mercoledì 6 gennaio 2016
​L'autobiografia postuma del sacerdote passionista che fin dagli anni 50 aveva lavorato alla pace in Irlanda del Nord.
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Quando il revedendo Paisley scese a patti sulle caramelle
Nei suoi sermoni il reverendo Ian Paisley ha sottolineato per anni gli errori di Clonard e nel corso dei suoi raduni alla Ulster Hall di Belfast ci ha lanciato una sfida dopo l’altra. Possiamo dire che il lavoro ecumenico svolto a Clonard in quegli anni [fine anni ’60, ndr] gli è servito in un certo senso per raggiungere la popolarità. I suoi sermoni carichi di odio hanno portato i protestanti dell’Irlanda del Nord a considerarlo un uomo tutto d’un pezzo nel quale identificarsi, un portavoce che mai avrebbe tradito la loro causa. Un giorno stavo tornando dall’ospedale, dov’ero stato a visitare alcuni malati, quando lo incontrai sulla Lisburn Road. Si fermò e si mise a guardarmi, poi mi affrontò dicendo che avevo bisogno di convertirmi davvero al Signore Gesù Cristo. Soltanto in quel modo, mi fece notare, avrei trovato finalmente la gioia e la pace. Ma non lo fece pacatamente, oh no! Se ne stava dall’altra parte della strada, in mezzo ai passanti, e cominciò ad alzare la voce, ad agitare le braccia. Inveiva contro di me citando i suoi soliti testi delle Scritture. Gli chiesi di smetterla di farmi la paternale. Gli dissi che lo stava facendo solo per attirare l’attenzione della gente per la strada, e che si stava sbagliando sul mio conto. «Mio caro signore», gli dissi, «sono molto felice di essere come sono». «Fratello», grugnì lui, «la tua è falsa felicità!». Qualunque cosa dicessi, l’avrebbe avuta vinta lui. Come potevi mai discutere in modo ragionevole con una persona del genere? Io dovevo accettare le sue parole, ma lui non avrebbe accettato le mie. Alla fine mise da parte la voce insistente e predicante che aveva usato per il mio bene per ritornare al suo solito tono di voce. Fu come un improvviso calo di tensione! Teneva in mano un sacchettino di caramelle: prima che arrivassi io stava evidentemente assaggiandone il contenuto. Osservò le caramelle e mi guardò. «Non so se te ne darò una», disse, porgendomi il sacchetto aperto. Io sorrisi e provvidi a ridurne il numero. Ai tempi bui del West, gli Indiani avevano l’abitudine di fumare il calumet della pace coi loro nemici. Allo stesso modo, sulla Lisburn road di Belfast, io assaporai la dolcezza della pace con Ian Paisley. Ho sempre considerato quella condivisione di caramelle il suo primo, vero gesto ecumenico.
Daniel Cummings
 
Era il 1942 e la guerra stava devastando l’Europa, quando padre Daniel Cummings decise di lasciare il suo incarico al seminario redentorista di Galway per unirsi all’esercito britannico in qualità di cappellano militare. Avrebbe trascorso il resto del conflitto insieme al Terzo Battaglione delle Guardie irlandesi, in mezzo a suoi connazionali di ogni estrazione e credo politico, contadini cattolici e membri dell’aristocrazia anglo-irlandese di religione protestante. Vide uomini che provenivano da contesti sociali differenti, spesso ostili tra loro, imparare a fidarsi gli uni degli altri, e lottare fianco a fianco per cercare di sopravvivere.
 
La memoria di quegli anni terribili fece maturare in lui il profondo desiderio di portare quell’esperienza di tolleranza e aiuto reciproco anche nel suo Paese. Nel 1947 fu uno dei fondatori della prima missione 'per non cattolici' che aprì presso il monastero redentorista di Clonard, in uno dei quartieri più derelitti di Belfast. È così che venne gettato il primo, pionieristico seme di un grande movimento ecumenico che nei decenni successivi avrebbe avuto un ruolo decisivo anche nel lungo processo di pace dell’Irlanda del Nord. Quella di padre Daniel Cummings è una storia straordinaria che riemerge con forza dalle nebbie di un passato ormai lontano, attraverso la sua autobiografia postuma da poco data alle stampe: Rest and be thankful. Autobiography of a Belfast missionary. Una vicenda che è stato finalmente possibile riscoprire grazie a Rosemary Doherty, la nipote di Cummings, che ha lavorato a lungo al vecchio manoscritto e agli appunti lasciati dallo zio (morto nel 1977), facendo infine arrivare il volume in libreria. Fu lui a chiederle espressamente di non rendere pubblica l’opera fino a quando la situazione politica non si fosse definitivamente stabilizzata. Oggi, a quarant’anni di distanza, il libro rappresenta uno straordinario documento storico sul nostro recente passato. 
 
