domenica 21 agosto 2016
SCIENZIATI, serve più umiltà
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Non è una questione numerica. Puoi discettare tutti i giorni di algebra, ipotenuse e teoremi di geometria. Quel che più conta nella vita è trovare un senso a tutto ciò che ci circonda. E su questo il matematico Joseph Grifone, professore all’Università di Tolosa Paul Sabatier, non ha dubbi: se c’è un personaggio della storia che risponde alle domande più profonde dell’uomo questi è Gesù di Nazaret. Al punto da scriverci un libro appassionato e scrupoloso per condividere il fascino e la novità di un cammino quotidiano ispirato dal Cristianesimo: Dai Vangeli a Gesù Cristo. Le vie della ragione e del cuore (Ares, pagine 320, euro 16,00). Non le sembra un paradosso parlare di fede in un tempo che sembra aver smarrito ogni ideale? «Al contrario. Credo invece che nella nostra società che ha perduto i suoi riferimenti fino a passare dall’ingenua esaltazione della ragione al nichilismo più costernante, la figura di Cristo attira. Come ha dimostrato anche Benedetto XVI con il suo libro Gesù di Nazaret solo Cristo può andare incontro alle aspirazioni e ai bisogni degli uomini del nostro tempo. E non è un caso. L’ebreo Hyman Gerson Enelow diceva che 'l’amore che Gesù ha ispirato, il bene che ha provocato, la speranza che ha suscitato, tutto ciò è senza uguali nella storia umana'». Lei insiste sull’importanza dell’avvenimento storico della venuta di Cristo. «Contrariamente a quel che dicono ancora alcuni testi divulgativi, oggi gli specialisti non soltanto non mettono più in dubbio l’esistenza storica di Gesù, ma ritengono che attraverso i Vangeli la sua figura, la sua vita, il suo messaggio si rivelano con un fondamento storico sicuro. Siamo per fortuna lontani dalle tesi di Couchoud, o dalle speculazioni esoteriche che fanno risalire Gesù a un mito astrale o cose di questo genere che fanno solo sorridere ». Il suo libro prende spunto dal Cammino di san Josemaria Escrivà per indicare le tre tappe che conducono all’incontro con Cristo: 'Cercarlo, trovarlo, amarlo'. Quale di questi è il compito più difficile per noi oggi? «'Trovarlo'. Per la ricerca storica si hanno i mezzi e gli studi. E amare Gesù è quasi naturale quando lo si conosce. Ma trovare Cristo, conoscerlo nella fede, è difficile, poiché oltre a superare le barriere culturali scettiche e relativiste del mondo contemporaneo, è necessario aprirsi alla grazia, il che richiede coerenza di vita e umiltà intellettuale. Il cristianesimo non è una filosofia, né una morale, ma il mistero di una Persona, Gesù Cristo, che interpella e chiama a sé l’uomo. E a questa chiamata ci si può aprire o al contrario chiudersi». L’itinerario che propone approda a una forma di saggezza. «Nel primo libro dei Re dice Salomone: 'Dammi, Signore, un cuore che ascolta'. Un cuore che ascolta non è solo segno di umiltà, di prudenza o di carità. È accogliere la realtà così com’è, senza proiettarci i propri pregiudizi o le proprie pre-costruzioni mentali, frutto spesso dell’orgoglio. Penso che l’itinerario verso la fede, specialmente per uno scienziato, passi necessariamente per questo cammino». Come si spiega l’interesse di un matematico per la fede? «La fede non si può ridurre a un’adesione intellettuale. È un atto molto più nobile e generoso che consiste nell’aprire il cuore e l’intelligenza. È un po’ come l’amore di colui che accoglie nel più profondo del suo essere la persona amata, con tutto il suo mistero e la sua ricchezza. Per colui che ama è naturale voler approfondire e comprendere il mondo della persona amata, per accoglierla meglio e darsi con più pienezza». Un celebre matematico del Novecento, Ennio De Giorgi (1928-1996) diceva: 'Il mondo è fatto di cose visibili e invisibili e la matematica ha forse una capacità, unica tra le altre scienze, di passare dall’osservazione delle cose visibili all’immaginazione delle cose invisibili'. «È vero, a condizione che non si perda in uno sterile formalismo. La matematica tende a scoprire nella realtà l’armonia e la coerenza della razionalità, del Logos. Il bisogno d’appoggiare la fede su argomenti razionali è dunque non solamente legittimo, ma anche auspicabile. Era proprio questa una delle principali preoccupazioni di Ratzinger: riconciliare fede e ragione. Ed è certamente uno dei compiti più urgenti della nostra epoca rispetto ai miraggi del relativismo e alle debolezze dello scetticismo». Oggi però è ancora forte l’influenza di certi intellettuali nel far passare l’inconciliabilità tra fede e ragione. «È un problema culturale. Si è arrivati a proporre delle filosofie che si compiacciono della 'debolezza del pensiero' e che considerano il nichilismo come una riflessione profonda. La tentazione dell’uomo contemporaneo non è più quella di voler fondare tutto sulla ragione, ma di rinunciare a fondare qualsiasi cosa. Per questo spesso il dialogo tra scienza e religione è ritenuto impossibile. Ma la storia della scienza dimostra proprio il contrario». Perché? «Pensiamo ai grandi scienziati che sono all’origine della rivoluzione scientifica del secolo XVII, come Galileo, Newton, Keplero, o i più grandi matematici, come Gauss, Eulero, Cauchy, Cantor: erano profondamente credenti. Mi piace sempre ricordare quella frase di Einstein: 'La scienza senza la religione è zoppa e la religione senza la scienza è cieca'».
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