domenica 1 giugno 2014
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​Quali sono le luci e le ombre dell’architettura religiosa dopo il Concilio? In “Monditalia”, in cui sono impegnati anche i settori danza, musica, teatro e cinema, non poteva mancare una ricerca sull’architettura sacra. Con la curatela di Marco Sammicheli, di don Giuliano Zanchi, di chi scrive, e con la collaborazione di Francesca Cipullo (Art director installazione e grafica), la sezione ha tracciato, sia pure per rapide linee, tra le innumerevoli realizzazioni sorte dopo la riforma liturgica del Concilio Vaticano II, i profili di un panorama caratterizzato da luci e da ombre, da aperture e da forti resistenze. Attraverso alcuni esempi puntuali, ha cercato di rendere conto di fenomeni ben più ampi e complessi, premiando ricerche sviluppatesi in modo particolare in contesti periferici o in luoghi nei quali il culto cattolico è espressione di una minoranza. Il lavoro ha cercato di proseguire il cammino post-conciliare, oggi ampiamente studiato, intrapreso dalle diocesi di Milano, Torino e Bologna, con una mappatura che, partendo da Bergamo, ha coinvolto tutta la penisola. Sono così stati considerati il caso della chiesa del Sacro Cuore Immacolato di Maria a Brembo di Dalmine in Provincia di Bergamo (PBEB architetti), consistente in una vera e propria riqualificazione dello spazio, dove i volumi puri di una chiesa/fabbrica degli anni Cinquanta vengono trasformati, con grande sapienza, oppure il caso di Sedrina (Bergamo) dove, nella chiesa cinquecentesca di San Giacomo Maggiore, l’arte contemporanea dimostra di integrarsi nello spazio, attraverso il lavoro di Mario Airò e Stefano Arienti. Una riorganizzazione dei poli celebrativi è stata compiuta anche con l’adeguamento liturgico della cattedrale di Reggio Emilia, dove sono stati coinvolti artisti contemporanei (Claudio Parmeggiani per l’altare, Ettore Spalletti per il candelabro e Hidegoshi Nagasawa per l’ambone) che hanno compiuto un vero e proprio percorso biblico e teologico per la realizzazione delle loro opere: una scelta originale che ha aperto un vasto dibattito tra i critici e all’interno della comunità.Altri esempi considerano le esperienze di chiese realizzate oltre i confini nazionali che nascono per piccole comunità. Così, la chiesa di Maria Ausiliatrice di Adua di Luigi Caccia Dominioni, reinterpretando in Etiopia i tipici edifici vernacolari locali e integrandosi perfettamente nel paesaggio, si rivela all’interno come luogo di grande raccoglimento e suggestione, attraverso l’uso della pietra rosa e del legno. Talvolta, la pittura può trasfigurare lo spazio. È questo il caso di Chiesa Nostra Signora del Rosario a Doha(Qatar), dove lo spazio appare dipinto dalla luce. La pittura monumentale si diffonde con colori dai toni azzurri che arrivano al bianco e al rosa per poi accendersi nei gialli. Il pittore lombardo Valentino Vago realizza un immenso spazio luminoso di totale calma, sospensione. Un caso a parte è la figura di padre Costantino Ruggeri. Con la chiesa di Santa Maria Regina del Creato di Barbagelata di Lorsica (Genova), le esperienze del dopo Concilio prendono forma in un progetto, che ha cercato di dare risposte concrete alle domande di trasformazione di una comunità. Si avverte nell’architettura lo slancio dei primi entusiasmi conciliari. Aprirsi alla città e ai servizi di accoglienza è il segno del progetto di Sandro Pittini, con la chiesa di San Lorenzo Martire a Rualis di Cividale del Friuli (Udine). Il progetto prende qui forma in un’aula liturgica, disegnata per inserirsi in un insieme preesistente di luoghi comunitari di cui essa diventa il completamento.Nella sezione sono poi presenti alcuni casi che suscitano riflessioni e interrogazioni diverse per le soluzioni proposte. La scelta di includere queste architetture, di autori noti o con una consuetudine col tema del sacro, apre un’ampia discussione. Così, la chiesa della Madonna della Pace a Valenza (Terni), realizzata da Paolo Portoghesi, mostra come non sia sufficiente tradurre didascalicamente in strutture architettoniche elementi allegorici, come la forma stellare, perché lo spazio diventi simbolico, denso di senso. Allo stesso modo, il santuario di San Francesco di Paola a Paola (Cosenza) di Sandro Benedetti mostra la grande difficoltà di molti edifici religiosi contemporanei di inserirsi nel paesaggio e di dialogare con l’architettura antica. Infine, il caso della chiesa di Santa Maria della Presentazione a Roma disegnata dallo Studio Nemesi, nelle sue esigenze di polivalenza e nella brutale spregiudicatezza hi-tech, sembra venire meno alle ragioni di un’architettura religiosa, dimenticando la chiarezza di un segnale urbano. Di certo, alla fine della sezione sorge un interrogativo: quale architettura sacra è possibile realizzare per il futuro?
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