venerdì 16 novembre 2012
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​Il primo timido indizio è una freccia che si nasconde tra le tante negli incroci trafficati, ma ordinati di Bolzano: val Sarentino. I più frettolosi non la vedono neppure, abbagliati dalle luci e calamitati dalle destinazioni-star del turismo altoatesino. Ma quel nome tintinnante, versione italiana di Sarntal, gocciola nella memoria e se, per una volta, si segue quella freccia, non ci si scoraggia nelle giravolte cittadine e si inizia a salire, si scopre che la Val Sarentino è un posto sorprendente. Scolpita esattamente a nord di Bolzano (con un secondo accesso, da Vipiteno per il passo Pennes, che d’inverno è chiuso) la valle chiede tenacia anche al moderno automobilista, chiamato a salire lungo una strada sicura, ma tortuosa e costellata di impressionanti gallerie. Quando il respiro si rilassa, al termine dei tunnel, ecco la valle vera e propria. Tranquilla nella sua dolce bellezza di architetture un po’ impettite, senza lo sfarzo delle Dolomiti ma con tutto l’ordine dei prati curati nelle 28 frazioni e nelle decine di masi. Sarentino, il capoluogo, in questi giorni di novembre sta dando gli ultimi ritocchi per preparare uno dei periodi più importanti dell’anno. Sì, perché qui, nell’Alto Adige che è la patria di pur regolamentati e certificati Mercatini di Natale che attirano folle bibliche e non sempre consce della Festa che motiva le Feste, qui l’Avvento si chiama ancora con il suo nome e il marchio Avvento Alpino si propone ai visitatori della vallata, quest’anno a partire dal 1 dicembre e per tutti i fine settimana sino al 23 (info: www.alpenadvent.sarntal.com). Tranquillità, ritmi lenti e silenzio rotto solo dalle nenie tradizionali, visite guidate ai masi, percorsi in carrozza tra la neve, intrattenimenti a misura di bambino, momenti musicali di qualità. Ma a qualificare l’Avvento sarentinese ci sono soprattutto due particolari, davvero non consueti.Il primo è che nel programma ufficiale delle manifestazioni e celebrazioni compare al posto d’onore la Messa che ogni giorno viene celebrata alle 6.30 del mattino nella chiesa parrocchiale del capoluogo dal parroco e decano don Paul Lantschner e che vede residenti e turisti (sì, anche loro sanno alzarsi all’alba e non solo per correre ai check-in) unirsi nel canto del Rorate. La seconda particolarità abita nei chioschi che propongono esclusivamente prodotti dell’artigianato locale, alcuni dei quali a chilometro… sottozero perché confezionati a poche decine di metri. Tra i protagonisti di questo presepio moderno (quello vivente, naturalmente, non manca) ci sono i quattro giovani artigiani di Artigianato Vivo. «Ci siamo accorti di essere complementari con le nostre produzioni rigorosamente fatte con materie prime locali» spiega Fritz Unterkalmsteiner, tornitore, mentre rifinisce una ciotola in morbido cirmolo. Di qui la decisione di riscoprire le antiche tecniche e tradizioni assieme a Markus Runggaldier, scultore, a Johann Thaler, specialista nel ricamo in rachide di penne di pavone (!) su cuoio, e ad Albert Unterweger, che con una tradizione di cinque generazioni alle spalle lavora la lana delle pecore della valle. Ma siccome non c’è Presepio senza qualche dolcetto, merita una visita anche un particolarissimo produttore di cioccolato. È Anton Oberhöller: con la moglie Paola, dopo aver ceduto un’avviata pasticceria, ha trasformato il sotterraneo di casa in una fabbrica di delizie al cacao, che si visita passando dal tinello, ma che esporta in tutta Europa. Nevica sul campanile aguzzo di san Nicolò, a Valdurna. Qui, sulle rive del lago che inizia a gelare, c’è una piccola Sistina dell’Alto Adige. Nella chiesa, infatti, è custodito uno stupendo ciclo di affreschi tre-quattrocenteschi, che ha lasciato a bocca aperta i suoi scopritori quando è venuto alla luce nella seconda metà degli anni Ottanta. Nevica sul tetto del maso Rohrerhaus, nell’abitato di Sarentino, restaurato e trasformato in museo etnografico sulla cultura della vallata e i fiocchi cadono anche sulle piste del piccolo ma completo comprensorio sciistico di Reinswald San Martino, coprendo la rete di sentieri attrezzati e didattici Urlesteig, che in estate fanno la gioia dei bambini. Ma ad addormentarsi sotto la neve è soprattutto il vero protagonista della valle: il pino mugo. Sembra incredibile, ma in Val Sarentino cresce un terzo di tutto il pino mugo delle Alpi: tremila ettari. Da secoli i valligiani hanno imparato ad apprezzarne le proprietà benefiche e, prima con distillerie mobili faticosamente portate in quota, ora con moderni impianti a fondovalle, a estrarne oli essenziali e altri prodotti. Infatti, il pino mugo finisce non solo nei prodotti cosmetici Trehs, ma anche nei piatti dell’hotel Bad Schörgau e nelle tavolette del cioccolatiere Anton. E nel Centro Eschgfeller si può esplorare tutto il ciclo che va dalla raccolta degli arbusti in quota alla produzione degli oli e dei distillati, per poi immergersi in un bagno a base di trucioli di pino mugo riscaldati. Già, trucioli. Fritz, il tornitore, mi ha riempito una ciotola con quelli di cirmolo: «La tenga sul comodino e la apra prima di coricarsi. Sentirà…». Oggi dovevo scrivere della valle e l’ho portata qui, accanto al computer. Si sente il profumo?
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