martedì 4 agosto 2015
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Per dieci anni ha condotto Zagor, il longevo “spirito con la scure” di casa Bonelli, sulle piste di ogni avventura nordamericana, si è cimentato con il giallo di Nick Raider e l’orrore quotidiano di Dylan Dog, scrive fumetti per ragazzi sulle pagine de “Il giornalino” e innumerevoli serie umoristiche. Ma il personaggio al quale più di ogni altro ha legato il suo nome è Dante, proprio il Sommo poeta, le cui cantiche della Commedia Marcello Toninelli – in arte Marcello – ha trasposto in un’edizione integrale a fumetti, in strisce, caratterizzate dalla notevole carica umoristica. «La Divina Commedia ha tutte le qualità per essere fatta, tradotta e divulgata in fumetti, comunicando suoi valori storici e morali, tipici per noi italiani»: ciò che Cesare Zavattini teorizzava già nel 1959, Marcello lo ha minuziosamente “tradotto” a disegni, portando demoni, frodi, inganni, violenze, grida e pianti di dannati e la bellezza paradisiaca di Beatrice sulle nuvole. Un’opera così ben congegnata che in un convegno a York due autori britannici han letto il saggio The underworld turned upside down: Marcello’s Divina Commedia senza che in sala nessun cattedratico si scandalizzasse.Dante a fumetti non è stato un parto a tavolino, piuttosto il frutto di un incontro.«Studente di ragioneria, mentre ascoltavo le lezioni della Commedia, mi inventavo battute su quel soggetto. Disegnare mi aiutava a non distrarmi e, data la mia inclinazione a vedere il lato umoristico delle cose, le battute mi sgorgavano naturalmente insieme agli schizzi».In principio fu il Purgatorio. Virgilio e Dante passeggiando incontrano un tizio seduto, pensoso. Dante gli domanda: “Anima, chi sei?”. Poi al sacro furore politico e religioso che ha “guidato” i passi del poeta nell’Inferno, lei ha contrapposto la sua ironia dissacrante.«In realtà Dante a fumetti può essere un aiuto a seguire meglio ambienti, personaggi e svolgimento del viaggio dantesco: da Caronte “trasportatore” sempre in ritardo, a Cesare “incallito” giocatore di dadi. E per chi lo ha già dimenticato o mai conosciuto, uno stimolo a riprendere in mano il testo».A 750 anni dalla nascita di Dante, qual è l’attualità della Commedia?«Nelle mie strisce l’attualità non manca, visto che il “gioco” narrativo-umoristico è quello di seguire passo passo l’opera originale, ma leggendola con gli occhi (e i riferimenti culturali) di oggi. Per il poema di Dante, credo che l’attualità sia duplice: da una parte, la Divina Commedia è un po’ una summa delle conoscenze culturali, letterarie, politiche e religiose dell’epoca, e dunque una “enciclopedia in terzine” del sapere milletrecentesco sempre utile; dall’altro, analizzando le sfumature e i moti dell’animo umano, da quelli più bestiali ai più altruistici e generosi, continua a parlarci del nostro essere uomini e donne anche a distanza di sette secoli».Quanto pesa il ruolo di Roberto Benigni in una riscoperta “popolare” del capolavoro dantesco?«Il comico toscano ha portato all’opera dell’Alighieri fasce di pubblico che forse mai si sarebbero fatte attirare dalle più “corrette” ma meno spettacolari letture di Sermonti. Detto questo, confesso che, dopo la lettura-spiegazione di qualche canto, ho cominciato a trovare un po’ stucchevoli le esaltazioni di ogni minima cosa: “Fantastico!”, “Bellissimo!”, “Sconvolgente!”... Qualche parte meno riuscita ci sarà anche nella Divina Commedia, no?»Dopo Dante, ha proseguito con altri classici a fumetti: il “gioco” ha funzionato?«L’idea non fu mia, ma dell’allora direttore del settimanale per ragazzi “Il giornalino”, don Tommaso Mastrandrea (don Tom), che aveva pubblicato il mio Dante. Visto il successo ottenuto dalla versione a strisce umoristiche de La Divina Commedia, mi chiese di continuare con altri grandi poemi: Iliade, Odissea, Eneide e Gerusalemme liberata. La sua convinzione era che fosse necessario far conoscere i classici della letteratura ai ragazzi, in forma di fumetto, sceneggiato televisivo o film, affinché non andassero perduti “pezzi” di cultura che non sempre a scuola vengono proposti... o studiati con la dovuta attenzione. Una riproposta in forma “intrattenitiva” consentiva che riferimenti culturali magari trascurati a scuola non andassero perduti. Basta pensare a concetti come “il tallone d’Achille” o “il cavallo di Troia”».Ora si è rivolto a I promessi sposi, il primo romanzo italiano che esce a puntate sulla rivista “Fumo di china”. È più il terrore degli insegnanti o la coscienza degli ex studenti che sui banchi non hanno strizzato l’occhio a Manzoni?«Gli insegnanti sono i primi a comprarsi i miei volumi, perché ci trovano un valido supporto per far passare meglio le opere che ai ragazzi rischiano di risultare se non indigeste, difficili. Certo, quando iniziai a fare la mia versione umoristica della Divina Commedia (ora in tre volumi cartonati editi da Cartoon Club Editore, ndr) mi rivolgevo idealmente, cercandone la complicità, agli studenti che si erano scontrati con le difficoltà del testo dantesco (non è un caso se uno dei tormentoni di maggior successo della mia trasposizione è quello relativo al «vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole»), ma dopo la pubblicazione su “Il giornalino” ho incontrato tanti giovani che dicono di essersi innamorati dell’Alighieri sulle mie strisce, scegliendo poi di farne il centro del loro percorso di studio. Anche “I promessi sposi” sono un bellissimo libro che pure io, lo confesso, ho scoperto più grazie a una lettura radiofonica che non ai capitoli studiati a scuola, e spero che la mia versione parodistica spinga più d’un lettore alla riscoperta dell’opera originale». È riuscito ad esportare la sua versione della Commedia anche all’estero. Con quale accoglienza?«Ottima. L’edizione norvegese dell’Inferno (voluta dalla traduttrice Bodil Moss), presentata a un concorso indetto dal locale Ministero della Cultura, è stata scelta tra centinaia di libri per essere distribuita gratis in tutte le biblioteche della Norvegia».
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