giovedì 13 febbraio 2014
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Esce il volume collettaneo «Ponzio Pilato. Storia di un mito» (pagine XIV-246, euro 25,00) a cura di Giacomo Jori, editore Olschki. I contributi raccolti nel volume sono dedicati alle riscritture della storia di Ponzio Pilato che, dalle origini del Cristianesimo al nostro tempo, attraversa i secoli e la geografia d’Europa. Una figura associata a un versetto, a una domanda: «Quid est veritas?», cui nei secoli risponde l’evidenza: «Ecce homo». Tra i contributi si segnalano due saggi di Carlo Ossola, «Pontius, te souvient-il?» e «“Ponzio Pilato? Io l’ho incontrato”. Un ricordo di Ivan Illich». Ossola ripercorre la letteraturaantica e moderna su Pilato, che aveva «obbedito alla Legge e non all’Amore», dagli apocrifi a Paul Claudel, Anatole Frace, Roger Caillois. Per Ossola Pilato in letteratura resta figura enigmatica: «Necessitato a condannare perché fosse adempiuto il sacrificio? Libero di assolvere perché prevalesse coscienza? Conscio dell’innocenza e tuttavia svogliato esecutore della Ragion di Stato?» Tra gli altri contributi, quelli di J. Scheid, M. Scopello, G. Dragon, G. Otranto, F. Zambon, R. Giuliani, S. Lurie, J. Lurie, S. Tongiani.

Fin dalle prime pagine della Genesi compare la proverbiale cintura di Eva, intrecciata con quella che oggi definiremmo una fibra naturale. Ma ci sono anche i braccialetti, gli orecchini e le borsette citati da Isaia. Per non parlare poi del velo, che nella Scrittura ritorna a più riprese ed è raccomandato dallo stesso Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi. Sono solo alcuni dei riferimenti ai capi di abbigliamento che compaiono nella Bibbia. Un libro che contiene persino mise molto ardite, come i ricercatissimi «calzari di pelle di delfino» citati dal profeta Ezechiele per descrivere lo splendore di Gerusalemme.Di tutto questo e, soprattutto, del messaggio che queste citazioni portano con sé parla Donne di moda. Il dress code della Bibbia, un’iniziativa attraverso cui la Milano del fashion prova a far ripartire il dialogo tra la Chiesa e il mondo della moda. Si tratta concretamente di un e-book rivolto a stilisti e modelle che il Centro ambrosiano (la casa editrice dell’arcidiocesi) pubblica in questi giorni in italiano e in inglese in concomitanza con Milano Moda Donna, l’annuale kermesse che si tiene nel capoluogo lombardo dal 19 al 24 febbraio. A firmare il volume è don Massimo Pavanello, responsabile dell’Ufficio per la pastorale del turismo e tempo libero della Conferenza episcopale lombarda oltre che dell’arcidiocesi ambrosiana. Proprio dal desiderio di rivolgere una parola su misura ai viaggiatori un po’ particolari che  fanno tappa a Milano per le sfilate è nata l’idea dell’e-book, accolta con favore dal mondo della moda. Al punto che a firmarne la prefazione è il cavalier Mario Boselli, presidente della Camera nazionale della moda italiana. A illustrarne le pagine sono i disegni di tre giovani stilisti, Mauro Gasperi, Francesca Liberatore e Lucia Russo, che hanno provato a reinterpretare con il loro sguardo i vestiti citati nelle pagine della Scrittura. È un’attenzione che ha un precedente illustre. «A Milano la moda e la predicazione biblica si sono già trovate in maniera pubblica almeno una volta – racconta don Pavanello –. Era il 1957. L’allora arcivescovo Giovanni Battista Montini, poi divenuto Paolo VI, indisse una "Missione cittadina" che oltre a coinvolgere le parrocchie si rivolse a diverse categorie sociali: magistrati, tassisti, medici, domestiche, insegnanti, tranvieri... e anche le indossatrici». Per la cronaca gli incontri si tennero nella chiesa di San Pietro Celestino