mercoledì 11 maggio 2016
Turoldo Focoso ma sempre in Corsia
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A cent’anni dalla nascita (22 novembre 1916), grazie a un lavoro che ha intessuto i documenti degli archivi e le parole degli ultimi testimoni, sempre tenendo sullo sfondo le vicende ecclesiali, sociali e culturali del ’900, arriva in libreria la prima biografia completa di David Maria Turoldo: «Poeta, profeta, disturbatore delle coscienze, uomo di fede, uomo di Dio, amico di tutti gli uomini», per usare le parole pronunciate dal cardinal Martini ai suoi funerali l’8 febbraio 1992.Ne è autrice Mariangela Maraviglia che con l’imponente David Maria Turoldo. La vita, la testimonianza.1916-1992 (Morcelliana, pp. 444, euro 30) ricompone, ricalcandone le orme su tanti scenari e sostando in una profluvie di intersezioni, le tappe di un itinerario umano e spirituale. Un cammino segnato da ansia di libertà e di giustizia; attraversato dalla fede e dalla poesia (i due doni che il servita aveva ricevuto da Dio, come sintetizzava Carlo Bo); costellato di incontri e scontri indelebili, e vissuto in modi diversi. Come coscienza critica verso «colpe» od omissioni del passato e del presente. Come consapevolezza di uno stesso destino dentro un mondo senza barriere «perché davanti a Dio non ci sono che uomini, tutti uguali». Come obbligato pellegrinaggio fitto di interventi di carattere religioso e sociale.Un fiume di idee, pensieri, pronunce, gesti che via via hanno trovato consenso e dissenso, dentro il mondo ecclesiale e fuori. E se è pur vero che restano ancora inaccessibili i documenti del Sant’Uffizio, davanti a parecchi frammenti epistolari qui riportati è facile ritenere verosimile la frase attribuita al cardinale Ottaviani, che già attorno agli anni ’50, a proposito di padre David – ai suoi occhi pericoloso fomentatore di critiche – avrebbe detto ai suoi superiori: «Fatelo girare, perché non coaguli»...Dalla «casa più povera» di Coderno di Sedegliano, terra natale in quel Friuli al contempo eden perduto e baricentro di riferimenti esistenziali, alla casa di Emmaus, quella dell’ultima tappa sulla collina di Fontanella a Sotto il Monte, dove oggi riposa sotto una croce di legno, la vita di «Bepo il rosso» (come faceva di nome al secolo e per il colore dei capelli), poi del servita e del poeta, dell’intellettuale e del salmista, dell’«uomo quasi costretto a prendere la materia della vita e farne un canto» – come di lui avrebbe detto Alda Merini – si dipana in queste pagine come un gomitolo.Dall’infanzia al mistero di una vocazione approdata nell’ordine dei Servi di Maria (da lui scelto a 13 anni). Dalla formazione nei conventi veneti di Monte Berico e Venezia (quelli del chierico che già aveva «carattere focoso», era «aperto, costante e riflessivo») sino al convento di San Carlo nella Milano di Schuster, dove giunse il 12 luglio 1941 insieme al confratello inseparabile Camillo De Piaz per studiare alla Cattolica di padre Agostino Gemelli.Dalla partecipazione alla resistenza non armata, nutrendo la sua «rivolta morale» di afflato evangelico e finendo talora braccato dai fascisti per le sue prediche in Duomo (le tenne per un decennio, sino al 1953, fustigando la borghesia milanese nel nome del Vangelo), all’impegno per il giornale clandestino L’Uomo, fondato nel settembre 1943 e dal breve sèguito nell’Italia liberata, sino al viaggio che gli avrebbe svelato l’indicibile realtà dei lager (da Dachau a Flossenbürg, con i cadaveri insepolti, i sopravvissuti, i viali coperti dalla «sabbia dolente» delle ceneri dei morti).Poi, tra vita dentro e fuori dal chiostro, poesia e liturgia come lotta e preghiera, e un cristianesimo sempre alleato dell’uomo, altrettanto intense si susseguono le tappe: l’incontro con don Zeno Saltini nel 1948 e l’avventura con Nomadelfia («Una delle cose più grandi che siano sorte nel nostro secolo", nella quale coinvolse alcuni confratelli), sino all’inizio degli anni ’60, vicende già bene indagate da Daniela Saresella (David Maria Turoldo, Camillo De Piaz e la Corsia dei Servi di Milano 1943-1963, Morcelliana 2008).Poi, dopo diversi addii forzati, ecco padre Davide in movimento tra Londra e gli Usa, ecco il ritorno in Italia e l’approdo finale a Fontanella di Sotto il Monte – paese di papa Roncalli – dove decise di stabilirsi con la benedizione del vescovo di Bergamo Gaddi (che gli chiese solo di… non fare dell’abbazia «la valle dei miracoli», né d’impiantarvi «una distilleria»). Turoldo avrebbe invece trasformato quel luogo in un portofranco per cercatori di Dio, continuando a dar concretezza – anche con un Centro di studi ecumenici e la casa editrice Servitium – alle aspirazioni di rinascita religiosa, civile, sociale, alla recezione delle sfide dei movimenti sociali degli anni ’60 e ’70, fra delusioni e disincantamenti.La biografia si sofferma a lungo sulla sua tumultuosa partecipazione alle speranze di una generazione desiderosa di giustizia e di pace in uno sguardo dilatato sul mondo, in particolare sull’America Latina, ma pure attento alle vicende italiane, all’applicazione di quel Concilio che – come il religioso scriveva a un prete il 7 aprile 1975 – non poteva essere «venuto invano». Senza dimenticare, dato conto del declinare dei sogni egualitari sotto il fuoco delle Brigate rosse e delle stagioni del «riflusso nel privato», l’inesausta vena poetica di David, ispirato cantore dei Salmi.Impossibile qui dar conto dei tanti libri, come pure dei tanti personaggi incrociati lungo una vita piena: La Pira, Milani, Vannucci, Bo, Santucci, Dossetti, Lazzati, Mazzolari, Balducci, Gozzini, Barsotti… E poi Capovilla, Bianchi, La Valle, Pasolini, Cardenal, la Menchu, Ravasi, Martini… Interlocutori di un uomo che credeva – Vangelo alla mano – nel rinnovamento della Chiesa, che catalizzava energie per offrire sollievo ai diseredati, mai gesto di beneficenza ma atto di giustizia.Una vita da «rivoluzionario tradizionalista», come dicevano i suoi confratelli più giovani, consumatasi in un «dilapidarsi, senza risparmio». Sino all’ultimo corpo a corpo con la malattia, «estremo atto di quella "teomachia" da sempre campeggiante nella produzione turoldiana – scrive Maraviglia – nell’intento rinnovato e consapevolmente "disperato" di strappare a Dio il suo "mistero".
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