sabato 25 aprile 2015
Nel paesino della Valle Brembana sono arrivati 23 migranti (su 300 abitanti) nonostante il "comitato di non accoglienza" sostenuto dalla Lega.
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​Con buona pace del comitato di "non accoglienza", i 23 profughi spediti dal prefetto sono finalmente arrivati a Roncobello. Non era scontato. Li hanno portati in alta Valle Brembana alle sette del mattino, sistemandoli nell’ex colonia messa a disposizione dalla Fondazione Monsignor Portaluppi, vandalizzata una settimana fa. Viste le grane dei giorni scorsi e la protesta di un pugno di abitanti spalleggiati dalla Lega («Sì, ci hanno appoggiato, ma qui non si fa politica»), la prefettura ha deciso il trasferimento all’ultimo momento, avvisando persino la Caritas in extremis. Prudenza forse esagerata, visto che il presidio per fermare i migranti non era mai sembrato granché "barricadero".I manifestanti avevano tolto le tende qualche ora prima, fiaccati dall’attesa, dunque tutto è filato liscio. Lo stesso comitato aveva peraltro assicurato che non ci sarebbe stato nessun blocco stradale. «Vogliamo solo esprimere la nostra preoccupazione – avevano spiegato dal tavolino piantato all’imbocco del ponticello che porta a Roncobello – non siamo razzisti, ma 50 stranieri sono troppi per un paesino che in tutto non supera i 300 abitanti». Per il momento ne sono arrivati 23, provenienti dai paesi centrafricani e dal Bangladesh. L’ex colonia era già stata sistemata all’occorrenza: cibo fresco in dispensa, spazzolini, tuta da ginnastica e giacca a vento sulle brande. E bagni riparati, dopo l’atto vandalico di una settimana fa, che aveva ritardato l’arrivo del gruppo. Sotto il portico è spuntato anche un calciobalilla, che aiuterà ad ammazzare il tempo. E anche se per legge chi presenta domanda di asilo non può lavorare, si sta pensando di affidare ai profughi qualche lavoretto, giusto per tenere gli ospiti lontano dall’ozio: l’idea è di impegnarli nella pulizia dei sentieri. Evaporata la protesta, a Roncobello emerge la solidarietà. Alcuni hanno già manifestato la propria disponibilità a dare una mano, sia al parroco che direttamente agli operatori della comunità Ruah, braccio operativo della Caritas. Alcune donne del paese si sono offerte di cucinare per i migranti. Non solo. Tre ragazzi del posto, in una zona depressa, hanno trovato lavoro proprio nell’ex colonia, "arruolati" seduta stante dalla Ruah. L’intolleranza per ora è rimasta alla larga, solo quelli della Lega ieri hanno continuato a brontolare: qualcuno ha chiesto spiegazioni al sindaco. Tra la gente resta semmai un po’ di diffidenza. Due massaie si dicono preoccupate perché «sono tutti uomini, magari sono più bravi di noi però chissà come si comporteranno: se fossero state famiglie le avremmo aiutate più volentieri». Stefano, il barista, ha qualche timore per il turismo: «Tra poco inizia la stagione: qui ci sono tante seconde case, magari qualcuno non viene più». Ma un villeggiante in avanscoperta sembra tranquillizzarlo: «Che ci siano i migranti o no, per me non cambia nulla». Don Renato Villa, il parroco, sottolinea che «l’arrivo dei profughi è un’occasione di crescita per la comunità: le difficoltà non mancheranno, ma alla fine prevarranno gli aspetti positivi». E ricorda che sotto la dura scorza di Roncobello batte un cuore grande così. Durante la guerra il podestà Isacco Milesi salvò nove ebrei dai nazisti. Vagavano nei boschi, li nascose su alla frazione Costa: gesto che gli è valso l’eterna gratitudine di Israele. Il suo nome è scolpito sulla stele del Giardino dei Giusti a Gerusalemme. Tutto il paese sapeva e tenne la bocca chiusa, a rischio della vita. Tacque anche don Giovanni Battista Ceroni, capace di bloccare le SS con i mitra spianati, sull’uscio della chiesa. «Prima finisco la Messa», disse. Nessuna meraviglia se un paese così, come tanti altri in Italia, si è ricordato di essere generoso e ospitale.
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