e vennero predicati dal francescano padre Nazareno Fabbretti. Cinquantasette anni dopo il dialogo riparte proprio dalla Bibbia, anche se nella forma certamente meno impegnativa di un ebook. Tra un pensiero di Audrey Hepburn e la preghiera a "Maria, donna elegante" di don Tonino Bello, il filo conduttore è proprio l’abbigliamento di un’ideale donna biblica vestita con il velo, il mantello, la tunica, la cintura e i sandali. L’autore parte dal capo di abbigliamento per aiutare a entrare dentro il messaggio biblico. Per scoprire, ad esempio, che nel Deuteronomio la benedizione di Dio assicurava «pane e veste», mentre il castigo prediceva «carestia e nudità». Una chiave attraverso cui va letto anche il celebre episodio della scoperta della nudità dopo il peccato di Adamo ed Eva: «Se è vero che Dio li allontanò dal Paradiso terrestre – commenta Pavanello –, è anche vero che non lo fece prima di averli rivestiti con abiti di pelle (Genesi 3, 21), ridando loro quella dignità perduta e ora ritrovata come dono». Anche Gesù poi nella Passione sarà spogliato e ucciso nudo, come gli schiavi; ma il destino finale dell’uomo redento nell’Apocalisse parla di credenti che hanno lavato le loro vesti nel sangue dell’Agnello e di una Gerusalemme che arriva come una sposa rivestita di vesti bianche. È tutt’altro che relegato nell’ambito della vanità, dunque, l’abito nella Bibbia: il vestito è considerato piuttosto come l’oggetto prezioso. Di fronte al quale, annota l’e-book, persino «le rigide norme relative al lavoro di sabato trovavano eccezione. In quel giorno era permesso salvare da una casa in fiamme sottovesti, fasce, calze, calzoni e vesti».Un’attenzione particolare era riservata poi al mantello, unica protezione contro il freddo, da garantire anche al povero. «La legislazione di Mosè – ricorda don Pavanello – ne legiferava l’utilizzo. E chi ne avesse avuto in pegno uno a causa di un prestito era obbligato, prima che calasse la notte, a restituirlo al proprietario perché questi potesse usarlo per ripararsi durante il sonno (Esodo 22, 25-26). La mattina seguente il pegno poteva ritornare nelle mani del creditore e così ogni giorno fino all’estinzione del debito». Praticità, ma anche eleganza, baluardo di dignità da restituire al povero, ma insieme anche splendore che stupisce: non è per forza sobrio l’abito nella Bibbia. Ed è per questo che alla fine non appare azzardato l’accostamento al mondo della moda. A patto di rileggere il vestire a partire da quella centralità della persona creata a immagine di Dio che la Scrittura annuncia. «Credo che la moda possa offrire un servizio prezioso alla società se non smarrisce questa sua radice originaria – riassume don Pavanello – il suo richiamare alla "giusta misura" del vivere. Non a caso moda deriva proprio da modus». Ma gli indumenti citati nella Bibbia possono suggerire qualcosa agli stilisti di oggi? «Alcuni paramenti sacri – ricorda nella prefazione al libro il cavalier Mario Boselli – sono divenuti fonte di ispirazione e credo che anche nel futuro la moda continuerà a trarre idee dal fecondo campo del mondo religioso ricco di simbolismi, evocazioni e suggestioni». Tenendo presente, però, che l’ispirazione più biblica probabilmente ha a che fare con qualcos’altro: «Se non ci fosse la speranza di un eterno, nulla avrebbe senso – risponde a don Pavanello la stilista Francesca Liberatore nell’intervista pubblicata a conclusione del libro –. Sarebbe inutile creare in questa vita se poi nessuno si ricordasse più di noi. Ognuno opera per offrire qualcosa ed essere per questo ricordato, ringraziato, amato. Per un’idea che lo trascende».

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