giovedì 10 aprile 2014
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La voce umana: un grande strumento di progresso, una straordinaria risorsa da impiegare. Nell’informatica non si fa quasi più nulla senza ricorrere alla sintesi vocale, cioè alla voce. Il significato etimologico della parola "vocale" è infatti il latino "vocalis", "che emette voce". Insomma, un numero crescente di attività e servizi si basa sulla riproduzione artificiale della voce umana. Per due secoli si era tentato invano di costruire macchine parlanti. Si può dire che i sintetizzatori entrano nella storia soltanto nel 1968 quando il regista Stanley Kubrick realizza il film 2001: Odissea nello spazio. La sintesi vocale eccelle prima di tutto nel campo della sicurezza (seguono salute, spettacoli e videogiochi). Perfino negli innocenti ma severi citofoni si manipola la propria voce per non essere riconosciuti da malintenzionati. Abbinando informatica e voce umana, la scienza è riuscita a ridare ai non vedenti la possibilità di leggere. E ora aiuta i bambini dislessici, affetti da disturbi dell’apprendimento. Collaborazione senza confini, ma con un limite categorico: non si può falsificare la voce di un personaggio del passato facendogli dire ciò che non ha mai detto.  Quando le tecnologie per il trattamento della voce saranno ancora più sofisticate e diffuse, aumenterà il rischio di contraffazioni per obiettivi illeciti. La questione etica viene sollevata da Hugues Vinet, direttore scientifico dell’Ircam, Institut de Récherche et Coordination Acoustique-Musique, un centro mondiale per lo studio della sintesi vocale. A Vinet una casa cinematografica ha chiesto di riprodurre - per un film - la voce del maresciallo Philippe Pétain. Ed ecco come la pensa Vinet. «Le tecniche che permettono di far dire a qualcuno, perfino a un personaggio scomparso, ciò che non ha mai detto, sono semplicemente sconvolgenti: fino a che punto si può arrivare nel manipolare le voci?», si chiede Vinet, preoccupato. Per riflettere in maniera approfondita sulla questione e, più in generale, su luci e ombre della sintesi vocale, un’occasione è offerta a Parigi dalla Cité des sciences et de l’industrie alla Villette, dove è stata organizzata la più imponente mostra mai dedicata alla voce umana ("La voix: l’expo qui vous parle", aperta fino al 28 settembre). Il visitatore viene invitato a esplorare la propria voce, misurandone estensione e "tessitura", quindi viene esortato a sentire altre voci finché non ne trovi qualcuna che assomigli alla sua. E può divertirsi con la sua voce, invecchiandola e ringiovanendola: basta un clic e cambia anche genere. C’è anche il coro virtuale; che comincia con il canto solista del visitatore. È possibile trasformare anche le altre voci, confrontare la sua con quelle di personalità del passato. Come vuole il gioco, il visitatore pensa, pronuncia e registra con la sua voce naturale quattro frasi. Poi, all’improvviso, ne sente una quinta che lui non ha mai pensata o detta ma che la sintesi vocale gli attribuisce perché l’ha "ricavata" dalle quattro frasi e voci precedenti, che erano autentiche. La sua voce naturale è stata sostituita da una voce artificiale. Ma questa non è una qualunque voce artificiale, non è la voce degli androidi; è naturale, intonata ed espressiva. Se la sintesi vocale funziona, si può ottenere un immediato risultato concreto. Sta avvenendo nella lotta contro la dislessia. «Leggere sul tablet scioglie la lingua, sblocca la mente e attenua gli alienanti sintomi». È questa l’informazione che viene dall’Harvard Smithsonian Centre dell’Università di Cambridge (Massachusetts). Il cervello del bambino si rifiuta di leggere e capire i testi troppo lunghi e zeppi di parole. Accetta solo scritti che sia facile visualizzare. In sintonia con questa ricerca Usa, un ingegnere italiano, padre di un bambino con problemi di apprendimento, ha realizzato un device che sembra utile. Si vedrà se il fenomeno rilevato a Cambridge è costante. «Ma, per capire quanta strada ci sia ancora da fare, si pensi che, secondo una parte dei genitori esiste una colpa per la dislessia che va imputata ai bambini e ai ragazzi. La dislessia sarebbe "svogliatezza e basta" e chi ha questa convinzione non demorde», spiega Giacomo Stella, che ha costruito una rete di centri di neuropsicologia, chiamata "SOS dislessia". «Gli strumenti informatici – aggiunge – sono quelli che oggi meglio permettono di trasformare tutto il materiale cartaceo in audio e sono quindi, potenzialmente, il migliore sostegno compensativo». Lo scenario entusiasma Giorgio Picone, direttore di una scuola di canto a Roma. «Credo nell’amore del nostro Paese per la lirica; l’Italia non ha mai snobbato la voce e il canto, anche se debbo ammettere che, a causa della crisi, da tempo le iscrizioni ai corsi hanno toccato il fondo. E non so quando e se riprenderanno. Ma non dovremo dimenticare la formula».

La voce potrebbe diventare un salvacondotto per trovare più facilmente un lavoro, fare carriera, emergere come potenziali "capi" nelle aziende ed essere stimati come problem solver anche nella vita di tutti i giorni, Tuttavia questa prospettiva non deve indurre a un facile ottimismo, avverte Picone. Se le difficoltà non mancheranno in Italia e in Europa, è da immaginare che risultino insormontabili nelle aree sfavorite del Pianeta per chi non ha neanche da mangiare. Psicologi e informatici dell’Unione Italiana Ciechi (Uic), hanno accumulato un’utilissima esperienza partendo dalla sintesi vocale, cioè dalla voce. Tanto per cominciare, la cecità non è più un dramma dell’emarginazione come una volta. «Ho capito che il mondo era cambiato veramente quando in aereo, accanto a me, un viaggiatore fortemente ipovedente si è messo a leggere il suo primo e-book e dalla borsa spuntava un "libro parlante"», dice Salvatore Romano, direttore del Centro ricerche scientifiche dell’Uic. Inoltre l’uso delle tecnologie di punta è ora possibile anche in Africa, spiega Luisa Bartolucci, dell’Ufficio di presidenza dell’Uic: «I linguaggi in cui sono scritti i programmi sono abbastanza accessibili. Comunque è indispensabile l’assistenza tecnica garantita dalle associazioni europee, tra cui la nostra».

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