venerdì 7 ottobre 2011
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Le tecnologie informatiche sono sempre più diffuse nelle scuole, aumenta il numero di insegnanti e studenti che viaggia sulla Rete durante le ore di lezione. E quella che (per ora) è l’ultima creatura tecnologica, il tablet, viene da tempo adottata come supporto didattico in alcune classi. Ma ciò che accade in questi giorni in Lombardia è una piccola rivoluzione in questa direzione. L’annuncio ufficiale verrà dato domattina al teatro Creberg di Bergamo: per la prima volta in Italia, dicono i promotori, una scuola utilizza il tablet iPad come piattaforma didattica per tutti i suoi 1350 studenti e i 150 docenti. Le conseguenze pratiche? Il tablet sostituirà progressivamente i libri cartacei, verrà usato per prendere appunti, per approfondimenti viaggiando in Internet, per arricchire con immagini e video i lavori fatti, e come supporto per gestire programmi e applicazioni nelle diverse materie, compresi i dizionari scientifici e di lingue. In collaborazione con l’azienda Rekordata sono state realizzate le prime e specifiche "app" per la didattica, e molto altro ancora arricchirà il nuovo strumento didattico, come il registro di classe digitale e un programma per somministrare le verifiche in aula e l’autocorrezione. E ancora, contenuti in formato elettronico: potranno trarne grande profitto anche i ragazzi svantaggiati grazie, ad esempio, alla lettura automatica dei testi o ai contenuti visivi e "manipolabili" fino alle mappe concettuali.L’iniziativa è ancora più significativa se si pensa che a beneficiarne non saranno i ragazzi di qualche liceo famoso frequentato dai figli dell’alta società, ma i giovani di quattro centri di formazione professionale della Fondazione Ikaros, tre con sede in provincia di Bergamo (Calcio, Grumello del Monte, Endine Gaiano) e uno alle porte di Milano (Buccinasco), che sfornano falegnami, cuochi, estetisti. Insomma, quelli che secondo una certa diffusa (e sbagliata) opinione diffusa sono i Pierini, gli asinelli o i border-line, avranno a disposizione per studiare e seguire le lezioni lo strumento tecnologico più avanzato.«I nostri corsi si basano principalmente sull’esperienza diretta, attraverso il metodo dell’imparare facendo, un’impostazione che più di altre ci permette di entrare in rapporto immediato con lo studente – spiega Diego Sempio, rettore della Fondazione Ikaros –. L’adozione del tablet si inserisce in questo percorso educativo, consentendoci di fare un ulteriore salto di qualità, perché favorisce l’interazione tra insegnanti e ragazzi in una modalità più consona ai giovani di oggi. L’enorme utilizzo da parte dei giovani di nuove tecnologie possiede una formidabile influenza non solo sulla loro pratica di vita, ma anche sul loro approccio alla conoscenza, all’acquisizione di nozioni e al modo di rappresentare concetti e relazioni. Credo che sia questa la grande eredità che ci lascia Steve Jobs, il principale artefice della rivoluzione digitale che sta cambiano anche il modo di fare scuola: uno strumento informatico fruibile da chiunque, alla portata di tutti».A chi lamenta i rischi di un’eccessiva "esposizione tecnologica" per giovani che già passano molte ore delle loro giornate alle prese con telefonini, smartphone, computer e cose del genere, il rettore Sempio risponde che «in questo campo la scuola non deve giocare in difesa ma gestire con intelligenza il cambiamento. Certo, è una scommessa, ma se ci blocchiamo di fronte al rischio che qualcuno usi il tablet più per divertirsi o evadere che per seguire la lezione o studiare, non affrontiamo il rischio che ogni processo educativo comporta: quello dell’uso responsabile della libertà personale. Li mettiamo alla prova, scommettiamo su di loro. Vogliamo aiutarli a usare uno strumento che sentono più familiare per accompagnarli in un cammino di conoscenza della realtà, correggendo anche certe deformazioni. Ad esempio, molti di loro percepiscono la singola immagine o informazione come la verità: vedono una cosa su Internet, quindi è vera, è un "valore". Invece vanno educati a usare quel dato come trampolino per un lavoro di approfondimento, di verifica delle fonti, per conoscere, per arrivare alla verità, insomma qualcosa che va in profondità rispetto alla singola immagine. A chi obietta che con queste tecnologie si penalizza la lettura, faccio notare che il problema di fondo è accendere nei giovani una passione per la conoscenza e sfruttare con intelligenza le grandi potenzialità contenute in quello che rimane comunque e sempre uno strumento. Personalmente, da quando uso il tablet leggo molto più di prima, ho una biblioteca elettronica con romanzi e saggi che continua ad arricchirsi e che è di facile e immediata fruizione dovunque mi trovi».Sarà una rivoluzione, quella che si consumerà nei corsi di formazione professionale della Fondazione Ikaros, ma non per questo tutto verrà eliminato, anzi. Alcune cose continueranno a essere fatte in maniera tradizionale: i temi verranno svolti su carta, resteranno i quaderni di matematica, gli appunti di italiano verranno presi in maniera tradizionale e libri, anche se in formato ibook, resteranno. «La scrittura manuale aiuta a sviluppare certe capacità e a coltivare i nessi logici – spiega Sempio –, con la tastiera aumenta il rischio di una scrittura a base di abbreviazioni, come accade ormai regolarmente con gli sms del cellulare».Alle famiglie viene chiesta una quota di circa 200 euro all’anno per il noleggio del tablet (sono previste facilitazioni per chi ha seri problemi economici), mentre i corsi di formazione professionale sono gratuiti in quanto finanziati con il sistema "Dote scuola" della Regione Lombardia e supportati dalla Provincia di Bergamo e Milano.E le famiglie, come hanno reagito a questa proposta rivoluzionaria? «Le abbiamo incontrate tutte ai primi di settembre: c’è stata qualche inevitabile e comprensibile resistenza psicologica soprattutto per la paura del nuovo, ma più del 90 per cento ha aderito immediatamente, alcune anche con grande entusiasmo perché hanno capito che vogliamo scommettere sui loro figli, sulla loro capacità di farsi valere, di far fruttare i talenti spesso nascosti che possiedono. I ragazzi, poi, non parliamone. Si sentono protagonisti di un’impresa che li affascina. Se quello che stiamo facendo è diventato realtà, lo dobbiamo proprio alle famiglie e a loro va il ringraziamento della Fondazione».
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