giovedì 1 marzo 2012
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È nello gnosticismo la chiave della modernità e della sua genesi? È lì che bisogna tornare per comprendere appieno il presente, a quel complesso movimento filosofico-religioso che insidiò la tradizione apostolica soprattutto tra il II e IV secolo dopo Cristo? Un plesso sapienziale che l’antropologo del sacro e neo-cardinale Julien Ries ha ricondotto a tre fonti principali: il giudaismo apocalittico e speculativo maturato dopo la distruzione del tempio di Gerusalemme, le religioni misteriche del mondo ellenico, le eresie di origine strettamente cristiana. Un insieme di sette e gruppi iniziatici - marcioniti, valentiniani, ebioniti, cainiti… - sulla cui omogeneità ancora si discute, ma di cui molti tendono a sottolineare alcuni capisaldi comuni: l’interpretazione del cosmo come frutto non di una creazione sapiente ma di una "caduta"; l’anima umana come scintilla divina esiliata in un corpo che le è prigione e in una realtà materiale opera di un demiurgo malvagio, ossia il Dio biblico; una liberazione in vita come superamento o annichilazione dei vincoli posti dal demiurgo; la salvezza come ritorno al pleroma originario attraverso una via di conoscenza o "gnosi". Una domanda che torna in modo ricorrente è infatti se lo gnosticismo - perdente all’inizio di fronte all’elaborazione teologica di padri della Chiesa come Ireneo, Tertulliano o Agostino per quanto riguarda i manichei - non sia sopravvissuto come un fiume carsico nella storia e non sia stato una delle forze a cui si devono la crisi della civiltà forgiata dal cattolicesimo. Un agente corrosivo che avrebbe esercitato il suo influsso sia direttamente attraverso culti esoterici - cabalistici, ermetici, alchemici - sia indirettamente per mezzo di forze e dinamiche solo apparentemente secolari. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, nel ’900 sono stati importanti i lavori di Hans Jonas a cavallo della seconda guerra mondiale e il tentativo di leggere l’esistenzialismo heideggeriano, e più in generale il nichilismo contemporaneo, alla luce di quel "nichilismo" della tarda antichità che sarebbe stato lo gnosticismo. Un’ipotesi di lavoro che in Italia ha trovato ulteriore spazio dalla fine degli anni ’60 con la pubblicazione di alcune opere del filosofo della storia Eric Voegelin, con il suo sottolineare la trasformazione del pensiero gnostico già alla fine del medioevo in movimento sovversivo, rivoluzionario, «nella convinzione che il modo migliore per liberarsi dal mondo materiale, ritenuto maligno, sia quello di redimerlo, purificandolo con l’azione rivoluzionaria», poi con i saggi di pensatori come Augusto Del Noce e Emanuele Samek Lodovici, intenti soprattutto a mostrare la valenza gnostica del marxismo in sé e nella sua contaminazione con la visione materialista e libertaria della borghesia capitalistica. È insomma un filone di ricerca che ha conosciuto alti e bassi, ma che non si è mai spento. Questo, nell’ambito ad un sacerdote ed erudito romano, Ennio Innocenti, che a partire dal 1992 ha dato alle stampe un’opera in quattro volumi, di cui l’ultimo uscito l’anno scorso, dal titolo La gnosi spuria (edizioni Sacra Fraternitas Aurigarum in Urbe): un grande affresco storico-filosofico e un tentativo di rintracciare la presenza della gnosi nello sviluppo della cultura occidentale «dalle origini al ’900». E in questi giorni sono due le iniziative che prendendo spunto dal lavoro di don Innocenti e che meritano una segnalazione. La prima è la pubblicazione degli atti del convegno che si è tenuto a Napoli nel 2009, dal titolo "La gnosi tra luci e ombre", con gli interventi di una serie intellettuali e teologi che rilanciano il tema della gnosi come chiave di lettura del moderno.A partire dal gesuita Giandomenico Mucci, scrittore della "Civiltà Cattolica", che si rifà alla gnosi per decriptare «i sintomi di confusione che serpeggiano nella Chiesa contemporanea», specialmente nei «progetti di una nuova Chiesa esclusivamente pneumatica» e di una «nuova religione trasversale». O Pierpaolo Ottonello, ordinario di Storia della filosofia all’Università degli studi di Genova e studioso di Rosmini, che si sofferma sulla matrice gnostica dell’esperienza di Lutero, con il suo «Deus absconditus», accessibile solo sub contraria species, che lascia spazio soltanto a forme di teologia negativa» e i cui esiti non potevano che essere «la negazione di ogni metafisica e del suo stesso significato». Mentre Francesco Mercadante, emerito di Filosofia del diritto alla Sapienza, invita a riprendere la lezione di Voegelin sui «paracleti gnostici» che si sono manifestati nei totalitarismi del secolo passato ma che possono trovare terreno fertile anche nelle utopie liberali dell’Occidente. La seconda iniziativa è invece un altro convegno organizzato da don Innocenti, questa volta specificamente sull’esoterismo nella cultura del ’900, e che si tiene domani e sabato a Firenze, all’Istituto statale d’arte di piazzale Porta Romana. Tra i vari relatori si segnala Valentino Cecchetti, ricercatore dell’università di Siena, a cui si devono due scavi importanti come il saggio Il socialismo magico in Giacomo Noventa e Adriano Olivetti lettori di Rudolf Steiner (Bibliotheca, 2006) e Roberto Calasso (Cadmo, 2006). In più vi sarà un confronto inusuale sul tema della libera muratoria da due prospettive radicalmente opposte: quella di Aldo Mola, affermato storico della massoneria italiana, e quella del francescano dell’Immacolata Paolo Siano, forse il religioso più impegnato sul tema oggi in Italia, di cui è appena uscita l’acuminata raccolta di saggi La Massoneria tra esoterismo, ritualità e simbolismo (Casa Mariana Editrice).
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