martedì 1 marzo 2016
Indiscrezioni trapelate dalla procura egiziana dopo l'autopsia, ma il governo smentisce. Interrogate 24 persone, è ancora giallo sui motivi dell'omicidio del giovane ricercatore scomparso il 25 gennaio.
«Regeni torturato per sette giorni»
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Giulio Regeni fu sottoposto a interrogatorio per cinque o sette giorni, durante i quali subì ripetute violenze a intervalli di 10-14 ore. È quanto hanno rivelato due fonti della procura egiziana che indaga sull'omicidio del ricercatore italiano trovato morto il 3 febbraio scorso. Citate dal sito dell'agenzia Reuters, le fonti anonime hanno spiegato che la procura ha interpellato la scorsa settimana Hisham Abdel Hamid, direttore del Dipartimento di Medicina legale del Cairo, e due suoi collaboratori, per chiedere una valutazione dell'autopsia effettuata sul corpo di Regeni. "Abdel Hamid - hanno spiegato le fonti - ha detto che le ferite sul corpo di Regeni erano state procurate in diversi momenti a intervalli tra le 10 e le 14 ore. Questo significa che chiunque sia accusato di averlo ucciso lo stava interrogando per ottenere informazioni". "Il resoconto sull'autopsia - hanno aggiunto le fonti - mostra un certo numero di ferite procurate in una sola volta e poi altre un'altra volta e poi una terza. Le ferite e le fratture sono state procurate diverse volte a intervalli, durante un periodo dai cinque ai sette giorni". Una fonte del dipartimento di Medicina legale ha confermato che la procura ha ascoltato Abdel Hamid, che però non ha voluto rilasciare commenti ai media. Un portavoce del ministero degli Interni, citato sempre dal sito della Reuters, ha invece smentito categoricamente sia l'interrogatorio sia il suo contenuto.  Gli apparati di sicurezza egiziani, assieme "ai sette inquirenti italiani che si trovano sempre al Cairo, hanno terminato gli interrogatori di 24 testimoni, amici e vicini di casa" di Giulio Regeni: lo ha riferito una "fonte della sicurezza di alto rango" citata dal quotidiano filogovernativo Al-Akhbar. Lo stesso quotidiano ha "evocato la possibilità" che Giulio Regeni "sia stato tradito da uno dei responsabili delle sue attività" presso il think tank anglo-americano Oxford Analytica. Qualcuno "che avrebbe deciso di sbarazzarsi di lui dopo aver profittato delle informazioni" fornite dal giovane ricercatore: sostiene il giornale egiziano. IL PUNTO SULL'INCHIESTA Nessun rapporto con i servizi segreti italiani né di altri Paesi. Il computer di Giulio Regeni ha dato agli inquirenti italiani che da oltre un mese stanno provando a dare un'identità a chi lo ha ucciso molte indicazioni. Dall'esame del portatile del ricercatore dell'università di Cambridge, non emergono legami con servizi segreti. Regeni non aveva avuto contatti con persone equivoche e  i dati raccolti nell'ambito delle sue ricerche non erano usciti fuori dall'ambito universitario. Per circoscrivere ulteriormente gli spostamenti che Regeni ha compiuto al Cairo prima delle 19:40 del 25 gennaio, giorno in cui scompare, il pm Sergio Colaiocco ha avanzato una richiesta alle società che gestiscono i maggiori social network per ottenere le password utilizzate da Giulio in modo da poter ricostruire gli spostamenti effettuati dal ricercatore con la geolocalizzazione. Regeni non era stato schedato dalle autorità egiziane, anche se l'episodio di una foto scattata da uno sconosciuto durante l'assemblea di un sindacato indipendente aveva turbato il ricercatore universitario. Altra certezza per gli inquirenti è che il delitto è maturato nel quadro delle attività di ricerca ed eseguito da professionisti della tortura e delle sevizie. Non siamo in presenza, quindi, di un fatto di sangue legato a droga (dall'autopsia non è emersa alcuna traccia di sostanze stupefacenti), ad una rapina o ad un fatto passionale.
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