venerdì 10 maggio 2013
Prestito della speranza per le zone ferite dal terremoto. Diventa nuovo segno di speranza lo strumento finanziario pensato per facilitare l’accesso al microcredito da parte di persone e piccole attività artigianali e commerciali in difficoltà.
L'INIZIATIVA Il microcredito che fa respirare le famiglie
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«Il nostro territorio soffre la crisi come tutti. Ma in modo particolare il dramma del terremoto, che poco meno di un anno fa ha messo in ginocchio persone, chiese e attività produttive». Le parole del direttore Caritas di Mantova, Giordano Cavallari, ieri mattina hanno abbattuto ogni confine politico. E si sono fatte voce di un intero popolo. Quello segnato dal sisma, evento che il 20 e il 29 maggio 2012 ha devastato gran parte dell’Emilia e il basso Mantovano, allungando i suoi tentacoli fino al Rodigino. E danneggiando anche diocesi relativamente lontane dall’epicentro, come quelle di Cremona e perfino Lodi. Ma, soprattutto, le sue parole hanno introdotto il rilancio di uno strumento scaturito nel 2009 dalla sinergia della Cei con l’Associazione bancaria italiana (Abi): il «Prestito della speranza». Un meccanismo per facilitare l’accesso al microcredito da parte di persone e piccole attività produttive in difficoltà. Un’occasione che nella pianura padana squassata dai sussulti della terra diventa più che mai segno di speranza e opportunità per ripartire. L’idea di questo strumento, spiega don Andrea La Regina, responsabile dell’iniziativa per Caritas Italiana, è nata nel 2009, «quando le banche erano fortemente attaccate dai media come principali responsabili della crisi. Attraverso il nuovo progetto, la Cei ha voluto anche riconoscere, e far conoscere, il ruolo sociale che gli istituti di credito possono avere sul territorio per ridare dignità alle persone». Da qui, a distanza di 3 anni, l’appello ai soggetti finanziari: «Investire in capitale umano e sociale» per individuare quelle «potenzialità» che si nascondono «anche in situazioni traballanti». In parole povere, una raccomandazione perché le banche limitino al massimo il rigetto delle domande di credito loro proposte nelle modalità dell’accordo tra la Cei e l’Abi. Un problema tutt’altro che secondario. Lo conferma Livio Gualerzi, presso la Cei responsabile della gestione finanziaria: «Delle 2.288 domande non andate a buon fine, solo 157 sono state respinte dalle varie Caritas diocesane. Ora speriamo che le 1.047 ancora in istruttoria possano trovare in gran parte un esito diverso». E sempre lo stesso ricorda che «l’accordo tra Abi e Cei sottoscritto nel maggio 2009, a dicembre 2010 è stato superato da una nuova e più favorevole pattuizione». Per esempio, in grado di assicurare credito anche alle piccole aziende e non solo alle famiglie.E «da questa seconda fase – incalza il responsabile – le 193 Caritas aderenti al progetto hanno raccolto 6.038 domande per un totale di 40.385.285 euro. Di queste, come detto, ne sono andate a buon fine solo 2.703. Così, in concreto, abbiamo erogato 17.149,664 euro».Intanto, gli occhi sono puntati al prossimo dicembre, quando scadrà l’accordo Abi - Cei. «Allora – conclude Gualerzi – alla luce dell’esperienza maturata la Chiesa italiana deciderà il da farsi».
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