sabato 27 aprile 2013
​La Capitale abolisce la tassa al 36% dei nuclei. L'assessore alla Famiglia: siamo l'unica città in Italia ad avere il quoziente familiare.
COMMENTA E CONDIVIDI
Sono 376 mila le famiglie romane che non pagheranno più l’Imu sulla prima casa. La revisione delle rendite catastali - condotta dal Campidoglio su 223.407 immobili in zone di pregio - ha portato un incasso extra di 116,2 milioni di euro che saranno usate per esentare i nuclei familiari con un reddito Isee inferiore a 15 mila euro l’anno. L’annuncio è stato dato ieri dal sindaco Gianni Alemanno: «Il 36% delle prime case a Roma saranno esentate dal pagamento dell’Imu. È un risultato storico e un segnale per la politica nazionale». Il processo di revisione delle rendite catastali ha accertato che tra gli immobili esaminati in quartieri "bene", ben 174.846 , il 78%, «nonostante fossero di lusso erano sottovalutati». Per attuare la decisione la Giunta approverà la prossima settimana due delibere: una obbligatoria che prende atto delle nuove rendite, l’altra per destinare le nuove risorse alle famiglie a basso reddito e numerose. La tempistica non permetterà l’esenzione già dalla prima rata di giugno, ma le famiglie interessate potranno chiederne il rimborso. La revisione, avviata dall’Agenzia del territorio e proseguita dall’Agenzia delle entrate ha interessato immobili del Centro storico, Esquilino, Monti, XX Settembre, Salario-Trieste, Flaminio, Delle vittorie-Trionfale, Prati, Borgo, Trastevere e Gianicolo, Aventino, San Saba e Testaccio. La revisione ha riguardato immobili abitativi (46,04%), uffici, (26,85%), negozi (20,40%) ed altro (6,71%). «Ho mandato un <+corsivo>tweet<+tondo> al presidente del consiglio incaricato: "Caro Enrico Letta per favore, mi metto anche in ginocchio se serve: adesso il fattore famiglia. Abbiamo bisogno di futuro e di speranza"». Scherza, Gianluigi De Palo. L’assessore capitolino alla Famiglia, alla scuola e ai giovani, però è assolutamente convinto che abolire l’Imu per il 36% delle famiglie romane sia una cosa seria, serissima. E fattibile. «Il segnale politico forte – dice – è che Roma Capitale ha deciso di investire questi soldi, ottenuti dalle nuove rendite catastali, per politiche familiari concrete. Potevamo spenderli per feste o eventi culturali. Abbiamo usato 116 milioni per una priorità chiara: aiutare le famiglie. Anche perché faccia da traino a politiche familiari nazionali. Roma, se fa una scelta così, deve metterci i soldi. Il Parlamento invece deve fare una revisione del fisco, tassando diversamente un single da chi ha figli».Roma insomma dice che disegnare politiche a misura di famiglia è possibile. Sarà una scelta contagiosa?Lo spero, anche se constato che quando l’anno scorso abbiamo destinato 27 milioni per creare il "quoziente Roma", rivedendo l’Isee, l’indicatore di situazione economica equivalente, ho letto ben pochi titoli sui giornali. L’Isee nazionale fissa un valore che cala al crescere dei figli. Roma ha ribaltato il criterio, esentando completamente 90 mila famiglie dalla tassa sui rifiuti.Quante città hanno il quoziente familiare? Roma è l’unica in Italia. Prima c’era anche Parma, ma la giunta grillina l’ha cancellato. Ricordo che la nostra è una riforma che è costata. Milano ha fatto il registro per le coppie di fatto, a costo zero, e tutti ne hanno parlato. Senza contare che è materia parlamentare, non comunale. Ora noi investiamo altri 116 milioni. Chissà che eco avrà...Perché un comune deve investire sulla famiglia?Perché la crescita demografica è a zero: un’emergenza nazionale. L’unico modo per incentivarla è fare politiche sociali e fiscali a misura di famiglia. Le famiglie desiderano i figli, ma non possono averli. Favorire le nascite spingerebbe il Paese verso la ripresa, chi ha figli si impegna di più per il futuro. Dovrebbe essere un dato di fatto, non una scelta politica.Cosa intende dire?Che i cinque candidati del Pd alle primarie per il Campidoglio hanno parlato tutti dei diritti delle coppie, di fatto e omosessuali. Nessuno di quoziente familiare, fisco equo, conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. La prima questione riguarda in Italia alcune migliaia di persone, l’emergenza-famiglia tocca decine di milioni. Se tanti non si sposano e non fanno figli perché non hanno paura del futuro, non diamogli il contentino di un registro, che è un surrogato. Aiutiamoli con soluzioni concrete.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: