giovedì 6 marzo 2014
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Mi ha colpito – di papa Francesco – il fatto che cerca l’incontro con la gente dopo aver celebrato la Messa, è un po’ come uscire dal Tempio. Significa però adottare uno stile diverso, rispetto al quale il compromesso con il potere è d’ostacolo. Un problema della Chiesa è sicuramente il coinvolgimento temporale a partire da Costantino. Dostoevskij lo fa capire bene, è il fatto che l’uomo non ha voluto accettare la libertà come responsabilità. L’irrigidimento – sul piano dogmatico – è conseguente all’angoscia generata dalla libertà.I credenti e i non credenti non sono in opposizione, fino a quando la questione è affrontata in chiave ateistica. Il vero problema è l’ateismo, perché mortifica non solo l’idea del mistero, ma anche l’uomo in quanto lo consegna ad una interpretazione puramente meccanicistica, alla interazione tra molecole, a un dispositivo biologico che distrugge la libertà. Certo, perché viene meno l’elemento spirituale. Insomma, sarebbe come se io, mettendomi a fare un quadro, considerassi questa azione come conseguente agli stimoli visivi che mi provengono dall’esterno e alle reazioni che hanno determinato fino al punto di farmi muovere la mano in un certo modo. La tendenza oggi è molto forte, anche perché si appoggia a ricerche neurologiche che suscitano molto interesse.Si potrebbero dire tante cose, in proposito. La prima certamente è di carattere universale: gli uomini hanno paura sostanzialmente di una cosa sola – di essere liberi –. La libertà sgomenta, perché – quando è vissuta fino in fondo – è un abisso che fa venire le vertigini. In realtà, tutte le teorie oggettivanti – come quella “neorealistica” di Ferraris – non fanno altro che mettere a tacere il grande enigma della libertà che invoca la decisione. Quando Ferraris dice che i fatti s’impongono, trasforma i fatti in norme e siamo punto e a capo. Si tratta di un normativismo che sfugge a qualunque valutazione e mi chiedo se, al di là delle intenzioni, questo indirizzo non stia prendendo forma perché c’è una più ampia trasformazione del modo di pensare, conseguente a una congiuntura politica, in cui miliardi di uomini non possono essere considerati liberi.Nel nostro piccolo, credo che il problema si ponga rispetto alla continua delega all’“esperto” che è una malattia della modernità in quanto espropria della competenza sociale il singolo uomo. Gli automatismi, da soli, non bastano. Questo accade perché, al di là della nostra capacità predittiva, esiste sempre l’imprevisto nella vita umana ed è su questa componente che si gioca la partita perché è quella che provoca la libertà alla decisione. Occorre poi ricordare che qualunque automatismo prende sempre le mosse da un input. Il discorso più suggestivo, da questo punto di vista, lo fa Emanuele Severino che non dà una interpretazione evoluzionistica della realtà – come fanno generalmente i riduzionisti – ma la considera come una manifestazione eterna.Il “postumanesimo” è la prosecuzione dell’illuminismo sul piano tecnologico, è la continuazione della pretesa di dominare l’uomo fino a farne l’autore stesso della vita. Nasce dall’idea dell’ibridazione tra corpo umano e macchina: si tratta di un vecchio mito. Al fondo c’è la convinzione che non ci siano confini netti, mentre il mondo umano questi confini li ha, rispetto a tutto il resto, proprio perché l’essere umano ha la psiche, lo spirito, insomma un’eccedenza che non è soggettivamente riducibile. È una questione con cui facciamo già i conti, senza doverci proiettare in una futura “epoca dei robot”. Negli Usa, dove si fa ampio ricorso all’automazione, si verifica il problema di stabilire, se c’è un incidente dove sia coinvolto un mezzo guidato da un dispositivo automatico, chi debba risponderne: il produttore del pilota automatico? Il proprietario del mezzo? Colui a cui è destinata la corsa? C’è una responsabilità legale senza uomo… Secondo me, la radice del post-umano è sempre la stessa: riuscire a conseguire un dominio totale del processo di creazione che permetta di produrre il clone dell’uomo, dell’essere umano in modo da eliminare la figura del Creatore cioè da negare la creazione stessa perché questa diventa un’autocreazione continua. Questa auto-creazione continua è il compimento del progetto illuministico, il progetto illuministico è che la modernità nasce da se stessa, si auto-legittima, non ha nessun rapporto con l’“altro”.Senza creazione, non siamo creativi neppure noi. Questo riconoscimento lo pongo in chiave storica cioè, se io non avessi l’idea che nasco da due persone, non avrei nemmeno l’idea della mia libertà. Il fatto che io sono stato creato, vuol dire che non sono il risultato di una necessità, quindi sono libero anch’io.
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