martedì 26 febbraio 2013
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Il mondo moderno è un mondo dove l’immanenza, grazie al dominio della tecnologia e ai progressi della conoscenza, sembra negare la necessità di un "oltre". Trascendere non significa più andare oltre il visibile, ma cercare nelle idee e nel sapere le leggi che consentono al soggetto, all’Io, di ridurre il mondo alla propria misura. La crisi di questa idea, che viene da Cartesio ma trova nell’idealismo tedesco la sua massima espressione di volontà, comincia a essere evidente già negli anni della Grande guerra, laddove il potere della tecnologia produce disastri prima inimmaginabili. Il vitalismo, materiale e spirituale, che informa il gusto decadente (al cui vertice si trova la bellezza estenuata dell’arte viennese della Finis Austriae), è l’espressione di questa caduta spirituale. Dal simbolismo, all’espressionismo, dallo spiritualismo all’esoterismo, per arrivare infine allo gnosticismo dell’agire tecnico, queste esperienze culturali non solo altro che variazioni della medesima idea decadente. Terra e spirito si ritrovano a giocare una partita non priva di illusioni e abitata da fantasmi, che mettono in scena, talvolta, incubi infernali. Si apre uno spazio diverso al "sentire" e alla "sapienza" arcaica che cela i propri invisibili gangli funzionali nella divinazione di un’anima universale che muove il mondo. Nel primo saggio del catalogo (in inglese) che il Vitra Design Museum pubblica a corredo della mostra dedicata a Rudolf Steiner allestita negli spazi del Mart di Rovereto, Walter Kugles condensa la questione in una domanda: «Spirito del mondo, dove sei?» L’antroposofia di cui Steiner è stato il profeta a cavallo di Otto e Novecento ha davvero una valenza magica, nel senso che al termine magia attribuivano i pensatori rinascimentali: la scoperta delle leggi segrete che regolano il mondo e la vita.Steiner, letterato filosofo e maieuta, riprende il termine antroposofia da un altro filosofo, Robert Zimmermann, e fonda una disciplina il cui metodo ha per fine questa conoscenza che rivela all’uomo le forme e il ritmo interni all’«architettura» dell’universo. La mostra del Mart è straordinariamente ricca di materiali che documentano questo "progetto spirituale" che, si badi, non ha niente di reazionario, perché non vuole rinunciare ai saperi tecnici che l’uomo ha saputo sviluppare, ma li impiega per una nuova sintesi dove artificio e natura stanno in osmosi reciproca. In questo, Steiner è parte consapevole della modernità. Si potrebbe dire che il principio biodinamico che egli declina nelle diverse sfere dello scrivere, del pensare, del creare e dell’immaginare, sia una forma di ascesi estetica.Nei grandi disegni colorati su carta nera Steiner vuole rappresentare, per esempio, il dualismo fra corpo fisico e corpo etereo, oppure cerca di convincere che esistono timori infondati che condizionano l’approccio autentico allo spirituale (in questo modo, prende le distanze dall’irrazionalismo), ma in realtà si comporta come un oracolo o un capo carismatico; l’epoca è quella giusta, basta ricordare quanto alla forza carismatica facesse appello un altro genio che guadagnò la scena in quegli anni, Le Corbusier (il quale nella seconda parte della vita elaborerà un’architettura che deve certamente qualcosa a Steiner). L’antroposofia è un pensiero che combatte l’illuminismo come dogma della ragione. Vi sono zone dell’umano che non sono "comprensibili" se non ascoltando il ritmo silenzioso dell’universo e la coscienza dell’uomo. Così Steiner diventa anche un antesignano dell’immanentismo ecologista di oggi. Non sorprende dunque che da una conferenza che egli tenne nel 1924 a Koberwitz (oggi in Polonia), a proposito dell’agricoltura biodinamica, si sia sviluppata la figura del contadino antroposofo che coltiva la terra penetrando e sviluppando i principi interni della natura. La mostra rende a tutto tondo l’esperienza del movimento steineriano, la cui estetica espressionista si richiama all’irregolarità delle forme naturali e alla loro intrinseca trascendenza simbolica (che si ritrova, sia pure con altri presupposti, anche in Gaudí, e a cui hanno attinto architetti come Mendelssohn, Scharoun, Wright e il movimento organico). Ci ritroviamo immersi in un progetto totale dove architettura, letteratura, filosofia, immagini, arti decorative, design, studio del colore e alchimie geometriche concorrono a rappresentare un mondo di elevazione psicofisica. Da qui anche il sottotitolo della mostra: alchimia del quotidiano. Letterato e visionario cercatore di una sintesi fra conoscenza e mondo,Steiner è universamente noto per l’architettura di quel teatro interamente in legno che chiamò Goetheanum, la cui concezione arcaica avrà un contrappunto dinamico nel Totalteather di Gropius e Piscator. Nel 1922 l’edificio di Steiner venne distrutto da un incendio, ed ecco che, abbracciando la tecnica più moderna, egli progetta un nuovo Goetheanum in cemento armato, inaugurato postumo nel 1928. In mostra vengono presentate le diverse maquette di queste e altre opere architettoniche ideate da Steiner, il cui linguaggio delle forme sembra davvero sorgere dalla terra, dalle antiche saghe nordiche di foreste nere e demoni terribili. L’imponenza del Goetheanum incute timore, non sai se per la mole o per la forma nella quale il tremendum e il fascinans, per usare le categorie di Rudolf Otto, incarnano la dialettica del sacro pagano. Si percepisce, comunque, un sentimento del rapporto con le forze arcane dell’universo, che ci riporta alla questione iniziale della decadenza. Ovvero a una estetica che surroga la "morte di Dio" con il culto estremo della forma, la cui morbosità è il volto apollineo della complementare e dionisiaca potenza distruttiva della tecnica. E su questa deriva esistenziale s’innesta, come ultima espressione della decadenza, la radice dell’informale europeo. In Steiner, nella sua antroposofia, fondata sulla filosofia della libertà dell’Io (memore di Fichte e Schelling), c’era ancora la fede del grande sacerdote che presiede alla rigenerazione del mondo invocando le forze ancestrali che salgono dalle profondità della terra. Una discesa alle origini della creazione che Steiner mutua dal suo nume tutelare, Goethe.
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