domenica 2 ottobre 2016
La Terra Santa delle fortezze
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Tanti visitatori moderni attraversano la Terra Santa privilegiando giustamente i luoghi biblici strettamente intesi, per poi tuttavia ripartire senza avere colto tanti aspetti della storia di questa regione fra il 1099 e il 1291 (dalla conquista di Gerusalemme alla caduta di S. Giovanni d’Acri, ultimo baluardo della cristianità latina orientale), date di inizio e fine della presenza crociata, ricca di significati e personaggi straordinari pur essendo stata resa possibile da un’idea della 'guerra santa' che la Chiesa ha da tempo ripudiato. Eppure i Luoghi Santi oggi visitati da pellegrini e turisti hanno quasi tutti l’aspetto creato nel Medioevo, soprattutto durante i due secoli di occupazione crociata; anche dove edifici di epoche precedenti hanno conservato una parte rilevante dell’aspetto originario, o altri di epoche successive sono stati sovrapposti, il dominio della cristianità occidentale nei secoli XII e XIII ha lasciato tracce di varia profondità e ben visibili, alle quali si aggiungono quelle che la ricerca archeologica riporta continuamente alla luce. Dalla conquista di Antiochia alla fine dell’XI secolo, fino al termine della presenza latina, l’attività costruttiva o anche di semplice riparazione e manutenzione degli edifici ha dato un’impronta indelebile a questa terra, grazie a un’opera incessante svolta dai crociati veri e propri ma anche dagli altri cristiani (soprattutto pellegrini), i quali spesso si vedevano promettere benefici spirituali in cambio anche di semplice manovalanza nelle fortezze. Merito condiviso nel campo avverso, dove nemmeno i sultani disdegnavano di farsi manovali per onorare la propria fede nei cantieri dei castelli, propri o tolti al nemico. Il castello medievale dei secoli XI-XIII non è generalmente rappresentato in maniera realistica nell’arte del suo tempo, che è simbolica e stilizzata: infatti l’edificio eretto a scopo militare è spesso raffigurato mediante una semplice torre, talvolta poche di più, e con una singola cortina muraria. Inoltre, fra noi e il castello medievale si interpone il luogo comune che lo fa spesso immaginare come una reggia fortificata con accenni stilistici 'disneyani', ricca di arredi e ornamenti pregiati fra i quali si aggirano personaggi agghindati alla moda del tempo.Abbigliamento degli occupanti a parte, in realtà questi castelli erano severe macchine da guerra: sobrie e funzionali, appena ingentilite dalle inevitabili dotazioni di edifici sacri e botteghe artigianali, per le necessità spirituali e materiali della guarnigione e delle relative famiglie. Rarissimi gli abbellimenti scultorei e i mosaici, poco frequenti gli affreschi, almeno a giudicare dalle scarse parti sopravvissute: qualcosa di più si è conservato nel siriano Crac des Chevaliers, il quale però era poco meno che una città fortificata e ospitava attività variegate, soprattutto servizi per la guarnigione. Per conoscere meglio questa realtà conviene allora partire dalle cronache e dalle opere letterarie anteriori al più delicato mondo cortese, nelle quali sono rarissimi i riferimenti alla bellezza e alle comodità dell’edificio, giudicato piuttosto per la sua efficienza militare. Ed è proprio la severa, marziale sobrietà a rendere affascinanti questi castelli, anche oggi quando sono ridotti a rovine. Nell’Oriente dei crociati, in inferiorità numerica rispetto alle inesauribili risorse demografiche dei popoli arabo-turchi, il castello era un’arma indispensabile sia per la difesa sia per dare sostegno logistico alle campagne di conquista di territori a loro volta bisognosi di sicurezza: era infatti impossibile, una volta delimitata una frontiera con l’islam, presidiare un confine continuo e le poche truppe disponibili avevano bisogno di punti fortificati sparsi dai quali controllare il nemico, effettuare qualche puntata esplorativo-offensiva e, in caso di minaccia, accogliere dietro solide mura le popolazioni del territorio invaso e le necessarie scorte di acqua, viveri (anche per il bestiame) e armi. La strategia del regno crociato prevedeva che i grandi eserciti nemici, quasi sempre superiori nel numero, fossero semplicemente tenuti a bada evitando lo scontro campale che, in caso di sconfitta cristiana, avrebbe causato la caduta di innumerevoli città e castelli; infatti, mentre i signori musulmani di Egitto e Siria disponevano di riserve umane e materiali illimitate, oltre che di linee di comunicazione più brevi e sicure, i cristiani erano a corto di tali risorse e ogni perdita di uomini, cavalli, armi e fortificazioni era difficilmente compensabile, considerata la difficoltà di far affluire rinforzi lungo le rotte mediterranee o le vie dei Balcani e dell’Asia Minore, queste ultime progressivamente chiuse. Inoltre, quando si trattava di affrontare il nemico in battaglia campale, le guarnigioni dovevano raggiungere l’esercito del regno; e quando questo venne annientato ad Hattin presso il lago di Tiberiade nel 1187, i castelli, rimasti pressoché indifesi, caddero l’uno dopo l’altro come pedine del domino, spesso per fame o dopo aver accettato l’ultima offerta del nemico, che prometteva la libera e sicura evacuazione in cambio della fortezza. Fu ciò che accadde a La Fève, poco prima di Hattin: allo sgomento esploratore che cercava compagni e notizie sui movimenti del nemico, apparvero un portone spalancato, un edificio abbandonato e una guarnigione costituita da appena due uomini, che giacevano malati in una stanza. Nei quasi 200 anni di permanenza crociata, la necessità di costruire edifici militari o religiosi (spesso non facilmente distinguibili tra loro, dati i tempi) oppure di ripararli per eliminare i danni inflitti durante gli assedi fu la causa principale di un fervore edilizio raramente eguagliato nella storia.
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