venerdì 9 gennaio 2015
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La faccia adamantina di Marlon Brando mentre sfugge al pugno violento del racket in Fronte del porto di Elia Kazan. Anna Magnani che bacia teneramente la piccola Tina Apicella in Bellissima di Luchino Visconti.  E poi, in un “quadro” dallo sfondo verde, Doris Day vestita di petali bianchi sotto lo sguardo severo di David Niven in Non mangiate le margherite, commedia americana di Charles Walters. Sono solo tre delle centinaia di bozzetti che si possono ammirare al museo Cinema a pennello. Più che “affiches” d’epoca, opere alle radici della poster-art, illustrazioni d’autore di film di ogni genere, dagli anni ’30 ai giorni nostri, modelli di manifesti e locandine disegnati da artisti italiani di rango (ma perlopiù sconosciuti) come, tra gli altri, Anselmo Ballester, Alfredo Capitani, Luigi Martinati Ercole Brini, Averardo Ciriello, Nazareno Gasparri (padre dell’attore Franco, protagonista di Mark il poliziotto) e Silvano Campeggi detto Nano. Pittori – e non semplici cartellonisti – che hanno raccontato con efficacia di tratti e intensità di colori le storie, i personaggi e le emozioni del grande schermo. Per poterli apprezzare, tra arredi moderni di “interior design” e “consolle” in stile impero, bisogna visitare le sale del settecentesco e nobile Palazzo Marinozzi, che si raggiunge appena varcata la medievale Porta di San Lorenzo, sulle mura di Montecosaro, piccolo borgo seduto su un colle a un tiro di schioppo dal mare. Siamo solo a tre chilometri dalla splendida abbazia romanica di Santa Maria a Pie’ di Chienti e a una ventina dalla Recanati leopardiana del Giovane favoloso. Siamo nella “marca” maceratese, terra ad alta densità di scenografi di caratura mondiale, dove sono nati, chissà perché tutti in questa provincia, Dante Ferretti (tre Oscar e sette nomination), Ferdinando Scarfiotti (statuetta per L’ultimo imperatore di Bertolucci) e Mario Garbuglia (autore delle scene del Gattopardo e fidatissimo collaboratore di Visconti). Insomma, da queste parti il genio è di casa, e il cinema pure. Sarà per l’aria leggera che si respira tra queste verdi colline e per la Storia narrata tra vicoli e piazze di antichi paesi, che il proprietario del museo, Paolo Marinozzi, collezionista attento e raffinato, si è tuffato in quest’affascinante avventura. A guardarlo bene, se si toglie gli occhiali, Marinozzi assomiglia, e non poco, a Jack Lemmon. Un amore, quello per la Settima Arte, che gli si legge subito in faccia quando parla del suo museo: «Ho cominciato vent’anni fa a girare per i mercatini di tutt’Italia raccogliendo finora quasi mille disegni originali da cui sono stati ricavati manifesti, locandine e ritratti di attori – spiega – perché volevo realizzare il sogno della mia vita: un luogo della memoria che esaltasse la bellezza e le emozioni suscitate dal cinema...». Una passione e un entusiasmo che piano piano hanno contagiato anche la moglie Valeria e il figlio Alessandro. «Il primo evento pubblico a livello nazionale – racconta Marinozzi – lo abbiamo organizzato a casa mia nell’autunno del 1992: si intitolava Totò a Montecò ed era una mostra di manifesti, oggetti, foto di scena, riviste d’epoca e dischi, dedicata al “principe della risata”: ospitai anche la figlia del grande attore napoletano, Liliana De Curtis». L’idea del museo nacque proprio in quella occasione: «Fu Armando Giuffrida, titolare della libreria Metropolis di Roma e mio principale fornitore di materiali cinematografici d’antan – ricorda – a trasmettermi la passione per i bozzetti, mi lasciai prendere da una specie di suggestione ipnotica... e allora mi sono chiesto: perché limitarsi alle rarità tra i cartelloni cinematografici e non andare invece alla ricerca di pezzi unici e originali, da cui sono stati stampati manifesti e locandine?». Impresa titanica e dispendiosa, visti gli elevatissimi prezzi di questi “tesori di carta”. E così, dopo gli omaggi celebrati nel palazzo Marinozzi alle dive Marisa Allasio, Abbe Lane, Catherine Spaak, Gina Lollobrigida e le gemelle Kessler (di cui si possono ammirare, qui, i due costumi indossati nel varietà televisivo Giardino d’inverno, del 1961), è stato allestito il museo, inaugurato il 25 giugno del 2011 dalla “ragazza con la valigia”, Claudia Cardinale: «Un’esperienza irripetibile, una collezione unica al mondo – commentò –, ho scoperto cose che non avevo mai visto».
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