lunedì 23 gennaio 2012
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Mancano ancora parecchie rifiniture, però la croce di 42 metri è già arrivata, il palco con l’altare sovrastato dall’immagine di Maria è sistemato. E la gente arriva alla spicciolata, inginocchiandosi nei 6000 metri quadrati di questa oasi di pace nella periferia sud di San Paolo. Si tratta del santuario Theotokos o Mãe de Deus, inaugurato lo scorso dicembre dopo quasi cinque anni di lavori. Un’arena capace di ospitare fino a centomila persona, un immenso spazio senza colonne e coperto da un tetto progettato dall’architetto Ruy Ohtake. È la più grande chiesa cattolica del Brasile e dell’intero continente sudamericano. E il segno tangibile del successo che accompagna il sacerdote che l’ha voluta e realizzata, raccogliendo donazioni e investendoci i proventi dei suoi prodotti discografici ed editoriali: padre Marcelo Rossi. 44 anni, un metro e 94 di altezza, stazza da atleta e sguardo soave, padre Marcelo è la figura di punta del rinnovamento carismatico cattolico in Brasile, colui che è stato in grado di richiamare 3 milioni di persone all’autodromo di San Paolo nel 2008, in un raduno all’insegna di musica e preghiera che ha visto sfilare Ivete Sangalo, Claudia Leite e altre stelle della musica leggera del Paese. Dal 1998 a oggi ha ottenuto con i suoi album 12 dischi di platino (riconoscimento assegnato quando le copie vendute superano il milione) e il suo ultimo Agape è stato di gran lunga il bestseller del 2011, raggiungendo picchi di vendita toccati in passato solo da Coelho.
Questo figlio carismatico, in senso letterale, di una coppia della media borghesia paulista, si allontana dalla Chiesa nell’adolescenza, dedicandosi allo sport e ottenendo alla fine degli studi il diploma di insegnante di educazione fisica. A 21 anni, turbato da una serie di lutti in famiglia, meditando sulle vanità delle vita, si riaccosta ai sacramenti, matura la vocazione al sacerdozio, entra in seminario e viene ordinato nel 1994. Inizia presto a farsi notare per le sue le sue omelie, la capacità di coinvolgere i fedeli e di tenere la scena nella sua parrocchia della diocesi di Santo Amaro. Sale alla ribalta in occasione di un meeting che organizza dal titolo «Sono felice di essere cattolico», a cui partecipano 70mila persone. Da lì è un crescendo. Nel 1998 esordisce come cantante e incide Musica per lodare il Signore, che vende 4 milioni di copie, seguito a ruota dall’album Un regalo per Gesù. Nel 1999 i fedeli che accorrono all’adunata «Saudade Sì, tristezza no» sono 600mila. Nel 2000 esce Canzoni per un nuovo millennio e nel 2001 Pace, con musiche di Roberto Carlos. Nel 2002 il vescovo Antonio Figueiredo, colui che lo ha incoraggiato e protetto nel suo apostolato fuori dagli schemi, lo nomina rettore del santuario Terço Bizantino. Nel 2003, oltre a far uscire l’ennesimo cd, Padre Marcelo gira il suo primo film, Maria, madre Dio, che esce nei cinema brasiliani e si classifica al settimo posto per incassi. L’anno dopo è la volta di un’altra pellicola, Fratelli nella fede, mentre il suo nuovo portale su internet fa il boom di accessi. Poi lo spettacolo impressionante all’autodromo di Interlagos nel 2008, da cui sono stati ricavati due dvd, anche loro ovviamente campioni di vendite.Capire le ragioni di un tale successo non è un esercizio futile, perché vuol dire anche capire cosa che si è mosso e in profondità nel cattolicesimo brasiliano a partire dagli anni ’90. «Quando ho ritrovato la fede – ha detto padre Marcelo in un’intervista – era un periodo in cui la Chiesa era immersa nelle questioni politiche, per influsso della Teologia della Liberazione. Teologia che ha avuto certamente un ruolo positivo durante la dittatura, ma che ha lasciato un vuoto. Io avevo perso un cugino e andavo in cerca della parola di Dio, però arrivavo in chiesa e sentivo parlare di politica. Da quel momento ho capito cosa dovevo fare». Ovvero tornare all’essenziale, ad annunciare il Vangelo, usando i mezzi di comunicazione, la musica in particolare, il più grande e trasversale vettore di emozioni e parole nella quotidianità della gente. Usarla per intercettare la sete di Dio e per risvegliare un amore alla Chiesa, a Maria, all’Eucaristia corroso dal proselitismo di gruppi e gruppuscoli pentecostali.
