giovedì 13 ottobre 2016
​Esce di scena il giorno del premio a Bob Dylan. Dal controverso Mistero Buffo all'omaggio teatrale alla spiritualità francescana. (Alessandro Zaccuri)
BIOGRAFIA
90 ANNI PER IL TEATRO (FOTO)
AD AVVENIRE «Il Papa su migranti e dignità umana è stato rivoluzionario» (5/01/2015) I «Diamo tempo ai 5 Stelle» (8/09/16)
Addio a Fo, il primo Nobel anomalo
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Dario Fo era uno strano tipo di anticlericale. Era anche uno strano tipo di Nobel per la letteratura, se è per questo. Un caso unico, almeno fino a quando – nel giorno stesso della sua morte, avvenuta ieri mattina all’Ospedale Sacco di Milano – il riconoscimento attribuito a Bob Dylan non ha ulteriormente ampliato l’ambito di intervento dell’Accademia di Svezia.Comunque la si voglia considerare, la carriera di questo instancabile teatrante e capocomico aveva avuto il suo momento di svolta nel 1969, con la prima rappresentazione di Mistero buffo, una “giullarata” che nella lingua inventata del grammelot rimescolava materiali deiVangeli apocrifi con spunti provenienti dalle cosiddette “profacole”, racconti popolari in cui Gesù, Maria e gli apostoli continuano a girare per il mondo, accompagnandosi di preferenza con i poveracci e tenendosi a debita distanza dai potenti di ogni risma. Sono i temi su cui Fo è tornato con maggior insistenza negli anni successivi al Nobel, che gli fu assegnato nel 1997: nello spettacolo su Lu santo jullare Francesco (1999), per esempio, o in libri come La Bibbia dei villani, pubblicato da Guanda nel 2010. Presso lo stesso editore è uscito di recente Dario e Dio, una conversazione tra Fo e la sua confidente Giuseppina Manin che può servire da ricapitolazione dell’intero repertorio.Era blasfemo  Mistero buffo? All’epoca molti ne erano persuasi e nel 1977, quando la Rai dedicò una lunga retrospettiva al teatro di Fo, l’allora presidente del Consiglio Giulio Andreotti dovette incassare un telegramma di protesta firmato dal cardinale Ugo Poletti, vicario del Papa per la diocesi di Roma. A quel punto, però, la storia di Fo era già entrata in quella che potremmo considerare la terza fase, destinata a culminare vent’anni più tardi con il conferimento del Nobel.BIOGRAFIA 90 ANNI PER IL TEATRO (FOTO)Il primo periodo era stato, come sempre, quello della formazione e dell’apprendistato. Fo nasce il 24 marzo 1926 a Sangiano, un centro della provincia di Varese non distante dal Lago Maggiore. C’è il vantaggio del gran viavai di storie che girano sui binari della ferrovia locale (il padre è capostazione), ma anche lo svantaggio storico-geografico di trovarsi, tra il ’43 e il ’45, in pieno territorio della Repubblica sociale italiana. Il giovane Dario finisce nelle fila dei “repubblichini”, circostanza che gli verrà più volte rimproverata in seguito e che darà luogo a dispute anche legali. La guerra finisce e Fo, trasferitosi a Milano, si divide tra l’Accademia di Brera e la facoltà di Architettura al Politecnico. Di preferenza dipinge (dipingerà sempre) e nel teatro incappa quasi per caso, per via dell’amicizia con Franco Parenti, con il quale mette in scena nel ’53 il suo primo spettacolo,  Il dito nell’occhio. Dell’anno dopo sono le nozze con Franca Rame, che rimarrà per sempre la sua compagna d’arte e di vita. Nel 1955 nasce il figlio Jacopo, copioni e rappresentazioni iniziano a moltiplicarsi e ad assumere un piglio sempre più evidente di critica sociale. Scritturato dalla Rai nel ’62 per Canzonissima, il duo Fo-Rame viene più volte censurato, fino alla clamorosa rottura, rispetto alla quale il ciclo televisivo del ’77 rappresenta una sorta di risarcimento.I quindici anni che separano le due date corrispondono con il secondo momento dell’avventura teatrale di Fo. Spettacoli di impegno politico sempre più dichiarato e battagliero (emblematico Morte accidentale di un anarchico del 1970, sul caso Pinelli), con una propensione per la polemica in presa diretta che rendono difficile l’accostamento all’allegorismo ideologico di Bertolt Brecht. Per Fo, in questo momento, il teatro è la prosecuzione della politica con altri mezzi, come dimostra l’adesione del drammaturgo al movimento extraparlamentare di Soccorso Rosso. Anni di scontro durissimo (a pagare il prezzo più alto è Franca Rame, sequestrata e violentata nel 1973 da una banda di neofascisti), durante i quali l’anarchismo militante di Fo sfocia spesso nel dileggio anticlericale e in punte di obiettiva dissacrazione, che aiutano a comprendere meglio la posizione di un cardinale tutt’altro che conservatore come il già ricordato Poletti.Dal ’77 in poi il profilo di Fo diventa, per paradossale che possa apparire, sempre più istituzionale. La contestazione del potere tende a costituirsi come contropotere, le edizioni delle commedie di Fo assumono un aspetto sempre più imponente (l’apice sarà il volume di Teatro inserito nel 2000 nei prestigiosi “Millenni” Einaudi), la marcia di avvicinamento al Nobel è scandita da traduzioni e rappresentazioni all’estero, in particolare nella strategica Svezia. Un successo che trova ormai pochi oppositori, nonostante rimanga il paradosso che – al di là di ogni altra considerazione – contraddistingue il rapporto tra Fo e la letteratura. Nel suo caso infatti è difficile, se non addirittura impossibile, distinguere tra autore e opera, tanto è stretto il legame tra il testo e la fisicità (la vocalità, la mimica) di chi lo ha prodotto. Certo, Fo è stato e forse continuerà a essere rappresentato anche da attori che non sono Fo. Ma ogni volta si ha l’impressione di assistere a una copia non del tutto conforme all’originale. Una traduzione, se si preferisce, che lascia intuire ma non riproduce il testo di partenza. Non per niente, il più “letterario” dei libri di Fo è probabilmente il Manuale minimo dell’attore, uscito lo scorso anno in forma ampliata da Chiarelettere.
LE INTERVISTE AD AVVENIRE «Papa Francesco su migranti e dignità umano è stato rivoluzionario» (5/01/2015) I «Diamo tempo ai Cinque Stelle» (8/09/16)E l’anticlericalismo? Con il passare degli anni si era in qualche modo attenuato. Non solo perché il contestatore Fo si era entusiasmato per un uomo d’ordine come sant’Ambrogio (lo spettacolo sull’«invenzione di Milano» porta la data del 2009), ma anche perché qualche prete che gli piaceva, alla fine, lo aveva trovato. Qualcuno magari prevedibile, come l’intemperante quanto generoso don Andrea Gallo. Qualcun altro del tutto inaspettato, come dimostra l’elogio di Giovanni Paolo II dettato ad  Avvenire all’indomani della morte del Papa polacco: «Ho ammirato il coraggio con cui ha affrontato argomenti sui quali, per secoli, si era rimasti in silenzio», diceva. Con queste premesse, Fo non poteva non entusiasmarsi per il pontificato di Francesco: «Un uomo di alta cultura – lo definiva in un’altra conversazione con il nostro giornale –. È un Papa che propone una rivoluzione culturale nella Chiesa e sa farsi ascoltare dal mondo».
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