mercoledì 12 agosto 2015
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 La scoperta del “pianeta Chesterton”, audace avventura intrapresa di nuovo da spavaldi editori italiani da circa dieci anni, conosce ora un nuovo avvincente capitolo con la pubblicazione dei testi e delle discussioni che lo scrittore inglese fece alla radio, per i microfoni della BBC, a partire dall’autunno del 1932 fino alla sua morte avvenuta nel giugno del 1936. Il merito va all’editore calabrese Rubbettino che ha appena pubblicato una breve raccolta, inevitabilmente parziale ma già capace di regalare al lettore di oggi il “sapore” delle chiacchierate radiofoniche di Chesterton che furono, nell’autunno della sua parabola biografica, un’altra scoppiettante luce fuoriuscite dal poliedrico genio dell’inventore di padre Brown. Inizialmente la presenza in radio doveva essere per un periodo di soli tre mesi, ma visto il successo il progetto proseguì a oltranza; la BBC chiese allo scrittore di impostare le trasmissioni sulle recensioni di alcuni libri, ma si finì inesorabilmente, con Chesterton questo è inevitabile, per “spaziare” e andare molto al di là della semplice recensione. Il volume, efficacemente introdotto da Marco Sermarini (presidente della Società Chestertoniana Italiana), e tradotto e curato con la solita perizia da Annalisa Teggi, pur offrendo un semplice spaccato di questi testi, cerca di dare al lettore un panorama completo del tipo di argomenti trattati e dello stile discorsivo, tenendo come pilastri due grandi temi: la libertà e l’educazione dei figli. Gli altri contributi, eterogenei per argomento, hanno la caratteristica della tipica passeggiata chestertoniana che porta a casa: a partire da qualsiasi tema (eventi, libri, storia) l’oratore è capace di dissotterrare sempre un argomento “caro e dimenticato” all’uomo, di ridestare il senso comune, la ragione, l’ironia. La puntata registrata nel periodo natalizio, per esempio, comincia dai battibecchi tra parenti durante il pranzo di Natale e finisce sul tema della carità: «La confusione non è semplicemente dovuta al peccato dell’ira, cioè al fatto che la gente perde la pazienza nei confronti degli altri. È anche dovuta al peccato dell’accidia, cioè al fatto che la gente non si sforza di ascoltarsi reciprocamente, o di prestare attenzione a ciò che reciprocamente viene effettivamente detto. La mia prima conclusione, dunque, è che l’accidia, l’accidia intellettuale, così come la pura ira emotiva, sono i grandi nemici moderni della carità». C’è poi la puntata dedicata agli “eventi della settimana”, topos classico e forse stantio del giornalismo, ed ecco che nelle mani del romanziere si trasforma in un racconto sorprendente e magico, intitolato Fatica settimanale, in cui emerge il Chesterton più genuino che scherza sulla premura di essere sempre aggiornati sulle ultime novità: «Cos’è davvero successo negli ultimi sette giorni e notti?». La risposta fa emergere una semplice verità universale: «Per sette volte ci siamo dissolti nel buio, come quando ci dissolveremo nella polvere; il nostro stesso essere, per quanto ne sappiamo, è stato spazzato via dal mondo delle cose viventi, e per sette volte ci siamo risvegliati vivi come Lazzaro, ritrovando tutte le nostre membra e i sensi inalterati, allo spuntar del giorno. Il semplice fatto del sonno è quasi il perfetto esempio di ciò a cui mi riferisco. È qualcosa di gran lunga più sensazionale di tutti i fatti e le bugie che leggiamo sui giornali». E poi c’è il Chesterton polemico e apologeta, che sfida e viene sfidato dagli intellettuali dell’epoca e intreccia formidabili duelli dialettici, non per il gusto della dialettica, ma per l’amore della verità. E quindi i due temi fondamentali, la libertà (collegata al cattolicesimo) e l’educazione dei figli, splendido il dibattito con Bertrand Russell, temi entrambi che non sono certo datati o relegabili solo agli anni 30. Polemico certo ma sempre empatico; è questo il bello di Chesterton che traspare anche dai vivaci dibattiti alla radio, anche perchè questa era la precisa volontà dello scrittore che, come ricorda Sermarini nell’introduzione, chiese alla moglie e alla segretaria Dorothy Collins di essere presenti sempre accanto a lui nella stanza in cui registrava, a conferma sia del fatto che «doveva parlare a qualcuno di concreto», sia del fatto che si rivolgeva al pubblico come se parlasse a quelli di famiglia. E l’obiettivo è stato raggiunto, come riporterà la biografa Maisie Ward: «Il giorno dopo la sua morte Edward Macdonald (collaboratore di Chesterton) passò davanti al negozio di un barbiere più in là di Chancery Lane. L’uomo stava insaponando il viso di un cliente ma riconoscendo Macdonald lasciò il cliente e corse fuori col pennello in mano. “Voglio solo dire che mi è dispiaciuto di sentire la notizia”, “era un grande uomo”. Macdonald gli chiese se conoscesse Chesterton. “Mai letto una parola di quello che ha scritto' rispose il barbiere 'ma lo ascoltavo sempre per radio. Sembrava che stesse seduto a fianco a me nella stanza”».
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