venerdì 11 aprile 2014
​Guarda e ascolta i brani che ha nel cuore. Il legame del Pontefice con le note è nato quando era  bambino. Scopri quali sono i compositori classici e moderni che preferisce.
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Quella sedia vuota al centro dell’aula Paolo VI, che lo scorso 25 giugno ospitava il concerto in occasione dell’Anno della fede, non va presa come chiave di lettura per raccontare il rapporto fra papa Francesco e la musica. Lo scatto che ha fatto il giro del mondo e che qualcuno ha commentato come un segno del disinteresse di Bergoglio verso il linguaggio “mondano” delle note altera il legame del Pontefice con gli spartiti, coltivato fin da bambino e alimentato anche negli anni del suo episcopato a Buenos Aires da appuntamenti pubblici e privati.Se si vuole descrivere il suo interesse per il pentagramma è meglio trarre dall’album del primo anno di pontificato le fotografie di Francesco che suona la batteria regalata dal presidente di Trinidad e Tobago, Anthony Carmona, o della cancelliera tedesca Angela Merkel che gli dona un cofanetto di centosette cd con le registrazioni del direttore germanico Wilhelm Furtwängler, una delle migliori bacchette del Novecento. Oppure si possono scorrere le biografie e le interviste rilanciate in questi mesi per scoprire gusti musicali che il Papa declina anche quando parla di tutt’altro, come il dialogo fra la Chiesa e il mondo.«Francesco ama tutta la musica», spiega la soprano argentina Haydée Dabusti (guardala e ascoltala nel video qui sotto). Ribattezzata oltreoceano la “Maria Callas di Buenos Aires”, è una delle voci apprezzate dall’allora cardinale Bergoglio che dal 1998 l’ha invitata più volte nella sua cattedrale per animare le Messe che presiedeva o tenere concerti a cui lui non mancava di essere presente. Come papa Francesco, anche i parenti della cantante arrivano dall’Italia. «Dalla Lombardia e da Napoli», ci tiene a precisare. E con la mente torna alle esibizioni davanti a Bergoglio. «Il suo sorriso si espandeva quando incontrava la musica classica. E poi ha sempre avuto un debole per la lirica».
Lo racconta lui stesso a Francesca Ambrogetti e Sergio Rubin nel libro Papa Francesco (Salani, pagine 190, euro 12,90). «Con la mamma al sabato ascoltavamo le opere che trasmettevano alla Radio del Estado. Ci faceva sedere accanto all’apparecchio e prima che cominciasse ci narrava la trama. Quando stava per iniziare qualche aria importante, ci avvertiva: “State attenti: questa canzone è molto bella”. Passare il sabato con la mamma e i miei fratelli, godendo dell’arte, era una cosa meravigliosa». E prosegue: «Lei, con le sue spiegazioni, teneva desta la nostra attenzione. Nell’Otello di Verdi ci avvisava: “Ascoltate bene, ora l’ammazza”». Non è un caso che a dieci anni Jorge Mario abbia preso lezioni di pianoforte.Sarà anche per questa educazione musicale ricevuta fra le mura domestiche che da Papa, nel colloquio con padre Antonio Spadaro per La Civiltà Cattolica, citi Giacomo Puccini parlando della speranza. «Pensa al primo indovinello della Turandot», dice Bergoglio all’interlocutore. È l’enigma della principessa che ha come risposta proprio la speranza paragonata nel libretto dell’opera a un «un fantasma iridescente» che «sparisce con l’aurora per rinascere nel cuore». «Ecco – aggiunge Francesco – la speranza cristiana non è un fantasma e non inganna. È una virtù teologale e dunque, in definitiva, un regalo di Dio che non si può ridurre all’ottimismo che è solamente umano».La soprano Dabusti è sicura che Bergoglio apprezzi con un tocco particolare Cavalleria rusticana di Pietro Mascagni, Norma di Vincenzo Bellini, Aida di Giuseppe Verdi. Certo è che Francesco rivela sia a Spadaro, sia ad Ambrogetti e Rubini di ammirare la musica romantica del cantore di Sigfrido e Brunilde. «A un livello diverso amo Richard Wagner. Mi piace ascoltarlo, ma non sempre. La Tetralogia dell’anello eseguita da Furtwängler alla Scala nel ’50 è la cosa per me migliore (guarda e ascolta, il video qui sotto - ndr). Ma anche il Parsifal eseguito nel ’62 da Knappertsbusch». E sembra quasi di intuire nelle parole del Pontefice come il Crepuscolo degli dei che conclude il Ring – e che termina con il leitmotiv della redenzione d’amore – trovi una sorta di riscatto nell’imponenza del Parsifal e del suo finale sacrale sulle note della «Redenzione al Redentore». Seppure in Wagner la sua concezione religiosa sia intrisa di molteplici venature, comprese quelle buddiste, e non collimi a pieno con una visione cristiana.
