venerdì 21 ottobre 2016
​La marcia dei palloncini rossi per le vie del capoluogo. Tanti giovani per dire stop alla sopraffazione e chiedere giustizia per le vittime (Federico Minniti)
Ragazzina schiava sessuale del clan
Reggio Calabria: basta violenza sulle donne
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Donne e Calabria, dignità e orgoglio. La marcia dei palloncini rossi ha attraversato il Lungomare "Falcomatà" di Reggio Calabria. Autorità civili, come il prefetto Michele Di Bari e i sindaci calabresi, militari e religiose, con l'arcivescovo reggino padre Giuseppe Morosini, ad aprire il corteo con ottomila giovani radunati sotto un grande striscione che campeggia al centro dell'Arena dello Stretto: "Ora basta!". Basta alle violenze sulle donne, come quella subita da una tredicenne, per quasi due anni, da parte di un branco, travestito da clan, a Melito Porto Salvo. Tra gli stupratori c'era anche Giovanni Iamonte, il nipote del Mammasantissima, Natale. Un «no» sonoro che riecheggia nel veemente intervento del Presidente della Camera, Laura Boldrini: «Invio un messaggio ai componenti del branco: rassegnatevi non rinunceremo mai alla nostra libertà». Branco e ragazzina, carnefici e vittima. Ai primi, secondo il Procuratore Capo di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho, qualcuno a Melito Porto Salvo riserva attenzione e sostegno; alla seconda un'ulteriore dose di indifferenza. Una piccola donna a cui è stata rubata la giovinezza e adesso è costretta a vivere sotto protezione.>>> Ragazzina schiava sessuale del clan>>> L'arcivescovo incontra la ragazzina schiavizzata «Le hanno tolto anche il nome – dice Rosy Bindi – per via del cognome del capo-branco, Iamonte, che incute paura. Eppure – ha sottolineato la Presidente della Commissione parlamentare Antimafia – vogliamo ribadire che la 'ndrangheta non ha alcun codice d'onore. Lo dimostrano le storie di Cocò Campolongo, Lea Garofalo e di quanti, come la tredicenne di Melito, rimangono dei senza identità». Sul palco intervengono quattro studenti calabresi: Ludovica, Anna, Marco e Stefano. Sono quella vitalità che traspira da un muro di giovani schierato dinnanzi alle Istituzioni. «Replicheremo con determinazione – spiega il ministro Maria Elena Boschi – abbiamo rifinanziato i centri antiviolenza con l'ultima legge di stabilità grazie a un intervento da 31 milioni di euro». Cifre e storie che conosce bene Antonella Veltri, coordinatrice delle case rifugio calabresi, che annuncia «si costituirà parte civile al processo contro il branco di Melito». Sfilano anche loro, le donne calabresi che hanno avuto il coraggio di denunciare. Tengono forte tra le loro mani, con orgoglio, il vessillo con il nome della loro nuova casa. Sono accanto alle tante studentesse con i palloncini rossi. Qualcuna se lo fa sfuggire di mano, sono quelli stretti con meno decisione. Come l'intimità delicata e violata di quella tredicenne. C'è un ultimo striscione, nel mezzo della platea, "Verità per Maria Chindamo", quarantaquattrenne imprenditrice agricola, scomparsa prima dell'estate. Vittima – secondo gli inquirenti – di un altro spaventoso caso di violenza di genere intrisa con la 'ndrangheta.
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