venerdì 25 luglio 2014
Stati generali a Napoli. Passi avanti nella repressione e nei controlli, ma servono più risorse. E dei preventivati 800 militari specializzati ne sono arrivati solo 100. Urgente tutelare cittadini e territorio. VAI AL DOSSIER
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Ad un anno di distanza dalla sottoscrizione del Patto per la Terra dei Fuochi, che presto si spera di non dover più qualificare con questo termine negativo e doloroso, di nuovo a confronto ieri in Prefettura a Napoli istituzioni,  movimenti, comitati coinvolti nella salvaguardia dell’area compresa tra la provincia Nord di Napoli e quella Sud di Caserta, ampliata in seguito fino all’area del Nolano. Soprattutto si sono incontrate le forze schierate a difesa di chi vi abita, una popolazione di oltre due milioni. L’attenzione del vertice è stata puntata sulle tre direttrici che da qualche tempo caratterizzano gli interventi, oltre che le richieste e le proteste: salute, cittadini e bonifiche. La Prefettura e le forze dell’ordine evidenziano i progressi compiuti sul fronte della repressione e dei controlli, i Comuni chiedono maggiori risorse, le associazioni lamentano una sostanziale immobilità, pur apprezzando gli sforzi compiuti per arginare il fenomeno. Tutti sono comunque d’accordo a mantenere il tavolo di confronto e a potenziare il Patto. Luci ed ombre dunque. Il viceprefetto Donato Cafagna, incaricato dal governo per la Terra dei fuochi, sottolinea come «in un anno sia cambiata la consapevolezza» e come ci sia stato «un salto di qualità dal punto di vista della responsabilità nella gestione del territorio da parte degli enti locali e un rafforzamento complessivo delle attività di contrasto da parte delle forze dell’ordine e, dal 7 aprile, anche con il concorso dell’esercito». Sulla presenza dei militari, appositamente addestrati per il controllo in questa precisa porzione del territorio campano, c’è dissenso poiché degli 800 soldati previsti ne sono giunti solo 100. Una "disattenzione" rimediabile. Preoccupa invece la progettata soppressione del Corpo della Guardia Forestale prevista nell’ambito del progetto di ristrutturazione della Pubblica amministrazione: un ddl già approvato dal Governo. «Ciò vuol dire che se le commissioni parlamentari daranno il via libera, il ddl si trasformerà in legge delega al governo ed entro un anno il Corpo Forestale dello Stato non ci sarà più», scrive sul suo profilo on line il generale Sergio Costa, comandante regionale campano della Forestale e uno dei protagonisti di Terra dei Fuochi. E invita a scrivere al premier Renzi «che non concordate sul progetto» e per «aiutare il Corpo Forestale dello Stato». Appello accolto già dal presidente della commissione Ecomafie alla Regione Campania, Antonio Amato: «È un favore alle ecomafie. In Consiglio abbiamo presentato una mozione per dotare il Corpo Forestale degli organici e dei mezzi sufficienti a garantire la dovuta tutela ambientale».Restano le difficoltà della Terra dei fuochi. Lo stesso Cafagna chiede di intervenire anche sul «governo di fenomeni come la raccolta di rifiuti speciali e solidi urbani e sul controllo di attività illegali per far riemergere il lavoro nero». Un’operazione sintetizzata in un Piano composto da sette punti, con il quale si chiede anche un maggiore impegno agli enti locali. Ma l’Anci lancia l’allarme: «Più coerenza e meno slogan», il commento del presidente regionale Francesco Paolo Iannuzzi. «Occorrono risorse per rafforzare i controlli e per fare sensibilizzazione a partire dalle scuole». Ancora più critico il punto di vista dei comitati e delle associazioni. «Da quello che vediamo sul territorio è cambiato molto poco», spiega Angelo Ferrillo, responsabile dell’associazione La Terra dei fuochi, che propone «di istituire un numero verde dedicato con delle "sentinelle" sul territorio che facciano delle segnalazioni certificate». L’oncologo Antonio Marfella, dell’Isde Medici per l’ambiente, riconosce i punti di contatto con la prefettura sulla questione dei rifiuti speciali, ma chiede che si lavori maggiormente per «agevolare l’emersione dall’illegalità delle attività produttive, perché se si interviene solo sul fronte del contrasto la Terra dei fuochi non si spegnerà mai. Il problema – ragiona – va affrontato partendo dalla questione economica, sociale e del lavoro».
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