L’orecchio di Bergoglio è allenato anche alle partiture di altre grandi penne. «Tra quelle che preferisco c’è sicuramente l’ouverture Leonore numero 3 di Ludwig van Beethoven», dice ad Ambrogetti e Rubini. Si tratta di una delle quattro “introduzioni” scritte per Fidelio e la versione che ha sedotto il Papa è considerata la migliore sia per l’intensità drammatica, sia per il respiro sinfonico. E di nuovo Bergoglio ricorda il direttore che ha ispirato il dono di Angela Merkel. «Beethoven mi piace ascoltarlo, ma prometeicamente. E l’interprete più prometeico per me è Furtwängler».Quando parla di Wolfgang Amadeus Mozart, il Papa si affida a un avverbio: ovviamente. «In musica amo Mozart, ovviamente». Come a dire che non si può non restare affascinati dal genio di Salisburgo che è uno dei preferiti anche da Benedetto XVI. Sostiene Francesco: «Quell’Et incarnatus est della sua Missa in do minore è insuperabile: ti porta a Dio!» (guarda e ascolta, il video qui sotto - ndr). Siamo in mezzo al Credo musicato per la Grande Messa e la voce del soprano, sostenuta da flauto, oboe e fagotto, narra la meraviglia dell’inconcepibile consegnata a un canto che turba e aggancia il cielo. È l’«espressione più potente e più convincente, più semplice e grande di un uomo che riconosce Cristo», scriveva don Luigi Giussani a proposito dell’Et incarnatus est. «Mozart mi riempie – confessa il Papa –: non posso pensarlo, devo sentirlo». E lo predilige «eseguito da Clara Haskil», la pianista rumena che ha restituito alle sonate del talento austriaco una grazia triste capace di fondersi con la dolcezza.
Poi, nella hit-parade bergogliana, c’è Johann Sebastian Bach con le Passioni (altro tratto che lo accumuna a Ratzinger). «Il brano che amo tanto è l’Erbarme Dich, il pianto di Pietro della Passione secondo Matteo», riferisce (guarda e ascolta, il video qui sotto - ndr). La composizione sacra è uno dei capolavori della musica occidentale e quell’Abbi pietà che il discepolo ripete di fronte alla sua infedeltà precede il coro che richiama la misericordia di Dio.
Non c’è soltanto la musica “colta” nell’animo di Bergoglio. Da buon argentino si è lasciato conquistare dal tango. «È una cosa che mi viene da dentro», confida. Scrive Elisabetta Piqué nella biografia Francesco. Vita e rivoluzione (Lindau, pagine 384, euro 19,00): «Adora l’orchestra di Juan D’Arienzo (guarda e ascolta, il video qui sotto - ndr) e non smette mai di ascoltare Carlos Gardel, Julio Sosa, Ada Falcón (che si farà monaca), Azucena Maizani (a cui darà l’estrema unzione). Ma era anche aperto ad esperienze più avanguardiste: seguiva Astor Piazzolla e Amelia Baltar». Una passione che Bergoglio porta persino a Roma. «Ogni volta che da cardinale si fermava nella capitale – racconta il compositore e pianista Rolando Nicolosi, nato in Argentina da genitori italiani e da anni trapiantato a Roma – veniva a colazione da me. E gradiva che suonassi per lui: non soltanto la musica classica ma anche il tango». E, quando Bergoglio ha incrociato Nicolosi nella parrocchia vaticana di Sant’Anna a poche settimane dalla sua elezione al soglio pontificio, gli ha stretto la mano esclamando: «Maestro, qui ci vorrebbe un pianoforte per sentire della buona musica».
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