Il risultato di quell’intuizione è oggi sotto gli occhi di tutti e ha reso padre Marcelo una figura tanto amata dal popolo cattolico quanto problematica per la gerarchia e non solo. Non a caso nel 2007, durante la visita di Benedetto XVI, nella grande spianata di Capo di Marte a San Paolo, fu fatto esibire alle primissime ore del mattino, per non creare imbarazzi o malumori. Vedere un sacerdote che galvanizza le folle cantando e ballando, seppur con decoro, è uno spettacolo ancora indigesto a molti. E le libertà liturgiche che padre Marcelo si prende, non solo la scelta delle musiche nelle celebrazioni, vanno ben al di là del «canone romano». Dall’altra parte, coloro che sognavano un rinnovamento ecclesiale a partire dalle comunità di base e i nostalgici dell’«opzione preferenziale per i poveri» non si capacitano di come una moltitudine interclassista – tra cui indigenti e rappresentanti del sottoproletariato urbano – accorrano al richiamo di un prete che parla «solo» di cose spirituali, dell’amore di Dio, del perdono dei peccati, della gioia che il cristianesimo dà nelle durezze e ingiustizie della vita. Non solo, ma un prete che richiama l’importanza di seguire il magistero, di conoscere e difendere la dottrina cattolica. E che, come ha dichiarato recentemente, si sente più a suo agio con i figli spirituali di Escrivà de Balaguer che con quelli ancora legati alle utopie dei fratelli Boff. Nel 2005, al Sinodo dei vescovi sull’Eucaristia in Vaticano, il cardinale Claudio Hummes, allora arcivescovo di San Paolo, intervenne in assemblea con queste parole: «In Brasile i cattolici diminuiscono in media dell’1 per cento all’anno. Nel 1991 i brasiliani cattolici erano circa l’83 per cento, oggi, secondo nuovi studi, sono appena il 67 per cento. Ci domandiamo con angoscia: fino a quando il Brasile sarà ancora un paese cattolico? Risulta che oggi per ogni sacerdote cattolico ci sono già due pastori protestanti, la maggior parte delle Chiese pentecostali». La conferenza episcopale brasiliana sa dei rischi insiti in una pastorale che può scivolare facilmente nel sentimentalismo, che rischia di fare il verso al modo degli evangelici, però è conscia che l’esperienza di padre Marcelo Rossi ha un’importanza cruciale, perché è la prima reazione di massa a un’erosione del cattolicesimo di proporzioni storiche.
E il sacerdote atletico che ha messo in piedi una struttura a servizio della nuova evangelizzazione fatta di un migliaio di collaboratori, che si è conquistato da solo ampi spazi su Globo, la principale rete televisiva del paese, non è più solo, anzi. Sulle sue orme sono cresciute altre figure di sacerdoti-cantanti- scrittori con un largo seguito, come il dehoniano Fábio de Melo, Hewaldo Trevisan, anche lui parroco di San Paolo, o Reginaldo Manzotti. Tutti sulla quarantina, di bella presenza e dalla favella ispirata. Tutti o quasi, curiosamente, di origini italiane. E che saranno magari tra i protagonisti della prossima Gmg di Rio.
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