giovedì 29 gennaio 2015
COMMENTA E CONDIVIDI
Nuove traduzioni, nuove edizioni: sono passate poche settimane dallo scadere del copyright sulle opere di Antoine de Saint-Exupéry (1900-1944) e il suo libro più noto, Il Piccolo Principe, dilaga sugli scaffali. Resi i dovuti onori alla prima versione italiana, realizzata nel lontano 1949 da Nini Bompiani Bregoli, adesso si punta sulla completezza filologica (Mondadori, per esempio, propone un eccellente Oscar curato da Leopoldo Carra), sulla traduzione d’autore (Daria Galateria per Sellerio, Roberto Piumini per Barney, Arnaldo Colasanti per Giunti, Emanuele Trevi per Newton Compton) o sull’originalità delle illustrazioni (Fermento sostituisce le classiche tavole di “Saint-Ex” con i disegni dei bambini di oggi).Tutto utile, tutto apprezzabile. Ma l’iniziativa più interessante è senza dubbio Il Piccolo Principe commentato con la Bibbia (Ancora, pagine 192, euro 17). Traduce, con bella misura, Vincenzo Canella, religioso dei Fratelli delle Scuole Cristiane, mentre il vasto apparato di note e citazioni è allestito da Enzo Romeo, il vaticanista del Tg2 che nel 2012 aveva pubblicato presso lo stesso editore un suggestivo profilo spirituale di Saint-Exupéry, L’invisibile bellezza. L’intuizione su cui poggia l’attuale edizione commentata, in effetti, si trovava già in quel saggio, dove Romeo ricostruiva, testi alla mano, l’assidua frequentazione della Bibbia da parte dello scrittore, mettendola in relazione con i fatti della sua vita, in particolar modo con l’inquietudine sentimentale di cui anche Il Piccolo Principe rende testimonianza.«Non ho trovato ciò che cercavo – annotava Saint-Exupéry nella prima stesura di Corriere del Sud –. Era, Signore, qualcosa d’altro, molto lontano, nel fondo di me stesso». Sono questi fondali che Romeo ha deciso di esplorare, allineando una serie impressionante di corrispondenze tra la Scrittura e la favola del fanciullo misteriosamente approdato sulla Terra. Una rete fittissima, che si rivela fin dalla prima pagina del racconto, nella quale l’aviatore-narratore disegna un boa straordinariamente simile al serpente del Genesi così come Michelangelo lo ritrae negli affreschi della Cappella Sistina.Ma le analogie non riguardano soltanto il bestiario del Piccolo Principe, con le pecore che rinviano alla parabola evangelica del pastore e la volpe che diventa il simbolo della tenerezza di Dio verso l’uomo («Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore» è il versetto di Osea rievocato da Romeo). In molti casi la sovrapposizione delle immagini risulta pressoché perfetta. Succede con il personaggio del Vanitoso, al quale si adatta benissimo la dura requisitoria del Qoelet («Vanità delle vanità: tutto è vanità»), ma l’analogia appare strettissima anche nell’episodio del Piccolo Principe presso il pozzo, luogo caro alla tradizione biblica e centrale nella predicazione di Gesù, come dimostra il dialogo con la Samaritana. Non diversamente, la relazione tra il protagonista e la sua Rosa si risolve in una struggente variazione del Cantico dei Cantici.Anche quando appaiono imprevedibili, le analogie restano in ogni caso stringenti. Com’è noto, il Piccolo Principe deve darsi da fare per estirpare le erbacce dal suo asteroide. Si comporta come il seminatore della parabola di Luca e, così facendo, evita i guasti della zizzania descritta da Matteo. Ma è con l’approssimarsi al finale del racconto che la trama biblica – o, meglio, evangelica – si fa più evidente. Nelle parole con cui il Piccolo Principe lascia intendere che il momento della sua partenza è ormai imminente riecheggia infatti il grande discorso di commiato del Vangelo di Giovanni e lo stesso avventurarsi del protagonista nel deserto ricorda l’isolarsi di Gesù sul Getsemani. La connotazione cristologica si fa sempre più marcata, tant’è vero che la stessa morte del Piccolo Principe, in questa prospettiva, diventa un’allusione alla Passione. Il sacrificio di sé, però, si accompagna alla promessa del ritorno definitivo, nel quale l’aviatore, proprio come i discepoli all’indomani dell’Ascensione, continua a sperare.Più di ogni altro, è il tema dell’“essenziale”, nascosto nell’invisibile e nella piccolezza, a suggerire la continuità tra la Bibbia e il capolavoro di Saint-Exupéry. Secondo l’indicazione di Romeo, l’essenziale è ciò che si scopre «quando non si trova ciò che si cerca». È l’esperienza che Maria di Magdala compie nel mattino di Pasqua, è la salvezza nella quale lo stesso Saint-Exupéry confida quando, rivolgendosi a Dio, confessa: «Io non ho creduto molto in voi ma sono debole e amo la speranza». Un’ammissione che vale per i santi come per i peccatori. Perché tutti gli adulti, un tempo, sono stati bambini.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: