venerdì 9 maggio 2014
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La vocetta sale da una delle scolaresche che sciamano per il Lingotto: «Guarda, una Mole fatta tutta di libri». A svettare è in effetti il Cupolone, non il capolavoro dell’Antonelli, ma allo stand della Santa Sede non si scompongono. Anche a non voler tener conto dei pezzi rari portati in mostra al Salone (i marmi paleocristiani dei Musei Vaticani, la Bibbia Urbinate della Biblioteca Apostolica e via elencando), a piazza San Pietro e dintorni di editoria se ne intendono fin dal 1587, quando Sisto V siglò l’atto di nascita della tipografia dei papi.Era il germe di quella che, di trasformazione in trasformazione, è oggi la Libreria Editrice Vaticana, un catalogo di oltre 3.600 titoli a forte vocazione poliglotta. «Pubblichiamo in 16 lingue – spiega il direttore della Lev, don Giuseppe Costa – e poi c’è l’elemento, sempre più rilevante, della gestione dei diritti per quanto riguarda i documenti e gli scritti dei Papi. L’elezione di Francesco ha rafforzato il legame con l’America Latina, per esempio, mentre restano molto intensi i contatti con Stati Uniti, Spagna, Francia, Germania e Portogallo. È un processo che risale alla metà degli anni Ottanta, con il pontificato di Giovanni Paolo II, e che oggi ha assunto dimensioni straordinariamente rilevanti. In Italia, certo, ma anche all’estero, dove oltretutto il libro religioso non sconta i pregiudizi che purtroppo continuiamo a riscontrare nel nostro Paese. Il modo migliore per sfatarli consiste nel raccogliere l’invito del Papa per una Chiesa "in uscita", capace di sperimentare nuovi linguaggi e di testimoniare la bellezza dell’umanità in tutte le sue espressioni».Della situazione del libro religioso nel mondo si parla oggi al Salone in Sala Bianca, alle 10.30, in un incontro promosso dalla Santa Sede, ospite d’onore della manifestazione, e che prosegue idealmente l’analisi della realtà italiana sviluppata ieri su iniziativa di San Paolo ed Edizioni Paoline. Tra i relatori, in entrambi i casi, figura Giuliano Vigini, massimo esperto nostrano di numeri applicati al mercato editoriale. «Non si discute, in libreria papa Francesco è un fenomeno di proporzioni impressionanti – sottolinea –. Solo in Italia, in poco più di un anno, sono usciti 243 titoli che lo riguardano, di cui 125 presentano testi suoi e 118 sono invece saggi sulla sua figura. E dell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium si sono vendute 600mila copie in appena due mesi. Questo aiuta a capire come mai, in questo momento, l’editoria religiosa abbia un andamento più positivo (le perdite sono attorno al 4% contro il 6,2% che si registra nel resto del mercato)».«Ma non ci si può accontentare di questo risultato. Al contrario, bisogna cogliere l’occasione per un nuovo inizio. E il discorso non si limita all’Italia. Anche a livello internazionale, infatti, non è più rinviabile il confronto con quelli che, dal punto di vista tecnico, potremmo definire "mancati mercati". Ai non-lettori si sommano i lettori che già ci sono o, meglio, ci sarebbero, ma ai quali l’editoria religiosa non riesce a rivolgersi in modo adeguato. Fermo restando che molto si può fare svecchiando la grafica ed elaborando prodotti più originali, il nodo decisivo è rappresentato dalle librerie. Si devono conoscere meglio i clienti, offrire loro servizi innovativi, uscire dall’illusione di una routine che, ormai lo sappiamo, non potrà più tornare a funzionare come prima».Esperienze interessanti vengono, intanto, dagli editori stranieri invitati alla tavola rotonda odierna. La tedesca Schnell und Steiner, per esempio, il cui presidente Albrecht Wieland arriva a Torino forte del successo riscosso da una collana di opuscoli sull’arte sacra diffusi in 70 milioni di copie. Da parte sua, Gregory Erlandson della statunitense Our Sunday Visitor si soffermerà sulle contraddizioni di un panorama in cui il libro religioso ha ormai conquistato una posizione rilevante (il fatturato del 2012 ha superato i 576 milioni di dollari), senza però che siano state vinte le barriere tra le diverse confessioni: «I cattolici leggono abitualmente opere di autori protestanti – osserva –, ma non accade mai il contrario. E su molti temi sensibili l’opinione dei credenti più giovani non si discosta dalle opinioni diffuse nella cultura dominante».Un dialogo asimmetrico, che ha un risvolto del tutto particolare in Italia, come dimostrano i dati, provvisori ma indicativi, presentati da Gianni Cappelletto, presidente dell’Uelci (Unione editori e librai cattolici italiani): «Nel 2013 le case editrici che hanno pubblicato almeno un libro religioso sono state 954. A fare la parte del leone sono, in apparenza, le sigle laiche, che doppiano quelle di ispirazione religiosa (il rapporto è di 650 contro 304), ma questo non deve farci dimenticare che all’editoria cattolica è attualmente riconducibile il 65% della produzione di argomento religioso. Un settore che, a sua volta, rappresenta poco meno del 10% del mercato complessivo. Questo significa che, da un lato, è caduta ogni distinzione tra editori laici ed editori cattolici e, insieme, che questi ultimi dispongono ancora di un patrimonio tutto da consolidare. Occorre, anche in questo, seguire il modello indicato da papa Francesco, recuperando la tradizione di un linguaggio popolare che si rivolga davvero a tutti, fuori e dentro la Chiesa».
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