venerdì 28 novembre 2014
Indagine della Camera: il 17,6% degli studenti lascia. «Azzerare tutta la dispersione scolastica avrebbe un impatto sul Pil fra l’1,4 e il 6,8%».
Disertare non si può di Eraldo Affinati
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​«Non è accettabile, in una democrazia come la nostra, che oltre il 17% dei giovani abbandoni il ciclo scolastico...». La presidente della Camera, Laura Boldrini, commenta così i dati dell’indagine conoscitiva della commissione Cultura e Istruzione di Montecitorio, presentata ieri: «Non ci sarà crescita nel nostro Paese – afferma – se non saranno risolti i nodi storici del sistema dell’istruzione. Vorrei che ci sforzassimo di immaginare i volti di quelle bambine e di quei bambini, che non si sono ancora affacciati pienamente alla vita ma già hanno davanti un destino da emarginati».Sardegna maglia nera.In media il 17,6% degli studenti abbandona il percorso scolastico. Si va dalla Sardegna, maglia nera col 25,8%, al 25 della Sicilia e al 21,8 della Campania, passando per le percentuali intermedie del centro Nord (Lombardia, Veneto, Emilia Romagna stanno sul 14-15%) fino a quelle più basse (12-13) di Lazio, Abruzzo, Umbria, Basilicata, per finire col Molise, unico a quota 9,9%.Perché si lascia?Secondo gli esperti, di rado la decisione è dovuta a un’unica causa. A volte è la famiglia, in tempi di crisi, a non poter sostenere l’onere del mantenimento. Ma incidono anche i contesti sociali ed educativi, come la vita in quartieri disagiati o certi approcci "rigidi" da parte di alcuni insegnanti, legati a forme di didattica inadatte a valorizzare le qualità dello studente.Riflessi sul Pil.Un’indagine di WeWorld Intervita, Associazione Bruno Trentin e Fondazione Giovanni Agnelli, sostiene che l’azzeramento della dispersione scolastica possa avere un impatto sul Prodotto interno lordo tra l’1,4 e il 6,8%. «L’Ocse stima il costo di una singola bocciatura per un sistema scolastico sugli 8mila dollari, 6.400 euro – spiega la deputata Milena Santerini (Per l’Italia) –. Se lo moltiplichiamo per il numero di bocciati in Italia, si arriva a qualche miliardo di perdite». Ma non è solo una questione economica. Se non si combatte la dispersione, osserva la presidente Boldrini, l’uguaglianza propugnata dall’«articolo 3 della Costituzione perde di significato. Solo attraverso l’istruzione si può formare cittadini consapevoli, critici, autonomi e più liberi».La strategia.La commissione ha elaborato una proposta di strategia per invertire la tendenza L’obiettivo è far scendere la dispersione al 10% entro il 2020, in linea coi target dalla Commissione europea. Come fare? Servono, dice Santerini, «anagrafi integrate fra i vari enti per acquisire dati ancor più precisi sulla situazione» ed elaborare «strategie preventive già dall’infanzia», riordinare i cicli scolastici (sperimentando una possibile scuola secondaria di 4 anni), «migliorare l’orientamento e valorizzare l’istruzione tecnica». Occorre «un intervento complessivo», osserva il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, «con istituti aperti, didattica flessibile e multidisciplinare e docenti stabili. I Paesi che hanno investito sull’insegnamento tecnico con l’alternanza scuola-lavoro, non lasciando il tecnico di serie B in confronto liceo di serie A, hanno un tasso di dispersione scolastica più bassa».Fondi "diretti" alle paritarie.Mentre il sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi commenta positivamente l’approvazione in commissione Bilancio dell’emendamento alla legge di Stabilità, firmato da Gian Luigi Gigli (Pi), che senza incrementi di spesa riporta nella gestione del ministero tutto il fondo per le scuole paritarie: «Un nuovo passo in avanti – conclude Toccafondi – per il riconoscimento del servizio pubblico che esse svolgono. Dopo controlli doverosi, i fondi saranno diretti alle scuole senza passaggi che rendevano l’attribuzione incerta nei tempi, suscettibile di tagli e anche a rischio, come avvenuto in qualche caso».
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