Cresciuto in un’area di Belfast a maggioranza protestante, Daniel Cummings era ancora un bambino quando i violenti scontri settari in corso in città costrinsero la sua famiglia ad abbandonare la propria casa e a trasferirsi in un quartiere a maggioranza cattolica, nei pressi del monastero di Clonard. Erano i primi anni ’20, e la divisione artificiale dell’Irlanda decisa dagli inglesi contro il volere della popolazione locale innescò una delle prime forme di pulizia etnica in Europa. Cummings si avvicinò giovanissimo ai redentoristi, entrando in seminario all’età di 15 anni. Si spostò prima a Limerick, poi a Galway, finché non fu inviato come missionario nelle Filippine. Quando scoppia la guerra ha già fatto ritorno in Irlanda, e si sta dedicando allo studio e all’insegnamento. Lascia tutto per unirsi all’esercito, come cappellano militare. I racconti della vita quotidiana dei soldati e dei civili durante gli anni del secondo conflitto mondiale occupano una parte consistente della sua autobiografia. Il 6 giugno 1944 prende parte allo sbarco degli Alleati in Normandia, poi entra a Bruxelles al seguito dell’esercito britannico nei giorni in cui la città viene liberata dai nazisti. In quei mesi trascorre gran parte del suo tempo negli ospedali, prendendosi cura dei feriti e confessando i prigionieri, grazie alla sua conoscenza del tedesco. Per oltre un anno, dopo la fine della guerra, porta conforto agli uomini liberati dal campo di concentramento di Bergen-Belsen. Tra i reduci del lager incontra anche un confratello redentorista tedesco che gli dona una splendida scultura in legno che lui stesso aveva realizzato.
 
È una statua alta circa un metro, che ritrae san Gerardo Maiella con una croce e un rosario in mano ed è ancora oggi conservata all’interno del monastero di Clonard. Di ritorno nella sua Belfast, padre Daniel trova una città trasformata radicalmente dalla guerra: cattolici e protestanti avevano combattuto gli uni accanto agli altri e molti di loro, durante i raid aerei nazisti, si erano rifugiati insieme nella cripta di Clonard. Il Dopoguerra, dal suo punto di vista, porta speranze di riconciliazione che vanno ben oltre la semplice ricostruzione materiale, e che lo spingono a impegnarsi nella coraggiosa impresa della 'missione per non cattolici' di Clonard, al fianco del rettore dell’epoca, padre Gerry Reynolds. Un lavoro che già nelle domeniche di Quaresima del 1948 gli fa incontrare per la prima volta un giovane ministro presbiteriano di nome Ian Paisley, che nei decenni seguenti dominerà la scena politica irlandese facendosi conoscere come un predicatore fanatico dal linguaggio incendiario, ferocemente anti-cattolico e nemico di ogni compromesso. Cummings racconta che fin dai primi anni il reverendo Paisley mostrò grande interesse per l’attività svolta a Clonard, e in più occasioni fece intervenire i suoi seguaci agli incontri che si tenevano nel monastero di Belfast. In pubblico rivolgeva violenti attacchi all’iniziativa dei redentoristi, eppure padre Daniel ebbe comunque modo di percepire una forma di stima e di rispetto nei suoi confronti. Molti anni dopo, al crepuscolo della sua vita, Paisley si sarebbe infine convertito da leader intransigente a statista aperto al dialogo. Fu una svolta decisiva che, considerato il suo grande peso politico, sbloccò definitivamente la pace in Irlanda del Nord. Cummings ne aveva già colto le prime avvisaglie all’inizio degli anni ’70.
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