mercoledì 13 luglio 2016
​L’editoria è desiderosa di riscattarsi da una crisi senza precedenti. L’Aie mette sul tavolo l'ipotesi di un trasferimento del Salone del Libro da Torino a Milano. IL CASO Indagini e arresti a Torino: è bufera sul salone
Battaglia sul futuro del Salone del Libro
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Non c’è soltanto la vicenda giudiziaria che ha portato a perquisizioni e arresti, non c’è soltanto il progressivo raffreddamento dei rapporti con l’Aie, l’Associazione italiana editori, che della manifestazione dovrebbe essere la principale alleata. La turbolenza, sempre più forte, che sta investendo il Salone internazionale del libro di Torino va ricondotta a un contesto ancora più vasto, che riguarda anzitutto il riassetto generale dell’editoria italiana. Ma va tenuto in considerazione anche il clima di incertezza – o, se si preferisce, di ripensamento – che caratterizza in questo momento il capoluogo piemontese. Il mondo dei libri, per cominciare. Al di là delle mere considerazioni quantitative, l’acquisizione di Rcs Libri da parte di Mondadori ha scompaginato gli equilibri preesistenti, avviando un processo le cui conseguenze sono, ora come ora, tutt’altro che prevedibili. Alla fine, per esempio, il colosso “Mondazzoli” dovrebbe essere un po’ meno colossale di quanto si immaginava e almeno una delle sigle di cui il supereditore dovrà disfarsi per ottemperare alle indicazioni dell’Antitrust, la blasonatissima Bompiani, è corteggiata da molti senza per questo essersi già accasata.  Nel frattempo si sono avuti traslochi eccellenti (su tutti quello di Antonio Franchini da Mondadori a Giunti) e l’impresa controcorrente della Nave di Teseo, varata da Elisabetta Sgarbi con un nutrito gruppo di transfughi Bompiani, ha rivelato un’indiscutibile intraprendenza.  L’editoria è in subbuglio, dunque, ed è desiderosa di riscattarsi da una crisi che non ha precedenti nella storia del settore. Vengono anche da qui le insistenze che l’Aie esercita da tempo sul Salone di Torino, con l’obiettivo di rendere più dinamica e incisiva la kermesse. Compito difficile per una struttura che, a sua volta, ha da poco cambiato organigramma (l’edizione del 2016 è stata la prima sotto la presidenza di Giovanna Milella) e il cui conto economico continua a essere problematico, a dispetto della costante buona risposta da parte del pubblico. L’Aie aveva dato segni di insofferenza già nel febbraio scorso, con le dimissioni del presidente Federico Motta dal consiglio d’amministrazione della Fondazione alla quale il Salone fa capo.  Poche ore dalla notizia dell’inchiesta torinese per turbativa d’asta, l’associazione degli editori è tornata a sollecitare un incontro con i vertici del Salone e intanto si è pronunciata a favore di «un modello di società per lo sviluppo di manifestazioni fieristiche ed eventi per la promozione del libro a livello nazionale e internazionale»: espressione vagamente burocratica, dietro la quale torna ad affacciarsi l’ipotesi di un trasferimento del Salone a Milano o, in alternativa, la nascita di un evento parallelo, sempre con sede a Milano.  Se ne era parlato molto anche in passato, ma allora Torino aveva dalla sua la volontà – condivisa da tutte le istituzioni – di affermare e consolidare la propria identità di città della cultura. All’indomani dell’elezione a sindaco di Chiara Appendino del M5s, questa determinazione appare  molto affievolita. E per il Salone è un altro segnale poco rassicurante. 
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