giovedì 10 gennaio 2013
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​«L'aumento della densità urbana porta necessariamente alla ricerca della verticalità»: Dario Trabucco insegna alla università Iuav di Venezia ed è corrispondente in Italia per il Council on tall buildings and urban habitat (Ctbuh), l’organismo che a livello internazionale studia i grattacieli e la loro evoluzione. Se all’inizio della sua storia il grattacielo era tipicamente centro amministrativo, rappresentativo delle grandi corporation, oggi sta cambiando: diventa luogo residenziale. Allora si può dunque immaginare un’evoluzione della città nel suo complesso verso la terza dimensione... «Già molte nuove torri sono dedicate ad abitazioni: il fenomeno è molto evidente a Hong Kong. E sta interessando molte città americane. Lower Manhattan, la zona di Wall Street, quartiere tipicamente di uffici, ha quadruplicato la propria popolazione rispetto al 2001, quando ci fu l’attacco alle Torri Gemelle. Lo stesso avviene a Pechino: si abbattono i vecchi quartieri, composti da case basse a corte tipici della tradizione cinese e si sostituiscono con le torri. Costruire in altezza è l’unica soluzione per mantenere la città entro dimensioni territoriali accettabili, pur conservando un’offerta di servizi pubblici adeguata. Se 40 anni fa il grattacielo più alto del mondo era negli Stati Uniti, con struttura in acciaio, dedicato a uffici, il prossimo a costruirsi più alto sarà in Medio Oriente o in Cina, di calcestruzzo e per uso residenziale o misto. Come Burj Dubai, quello che oggi detiene il record di altezza coi suoi 840 metri circa (di cui peraltro solo 600 abitati, il resto è un’antenna): in parte è residenziale, in parte albergo. Anche tutti gli altri grattacieli di Dubai sono a prevalente carattere residenziale».Perché si desidera abitare in un grattacielo?«Per ridurre i tempi di trasporto nel recarsi al lavoro. Chi è impiegato a Manhattan e abita in una villetta con giardino nel vicino New Jersey, perde ore e ore nei trasferimenti. Gli appartamenti nei grattacieli sono in prevalenza di piccole dimensioni, adatti a un single o a una coppia senza figli. Chi ha famiglia e deve disporre di spazi più ampi, magari può affittare un pied-à-terre in un grattacielo per la settimana, e tornare a casa nei week-end...».Si cerca sempre più una vita a contatto con la natura: è possibile vivendo in una torre?«Sta nascendo la moda di offrire giardini anche sui grattacieli. Il "Bosco verticale" progettato da Stefano Boeri a Milano ne è un esempio. A Singapore recentemente hanno costruito "Pinnacle" un complesso di torri tra loro raccordate da balconate a ponte, con giardini pensili in quota. Ma è difficile gestire spazi alberati a 150 metri di altezza: i costi sono assai elevati. Penso che la soluzione sia piuttosto di erigere i grattacieli in zone periferiche lasciando spazi verdi tra un edificio e l’altro: che siano veri giardini, non imitazioni...».Vi sono città dove questo avviene?«Chicago: la trovo particolarmente ben sviluppata. C’è il centro "storico" col cosiddetto "loop" (l’anello di metropolitana sospesa), il lungolago di pregio, ampie zone di villette con giardino, e la periferia di nuova espansione con torri residenziali inframmezzate da spazi verdi».Quali saranno i risvolti tecnologici più rilevanti per le nuova città verticali?«Per esempio i sistemi di gestione intelligente del traffico: così che i grandi flussi, necessariamente conseguenti alle forti concentrazioni, possano muoversi con facilità. Anche in questo Chicago è un esempio pionieristico: sin dagli anni Trenta del ’900 vi costruirono un sistema sotterraneo per la distribuzione delle merci nella zona centrale, in tal modo evitando che in strada dovessero passare i camion. Purtroppo è caduto in disuso e oggi resta come curiosità: le sue gallerie sono meta di visite turistiche. Per il futuro credo che importante sarà lo sviluppo di sistemi di trasporto automatizzato delle merci».Oggi sarebbe possibile pensare a una città di sole torri?«C’è chi l’ha fatto: in Cina vi sono agglomerati costruiti ex novo solo di torri. Sono totalmente deserti, nessuno ci vuole andare. La città ha bisogno di un substrato storico: non si può creare dal nulla. Non a caso è Roma la "città eterna": i suoi tremila anni di storia hanno visto di tutto e restano testimoniati da presenze architettoniche che ricordano tutte le epoche trascorse, insieme con quella presente».C’è una città verticale ideale?«Forse Chicago, come dicevo, è un buon esempio, proprio grazie all’equilibrato assieme di diversi quartieri. Oggi vi si costruiscono cinque o sei nuove torri residenziali all’anno: è un processo consolidato e riguarda sia le periferie, sia alcune zone prossime al "loop". Si tratta di torri di dimensioni contenute: 100-150 metri di altezza. Recentemente fu proposto un grattacielo firmato da Calatrava, alto 650 meri: ma l’idea è stata bocciata. Anche Londra ha saputo inserire bene le nuove strutture elevate nel contesto storico: non a caso si svolgerà lì il prossimo convegno del Ctbuh, dedicato proprio al rapporto tra grattacielo e centro storico».Che cosa è bene che le amministrazioni pubbliche evitino, e che cosa è bene che promuovano, per favorire l’evoluzione verso la città verticale?«Bisogna evitare le esagerazioni, e i contrasti troppo forti. Abbiamo visto diverse proposte di torri altissime, quasi città intere in un solo edificio: sono prive di ragion d’essere. Fortunatamente, essendo troppo costose, non sono mai state costruite. La verticalità deve armonizzarsi con diverse altre esigenze, relative alla qualità della vita. L’ambizione di costruire edifici più alti allo scopo di battere record e di imporsi sulla scena mondiale è nefasta. Non a caso negli ultimi anni il Ctbuh ha teso a premiare torri di dimensioni relativamente ridotte, sull’ordine dei cento metri. Permettere che l’ambiente urbano sia più "denso", ovvero capace di ospitare un numero maggiore di abitanti, è una necessità. Ma occorre rispettare certi limiti. La città deve essere vivibile e accogliente; importante è, per esempio, la promozione del bike-sharing, sistema che funziona perfettamente a Parigi, dove i posteggi si trovano dovunque e sono ben forniti».
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