venerdì 22 luglio 2016
Al festival “Naturalmente pianoforte” la cantante propone le sue interpretazioni degli spartiti che anticiparono la modernità (24 luglio). A questo repertorio fra Otto e Novecento l’artista ha già dedicato un album e concerti con orchestra. (Andrea Pedrinelli)
Il viaggio di Alice alle radici della canzone
COMMENTA E CONDIVIDI

«Oggi bisogna scegliere da che parte stare, se vogliamo essere costruttori oppure distruttori». È accomiatandosi, che Alice col consueto sorridente pudore – ma non certo in modo casuale – lancia all’interlocutore la frase più importante dell’intera chiacchierata: parole mirate a stimolare chi vive il travagliato tempo presente, ma pure dichiarazione d’intenti da lei perseguita sin da quando decise di essere davvero artista. Cioè dagli albori degli anni Ottanta quando, chiusisi i contratti che col vero nome di Carla Bissi l’avevano portata anche a Sanremo, la signora iniziò con il nome d’arte una carriera di rigoroso profilo: decollata anche in Europa nel pop alto di Prospettiva Nevskij o I treni di Tozeur e poi sfociata in numerosi progetti di ricerca, mai però snob. 

Alice sceglie ora come allora di stare dalla parte di chi reagisce al degrado, e come sempre lo fa dando senso al suo mestiere nel proporvi nuovi orizzonti. Accadrà nel concerto pensato apposta, nonché unico, che terrà domenica prossima al festival “Naturalmente pianoforte”, rassegna che in questi giorni raduna nell’aretino, a Pratovecchio Stia, artisti disparati (Gaetano Liguori, Sasha Pushkin, Morgan, Wim Mertens, Roberto Cacciapaglia, Mario Mariani, Roberta Di Lorenzo) fra luoghi storici, giardini, concerti all’alba e pianoforti per le strade. Accompagnata dal pianista Michele Fedrigotti, Alice in Toscana tornerà a un vecchio snodo della sua ricerca: l’interpretazione degli spartiti che anticiparono la forma-canzone a noi nota nel genio di Satie, Villa-Lobos, Fauré, Ravel, Montsalvage, Ives, Saint-Saëns. A quel repertorio fra Otto e Novecento l’artista ha già dedicato un album nell’88 ( Mélodie passagère) e sei anni dopo una serie di concerti con orchestra detti “Art et decoration”; adesso riparte da qui, con quel titolo del ’94, per ragionare sull’arte quale stimolo alla costruzione di una diversa società civile.

Così Alice presenta il concerto di domenica: «È figlio di una ricerca quasi trentennale mirata a ritrovare le radici, soprattutto, e scoprire dove è nato ciò che oggi è la canzone». Poi spiega quanto ha imparato studiando tale repertorio: «Anzitutto non ho potuto che capire quanto Satie, Fauré, Ravel abbiano composto pagine da tenere vive. E queste pagine per me sono state poi motivo di crescita vocale, nella misura in cui le interpreto in modo leggero e non con impostazione da contralto o mezzosoprano come accadeva quando le scrissero. È un approccio diverso che dona nuove possibilità anche al canto pop». Come accennato sopra, però, il concerto aretino sarà un incontro fra passaggi distanti della ricerca. «È vero, soprattutto è un’opportunità: non avevo affatto accantonato il discorso, ma ci voleva un invito come questo per avere una vera occasione di riprenderlo e, spero, arrivare a farne un altro album. Il disco dell’88 lo basai sui tre autori citati prima, Fauré, Satie e Ravel, poi il repertorio lo arricchii nel ’94 con la sinfonica Toscanini aggiungendovi Ives e altri. Ora farò una versione concentrata dei due momenti, sempre con Fedrigotti al piano ma stavolta lasciando spazio anche al suo solismo. Eseguirà composizioni di Chopin e le Gymnopédies di Satie». Par di capire dunque che i suoi fan possano stavolta sperare di non attendere anni, come spesso accaduto, prima di un suo nuovo album? «Esatto», ride. «Anzi, dall’ultimo Weekend del 2014 ho scritto pure molti brani nuovi, e a breve un lavoro vedrà la luce comunque». Tentando ancora la carta-Sanremo per avere visibilità? «Guardi, Sanremo e la visibilità per me sono cose differenti. Il primo non mi interessa anche se mai dire mai, mentre avere visibilità video mi piacerebbe: ma è difficile, con l’aria che tira per la musica».

E che aria tira, secondo Alice? «Non penso – riflette – che la forma-canzone stia morendo. In fondo, tutto si trasforma. Però certo per quanto mi riguarda è sempre più stretta: cerco qualcosa più di tre minuti, voglio esprimermi oltre certi schemi pur restando sempre nel pop. E soprattutto cerco sempre il contenuto, anche i brani di Art et decoration li ho scelti per quello: che qui coincide con qualità della forma ma su testi di Verlaine o Baudelaire o i meravigliosi nonsense di Satie». Prima della Toscana Alice sarà oggi a Mantova con Franco Battiato, nel loro lungo tour che si chiuderà lunedì a Grugliasco e il 31 a Taormina. «E che è esperienza preziosa», rimarca lei. «Ho visto quanto le persone amino lui, me e la coppia in un’atmosfera di partecipazione e gioia che diventerà disco dal vivo nel prossimo autunno». Ma cosa significa oggi essere artisti? Di recente Alice ha dichiarato che in tempi violenti come questi il dovere è elevarsi: cioè? «Contribuire a superare il degrado è un concetto che vale per chiunque, ma certo la musica ha una forza tutta sua e può trasmettere appunto molti contenuti: però perché riesca a farlo davvero e in che direzione dipende da due cose. La consapevolezza dell’artista e quanto vuole condividere con gli altri. È chiaro che non si arriva alle grandi masse, facendo la scelta di elevare il livello: però facciamola. Trasmettiamo profondità, perché ora è davvero necessario scegliere di costruire e non continuare a distruggere ».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: