato di fattori eterogenei. Se gli omicidi sono ai minimi storici dell’ultimo secolo (nonostante l’enorme enfasi mediatica sui grandi fatti di nera e i reati di femminicidio), i reati contro il patrimoni (scippi, furti, borseggi) sono in forte aumento (tra il 20 e il 40% in alcuni casi). Tutto questo produce una riduzione di percezione di sicurezza negli ultimi anni. In questo momento difficile il benessere delle relazioni sembra arretrare anche se di poco con cali contenuti della soddisfazione per la vita amicale e familiare ed una tenuta della vita associativa.Le note più dolenti come sappiamo vengono dagli ambiti del lavoro e del benessere economico. Sui dati della disoccupazione inutile ritornare perché sono sulle cronache ogni giorno. Drammatico da noi l’aumento della disoccupazione giovanile e della quota dei disoccupati di più lungo periodo. Sul fronte del benessere economico la perdita di Pil di quasi 10 punti percentuali dall’inizio della crisi determina una riduzione del reddito pro capite inferiore della metà e una sorprendente sostanziale tenuta della ricchezza netta aiutata anche dalla bassa inflazione. Gli italiani consumano meno risparmiano di più e mentre vedono scendere il valore delle abitazioni registrano comunque dinamiche positive sulla ricchezza liquida. Allargando un po’ più l’orizzonte si scopre anche che dal 1995 ad oggi la ricchezza degli italiani è aumentata di quasi il 30% in valore reale. Gli indicatori di qualità dell’ambiente sono generalmente in progresso per la diffusione progressiva delle pratiche di sostenibilità ambientale e per il calo dell’attività economica. Un panorama fatto di luci e di ombre che però diventa più scuro quando guardiamo all’indicatore sintetico di soddisfazione di vita. È impressionante da questo punto di vista osservare che nel 2012 (anno in cui la crisi dello spread ai massimi porta all’arrivo del governo Monti) la quota di italiani che dichiara i più alti livelli di soddisfazione, tra 8 e 10 (un indicatore di solito molto stabile in termini aggregati), subisce un calo di quasi il 20%.Tutto ciò di cui abbiamo parlato sinora considera però (come nel famoso caso dei polli di Trilussa) solo gli andamenti medi. Le dinamiche distributive sono purtroppo molto lontane da livelli accettabili con un gap tra Nord e Sud che resta enorme (non solo in termini di reddito ma anche in termini di aspettativa di vita con tre anni di differenza tra Trentino e Campania), un gap tra giovani e vecchi che si approfondisce ed una distribuzione del reddito che diventa più diseguale tra giovani senza lavoro e ricchezza e anziani con lavoro stabile e attivi il cui valore complessivo sostanzialmente tiene.Al di là dunque di alcuni importanti elementi di tenuta e di progresso, le dinamiche di reddito e lavoro nel complesso e soprattutto negli aspetti distributivi rappresentano il principale fattore di rischio e vulnerabilità del Paese con effetti che si diramano in tutte le altre direzioni del benessere (salute, istruzione, sicurezza). Il brusco calo di soddisfazione di vita rilevato è la spia del fatto che gli italiani avvertono in pieno questo pericolo.
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