mercoledì 19 agosto 2015
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Non è impresa facile, in una stagione in cui prevale la logica della contrapposizione e della prevaricazione, riaffermare la necessità dell’incontro, dire che l’altro è qualcosa di necessario per il compimento di se stessi, che non posso dire con verità "io" senza considerare che c’è un "tu" con cui la realtà mi impone di fare i conti, perché solo così, insieme, potremo davvero dire "noi". on è impresa facile, in una stagione in cui prevale la logica della contrapposizione e della prevaricazione, riaffermare la necessità dell’incontro, dire che l’altro è qualcosa di necessario per il compimento di se stessi, che non posso dire con verità "io" senza considerare che c’è un "tu" con cui la realtà mi impone di fare i conti, perché solo così, insieme, potremo davvero dire "noi". Il Meeting per l’amicizia tra i popoli ci riprova per l’ennesima volta, la trentaseiesima. Forse non può fare altrimenti, se non vuole tradire il suo stesso nome. E la sua vocazione, che è da sempre quella di essere luogo di incontro e di libertà, cammino verso la verità, laboratorio dove costruire occasioni di dialogo: un dialogo autentico, nel quale i protagonisti non mettono tra parentesi le differenze in nome di uno sterile irenismo, sono orgogliosi delle rispettive identità ma vogliono viverle come un ponte lanciato verso l’alterità.Il titolo dell’edizione 2015, che riprende una poesia di Mario Luzi, evoca potentemente questa posizione: «Di che è mancanza questa mancanza, cuore, che a un tratto ne sei pieno?». Un interrogativo che ci porta alla radice dell’esperienza umana, dove ognuno può ritrovare la nostalgia per qualcosa di grande, che va oltre le proprie possibilità ma non mortifica, piuttosto provoca a interrogarsi su ciò che può dare senso all’esistenza. Qual è l’origine di questa mancanza che tutti avvertiamo? È un difetto o può diventare una risorsa? E l’incontro con l’altro, come può aiutare a percorrere l’itinerario verso il compimento del proprio destino?Alcuni incontri in calendario nella settimana riminese metteranno a fuoco questa dinamica e tenteranno di offrire risposte a questi interrogativi a partire da quello che da sempre è il metodo della kermesse: l’esperienza. Al Meeting non si teorizza, non si esibiscono analisi, non si cercano mediazioni a tavolino, si è invitati a raccontare di sé e del pezzo di popolo al quale si appartiene. Il titolo dell’incontro inaugurale, giovedì 20, è in questo senso emblematico: "Le religioni sono parte della soluzione, non il problema". Partecipano Azzedine Gaci, rettore della moschea Othmane di Villeurbanne, il gran rabbino di Francia, Haim Korsia, e il presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, Jean-Louis Tauran. Tre francesi di tre diverse appartenenze culturali e religiose, figli della nazione che nel mese di gennaio si è misurata con la strage alla redazione della rivista satirica "Charlie Hebdo" e con gli eventi successivi che hanno rilanciato i grandi interrogativi sulla laicità e sul ruolo delle fedi nella modernità. Un altro appuntamento significativo in questa ottica è previsto per domenica 23, con la partecipazione di due testimoni dell’odissea che stanno vivendo le comunità cristiane in Iraq e in Siria: Douglas Al-Bazi, parroco di Mar Eillia a Erbil, nel nord iracheno, e Ibrahim Alsabagh, parroco della comunità latina di Aleppo e protagonista di un’esperienza nota ai lettori di questo giornale: un campo estivo promosso nella sua parrocchia, a cui partecipano duecento giovani, a poche centinaia di metri dalla linea del fuoco su cui si fronteggiano l’esercito di Assad e i miliziani dello Stato Islamico. Testimonianza elementare e coraggiosa, la sua, di una irriducibile vocazione a costruire, dentro una città dove prevale la logica della distruzione, e dove la popolazione fa i conti con la furia devastatrice dei jihadisti che hanno fatto della distruzione del diverso da sé la loro bandiera. Ci vogliono motivazioni molto solide per stare a testa alta in un contesto così difficile, e non a caso l’incontro è intitolato "Una ragione per vivere e per morire: martiri di oggi".  Altre latitudini, altri contesti, ma la medesima domanda che riecheggia: la "mancanza" è sinonimo di negatività o può diventare occasione di riscatto, di ripartenza personale e sociale? Porteranno la loro esperienza in proposito i protagonisti di due iniziative che si svolgono nelle periferie del pianeta, quelle periferie che Papa Francesco indica come luoghi centrali per quella "Chiesa in uscita" che è nel cuore del suo magistero. Il primo è Carlos "Charly" Olivero, sacerdote della parrocchia della Virgen de los Milagros de Caacupé nella villa 21-24 di Buenos Aires, che venerdì 21 racconterà l’avventura del Focolare di Cristo, un centro per giovani in difficoltà inaugurato nel 2008 dall’allora cardinale Bergoglio. Dalla Costa d’Avorio arriva l’esperienza di Grégoire Ahongbonon, fondatore dell’associazione San Camillo de Lellis, che interverrà mercoledì 26: da trent’anni aiuta le persone con disturbi psichici che in Africa vengono incatenate agli alberi o legate ai ceppi di legno fino alla morte perché li si considera posseduti dagli spiriti maligni. Con la sua opera quest’uomo favorisce la nascita di una seconda vita, liberandoli fisicamente, accogliendoli nei suoi centri e aiutandoli a reinserirsi nei villaggi di appartenenza dopo averli curate e riabilitati attraverso una formazione al lavoro. Martedì 25 Germán García Velutini, presidente del Banco Venezolano de Credito, racconterà gli undici mesi in cui è stato sequestrato da un gruppo di uomini armati e il suo perdono ai carcerieri, un gesto che è stato all’origine del percorso di conversione di uno di loro. È il segno di una diversità umana che si afferma in uno dei Paesi più funestati dalla violenza. E una conferma di come anche dalla mancanza del bene più prezioso, la libertà, può scaturire una possibilità di bene. Per sé e per l’altro, anche quando l’altro ha il volto del proprio carnefice.
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