lunedì 24 settembre 2012
Il Comune di Pomigliano d'Arco (Napoli) nega fondi alle Figlie di Maria, domani la protesta pacifica. Le religiose hanno deciso di non aprire il portone che consente l’accesso all’asilo comunale e agli uffici delle assistenti sociali. L’amministrazione minaccia: è interruzione di pubblico servizio.
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​Domani sarà un giorno difficile per Pomigliano d’Arco, la città campana nota soprattutto perché sede di uno stabilimento Fiat. Sostenute dalle famiglie, le suore Figlie di Maria Ausiliatrice non si arrenderanno alle azioni prevaricatrici dell’amministrazione comunale, dove da oltre un secolo operano crescendo generazioni di pomiglianesi. Suor Margherita, la direttrice lo dice con la pacatezza e la risoluzione di un Don Bosco. Il sindaco Raffaele Russo e la giunta comunale, senza dare spiegazioni, hanno tagliato i finanziamenti e si rifiutano di rinnovare la convenzione con l’Istituto, indifferenti al bene della collettività. Pressioni non nascoste per spingere in realtà le suore, senza più sostentamento, ad andare via e a lasciare l’edificio libero per chissà quale progetto. La contesa ruota intorno al portone dell’Istituto che domani mattina resterà chiuso impedendo l’accesso al cortile dove sono la scuola comunale per l’infanzia e gli uffici per le assistenti sociali. Sarà possibile entrare solo dal varco che dà sul prospiciente giardino pubblico.  Nei decenni passati, spiega l’avvocato Rosaria Elefante, le Figlie di Maria Ausiliatrice hanno venduto al Comune diversi terreni, compreso quello dove sorge la villa comunale, e una parte dell’edificio, che ospita ora i 90 bambini della scuola per l’infanzia e gli uffici delle assistenti sociali. Il cortile invece è proprietà delle suore che aprono e chiudono il portone per consentire l’accesso alle parti comunali. Ogni pomeriggio il cortile diventa oratorio e si anima delle voci e delle facce di 600 bambini e ragazzi, tra i più poveri e disagiati della città. Per i piccoli e le loro famiglie è tutto gratis, solo chi può offre dieci euro nell’anno. Il primo pensiero di suor Margherita è proprio per i bambini: «Che ne sarà di loro?», chiede e la sofferenza e l’agitazione traspaiono dalla sua voce. Le cinque suore, i volontari e gli operatori con l’oratorio riescono a strappare i bambini alla strada e a tenerli per un po’ lontani dalle famiglie, spesso più pericolose e devianti. Tante le attività organizzate, i laboratori attrezzati. Dal doposcuola alla ludoteca ai corsi di ricamo, dalla danza allo sport, al canto, al corso di maquillage. Tutto è pensato per educarli, secondo il carisma di Don Bosco, «ad essere buoni cristiani e onesti cittadini». Nella sfida che il Comune ha lanciato alle suore saranno i bambini le principali vittime, secondo un’aritmetica che lascia poco spazio alla speranza. Le attività dell’oratorio costano alle suore 50mila euro all’anno, 84 euro a bambino. La convenzione del Comune «con l’Istituto Don Bosco per attività di guardiania e servizi sociali a favore di minori e famiglie disagiate» fino al 2009 prevedeva un finanziamento di 20mila euro all’anno per il passaggio e per le attività sociali svolte dalle suore. «A voler essere precisi - chiosa Rosaria Elefante - il solo passaggio per il cortile costerebbe, secondo le tabelle ufficiali, tra i 20mila e i 30mila euro all’anno». La situazione è precipitata quando, e sono già tre anni, l’attuale amministrazione ha bloccato i fondi. A vuoto diversi appuntamenti, soprattutto con il sindaco; finalmente il Comune, in sostituzione della convenzione, chiede alle suore di presentare un progetto per il quale prevede un finanziamento di 13mila euro. Solo a parole perché nel bilancio comunale 2012 sono invece stanziati a questo scopo appena 4mila euro, ossia 15 centesimi a bambino. Condizioni impossibili che hanno portato a protestare con la legittima scelta di far rimanere chiuso il portone, nonostante la diffida e la denuncia del Comune per una inesistente interruzione di pubblico servizio.
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