venerdì 6 marzo 2015
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Alcuni giorni or sono aprendo la posta elettronica del mio Ateneo, ho letto, nel resoconto dell’ultimo consiglio di amministrazione: «È stato altresì deliberato di approvare a partire dall’esercizio 2015, per il materiale bibliografico non di pregio che perde valore nel tempo, l’adozione della modalità di iscrizione “interamente a costo del valore annuale degli acquisti di volumi”». Approfondendo ho capito che questa delibera fa diretto riferimento all’art. 4 comma 1 lettera b del decreto ministeriale 19/2014 sui “Principi contabili e schemi di bilancio economicopatrimoniale per le università”. In sostanza dal presente anno l’acquisto di libri viene degradato a quello dei beni di consumo, e quindi una volta usati i libri possono essere alienati perché ormai privi di valore (e di tutela).  Tutto ciò era, sino a ieri, molto più complesso in quanto un libro (come qualsiasi altro bene inventariato) per potere essere derubricato dal registro dei beni dello Stato, doveva seguire una procedura assai complessa, e tutto ciò costituiva anche una garanzia per la sua conservazione. Questo privilegio rimane soltanto per i 'libri che non perdono valore nel corso del tempo' ma a questo punto sorge subito la domanda: 'che cosa si intende per materiale bibliografico di pregio?'. Si aprono nuovi scenari che lasciano ancora molti punti interrogativi. Bisognerà creare un nuovo Ente per la Definizione del Materiale Bibliografico di Pregio?  Personalmente dubito fortemente di tutte le valutazioni che sono dichiarate come 'algoritmicamente scientifiche', come dubito delle promesse della rete, dove le cosiddette biblioteche universali di libero accesso si dimostrano spesso come mere offerte commerciali. La cosiddetta 'rivoluzione digitale' sta cambiando le regole del gioco: sono alcuni anni che le biblioteche universitarie sono abbonate alle riviste digitali, alcuni ministri hanno più volte auspicato che gli studenti possano usare tablet e smart phone per studiare, e soprattutto si è ricevuto spesso l’invito a produrre materiale bibliografico a supporto dei corsi, da porre in internet in uso gratuito. Ma come garantire la persistenza della memoria quando tutti conosciamo la fragilità dei beni digitali? Anche se nessuno dei preziosi volumi pubblicati da Manuzio o dal Griffio subirà l’onta delle derubricazione dalla categoria 'di pregio' ciò che mi preoccupa è invece quella letteratura 'minore' (si fa per dire) che pure è linfa vitale della ricerca nelle facoltà (ahi, anche le facoltà sono state soppresse) sia umanistiche, sia scientifiche. Che dire delle biblioteche degli scienziati quando essi andranno in pensione? Che dire degli appunti redatti dagli studenti a margine dei corsi di qualche illustre professore? All’inizio del Novecento questi 'appunti' erano riprodotti su povera carta acida (ormai ingiallita) scritti a mano per mezzo di arcaiche tecniche litografiche. Per uno storico, spesso questi materiali, indubbiamente 'non di pregio' sono ora una preziosa fonte per la storia della scienza. E qui mi preme il ricordare che lo stesso Galileo Galilei, quando agli inizi del Seicento, presso l’università di Padova insegnava 'Fortificazioni', di questo corso non ci ha lasciato nulla se non gli appunti presi da alcuni suoi allievi. Che dire infine dei manuali di istruzione e d’uso delle apparecchiature scientifiche, che dai laboratori emigrano nei repositori dei musei della tecnologia? Senza il manuale ormai ogni strumento scientifico diventa un ferrovecchio incomprensibile.  Subito salteranno fuori allora, colleghi ed esperti delle più recenti tecnologie informatiche dicendo che ci sono le banche dati digitali, che sta là il nostro futuro. Ma chi mai sarà in grado di stabilire la 'pregevolezza' di un libro per poterne giustificare un futuro, magari in versione digitale? Certo ci troviamo di fronte a una sorta di 'bulimia editoriale', ma non dobbiamo cadere nell’opposto anoressico. E poi, anche nel mondo digitale dietro l’angolo c’è sempre la paura di incendi e di altre catastrofi. C’è qualcuno che se ne è mai preoccupato? Non ho ancora trovato nulla in merito agli eventuali 'estintori' di cui dovremmo munirci. Forse stanno davvero arrivando gli Anni della Fenice di cui mezzo secolo fa Ray Bradbury aveva fatto profezia.
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