venerdì 20 aprile 2012
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​Sosteneva lo scrittore Albert Camus che «non si potrebbe spingere l’ironia più oltre» rispetto alla figura dell’apostolo Pietro che per tre volte rinnega il Signore ma viene scelto come «pietra» su cui fondare la Chiesa di Cristo. Ed Erasmo da Rotterdam, fra i primi a riconoscere il valore ironico racchiuso nella Bibbia, era affascinato dalla frase mordace pronunciata da coloro che sputano e colpiscono Gesù dopo il giudizio davanti a Caifa: «Fa’ il profeta per noi, Cristo! Chi è che ti ha colpito?». Se si scava fra le pagine della Scrittura, sgorga dai testi dell’Antico e del Nuovo Testamento una sorta di fiume carsico che non sempre balza subito agli occhi: è quello dell’ironia che puntella la storia della salvezza e che «può essere letto come una forma pudica per andare oltre la prima apparenza e annunciare la verità», spiega don Roberto Vignolo, docente di esegesi alla Facoltà teologica dell’Italia settentrionale di Milano. Un tema che domani e domenica sarà al centro del convegno «E Dio sorrise». Ironia e riso nella Bibbia promosso a Firenze dall’associazione culturale “Biblia”. «Probabilmente il sorriso di Dio è stato trascurato – afferma il biblista e saggista Paolo De Benedetti –. Quasi che il sorriso non fosse conveniente all’immagine dell’Altissimo. E, invece, se il Signore ha occhi con cui ci guarda, orecchie con cui ci ascolta e lingua con cui ci parla, allora ha anche labbra con cui ride di gioia assieme alle sue creature». Ecco perché questi caratteri che i libri sacri presentano non vanno trascurati. «Anzi, rimandano alla possibilità di sorridere con Dio – sottolinea Paolo Naso, coordinatore del master in religioni e mediazione culturale all’università La Sapienza di Roma –. Ed è salutare mantenere il tipico distacco dell’ironia anche nel rapporto con la religione per scongiurare interpretazioni fondamentaliste». Nell’Antico Testamento questa forza retorica emerge in più pagine. E si trasforma persino in riso. Come racconta la Genesi quando Sara ride perché potrà «davvero partorire» anche se è «vecchia». E darà alla luce Isacco, che significa appunto «figlio del sorriso». A De Benedetti piace citare anche un versetto del Salmo 104, inno alla bellezza della Creazione, fra cui c’è il mare dove «nuota il leviatano che hai creato perché sorrida con te». «Una tradizione rabbinica – rileva il saggista – ci dice che il Signore ride con l’uomo, ma non ride dell’uomo se non quando l’uomo cancella dal suo cuore il volto dell’Onnipotente». E il Talmud aggiunge: «Il Santo, benedetto egli sia, si siederà sul suo trono e riderà degli empi che vengono distrutti». «Una citazione – chiarisce De Benedetti – che non ha toni sarcastici. Piuttosto evidenzia come il sorriso di Dio compaia quando la malvagità viene scomparsa: quindi, il suo è un riso di felicità che si spalanca sul bene». I Vangeli non descrivono i sorrisi di Cristo. «Ma direi che è ironico il messaggio centrale del Nuovo Testamento – dichiara Vignolo –. Come si legge negli Atti, “Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso”». E il teologo ricorda il cartello crudele sulla croce, l’Inri latino. «Con quella scritta l’autorità romana voleva irridere il Signore e i giudei, ma all’opposto annuncia la nuda verità e viene essa stessa beffeggiata dall’evangelista». Il Vangelo ironico per eccellenza è quello di Giovanni che con i suoi commenti fa risaltare le incongruenze intorno a Cristo. E lo stesso Gesù si affida più volte a questa chiave di lettura: dal dialogo con la Samaritana ad alcuni discorsi in parabole. «E anche le beatitudini hanno questa prospettiva – sottolinea Vignolo –. Del resto, tutta la nostra fede è di per sé ironica perché comporta un’inversione dei valori che sono il riferimento per il mondo». Una sintesi di ironia sull’«evento Cristo» è racchiusa nella seconda Lettera ai Corinzi dove Paolo scrive: «Gesù Cristo, da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà». «È fin quasi paradossale – afferma il sacerdote – che un ricco si faccia povero e arricchisca con la sua miseria». Forse, senza accorgersene, il sorriso di Dio è entrato comunque nella letteratura, nella musica popolare e persino nei cartoon. «Mark Twain – spiega Naso a titolo di esempio – ci narra nelle Avventure di Tom Sawyer come la dimensione religiosa pervada la società, a iniziare dalla faccia tosta del protagonista che contratta l’acquisto di alcune cartoline pur di ottenere in premio una Bibbia che non merita». Poi ci sono i musical come The Blues Brothers o Sister Act in cui «la Scrittura detta i linguaggi dei copioni e soprattutto risalta nel percorso di riscatto dei personaggi», aggiunge il docente. E, se si guarda agli attori di carta, Naso menziona i Peanuts di Charles Schulz. «I protagonisti parlano come i profeti e si pongono domandi esistenziali simili a quelle della Bibbia». Morale? «La redenzione è un cammino di gioia – conclude il docente della Sapienza –. E nella gioia ci sta anche la risata».
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