giovedì 6 ottobre 2016
Giampiero Neri: la poesia soffia dove vuole
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Garzanti ha scelto un suo libro, il libro di un «maestro in ombra», ma un assoluto maestro per i giovani, per riprendere dall’anno prossimo a pubblicare poesia con una nuova collana. Giampiero Neri ha esordito in anni in cui altri smettono di scrivere: nello spazio di un articolo i suoi quasi 90 anni non ci stanno, è evidente, anche perché l’opera è intrecciata strettamente alla biografia. Affabile, generoso, intelligente, lucido, occhi limpidi, agli occhi i segni di chi molto ha sorriso, alfiere in Italia della prosa poetica, scoperto da Raboni, ha un motto: «La poesia non si fa con la poesia». Dicono che con il tempo si facciano più nitidi i ricordi antichi: sia come sia, il prossimo libro è sull’adolescenza: Via provinciale, l’adolescenza a Erba, e anche il successivo, già in preparazione. Per il colloquio, Neri mi ha portato la copia di un’intervista esaustiva e regalato un libro su di lui. Non si sa mai. Devo dire che dell’intero colloquio mi è rimasta impressa soprattutto  una questione, quella sull’ispirazione. Per Neri, credente (ha tra l’altro lasciato l’archivio della corrispondenza alla Cattolica), «è lo Spirito Santo che opera », altro che inconscio…e la sua caratteristica riconoscibile «è la gioia che porta con sé». Lo dice senza enfasi, come senza enfasi è tutta la sua scrittura. «Mi hanno chiamato poeta architettonico – dice –. Io lo intendo nel senso del mio interesse per l’architetto Terragni. E per iI monumento dei caduti a Erba (il padre fascista è stato ucciso dalla fazione opposta nella seconda guerra mondiale, ndr): l’ho citato tante volte. Io sono nato a Erba da genitori brianzoli, pur- troppo hanno fama di gente che non vuole spendere, lavoratori e risparmiatori». «Sto lavorando al libro successivo a Via provinciale, che sarà ancora ambientato nei luoghi della mia adolescenza forse con una prevalenza di descrizioni di luoghi, i luoghi che ricordo, legati a esperienze, amicizie. Perché dopo il profesor Fumagalli, del 2012, è passato molto tempo e ho molto materiale.»Il fratello era il narratore Beppo Pontiggia: «Ho avuto un rapporto molto profondo con lui, basato soprattutto sulla scrittura (con relativo scambio di dediche nei libri, ndr). Mi apprezzava e ho imparato dalle conversazioni con lui. Io allora non scrivevo ma la letteratura mi aveva sempre interessato. In un momento di cattivo umore e superficialità ho criticato con lui “m’illumino d’immenso” e ho detto: insomma… E lui ha replicato: veramente sono due versi. E quella è stata la prima e più importante lezione. Forse ho cominciato a scrivere in quel momento».   «Perché – prosegue Neri, lo pseudonimo tratto da un personaggio di uno scontro storico – implicava di riflettere, di non giudicare superficialmente. Lo ripeteva spesso anche il professor Fumagalli: riflettere. E chi riflette appartiene agli sconfitti: colui che impara è la figura di uno sconfitto. Sulla sconfitta si riflette e nella vittoria si festeggia».E il prossimo libro?«Via provinciale continua la prosa lirica. Ci sono stati tanti segnali che mi conducevano a un diverso modo di fare poesia. Prima di tutto l’interesse per l’arte e anche Pound diceva: mi interessa l’arte e l’estasi. Per arrivare all’arte non è necessario andare a capo, è arrivare, è come in una partita: c’è chi fa gol con i piedi, con la testa, con le mani anche, se l’arbitro non guarda. L’importante – continua – è fare arte con lo scritto. Al riparo dalle formulette della poesia. Io l’arte la ritrovo anche negli scritti naturalistici di Henri-Jean Fabre, come Darwin che lo chiamava l’Omero degli insetti. Ma vedo che continua il fraintendimento principale che si possa fare arte solo con la poesia». «Finito il liceo – ricorda – mi iscrissi a scienze naturali, purtroppo nel frattempo i soldi erano finiti e ho dovuto cercarmi un lavoro,in banca». Come sta un poeta in banca?«Bene. Si può leggere, si fa della filosofia, si impara a conoscere gli uomini nei loro momenti più autentici, più veri, quando due più due deve fare quattro».Poi per quelle divagazioni che hanno i colloqui, si ritorna a parlare di Via provinciale.«C’è un filo ed è l’ambiente dove ho vissuto la mia adolescenza, dove si sono svolte le mie esperienze. È un libro di ricordi e di riflessioni su quello che è stato: felice e infelice e spero che questo venga fuori nel libro».Così come il padre, gran lettore, ha trasmesso l’amore per la lettura e i libri, così Giampiero Neri ha trasmesso l’amore per la cultura ai figli... «Mia figlia insegna Storia dell’arte a Brera e al Politecnico di Milano. È specializzata nell’arte del Novecento, ha un figlio che fa eccezione perché studia ingegneria. Mio figlio invece insegna lettere classiche al Virgilio di Milano e ha una figlia che si è laureata in filologia».Ma si ritorna subito alla poesia...«L’arte prima di tutto è un’emozione, è un piacere, è una commozione. L’arte, e i greci lo sapevano, con le tragedie fa sorridere per la contentezza che provoca. Ho in vista anche una pubblicazione a latere a Bellinzona, Edizioni Sottoscala, una scala come logo. Un gruppo dei miei scritti, Persone, ritratti di persone che ho incontrato, che mi hanno lasciato qualcosa».Un’ora è passata felicemente. Neri conclude così: «La poesia come forma si caratterizza per una particolare martellatura della parola. Questo però lascia intatto il problema dell’arte. Questa martellatura non garantisce l’arte. L’arte è come lo Spirito Santo che ti trasforma e ti dà la felicità di vivere. Cosa rimane di tutte le lacrime poetiche sull’11 settembre? Rimane della brutta poesia. Lo Spirito Santo è la new entry di qualcos’altro».
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