Giulio Regeni fu sottoposto a
interrogatorio per cinque o sette giorni, durante i quali subì
ripetute violenze a intervalli di 10-14 ore. È quanto hanno rivelato
due fonti della procura egiziana che indaga sull'omicidio del
ricercatore italiano trovato morto il 3 febbraio scorso. Citate dal
sito dell'agenzia Reuters, le fonti anonime hanno spiegato che
la
procura ha interpellato la scorsa settimana Hisham Abdel Hamid,
direttore del Dipartimento di Medicina legale del Cairo, e due suoi
collaboratori, per chiedere una valutazione dell'autopsia effettuata
sul corpo di Regeni.
"Abdel Hamid - hanno spiegato le fonti - ha detto che le ferite sul
corpo di Regeni erano state procurate in diversi momenti a
intervalli tra le 10 e le 14 ore. Questo significa che chiunque sia
accusato di averlo ucciso lo stava interrogando per ottenere
informazioni". "Il resoconto sull'autopsia - hanno aggiunto le fonti -
mostra un certo numero di ferite procurate in una sola volta e poi
altre un'altra volta e poi una terza. Le ferite e le fratture sono
state procurate diverse volte a intervalli, durante un periodo dai
cinque ai sette giorni".
Una fonte del dipartimento di Medicina legale ha confermato che la
procura ha ascoltato Abdel Hamid, che però non ha voluto rilasciare
commenti ai media.
Un portavoce del ministero degli Interni, citato
sempre dal sito della Reuters,
ha invece smentito categoricamente sia l'interrogatorio sia il suo contenuto.
Gli apparati di sicurezza egiziani, assieme "ai sette inquirenti italiani che si trovano sempre al Cairo, hanno terminato gli interrogatori di 24
testimoni, amici e vicini di casa" di Giulio Regeni: lo ha
riferito una "fonte della sicurezza di alto rango" citata dal
quotidiano filogovernativo Al-Akhbar. Lo stesso quotidiano ha "evocato la possibilità" che Giulio Regeni "sia stato
tradito da uno dei responsabili delle sue attività" presso il
think tank anglo-americano Oxford Analytica. Qualcuno "che
avrebbe deciso di sbarazzarsi di lui dopo aver profittato delle
informazioni" fornite dal giovane ricercatore: sostiene il
giornale egiziano.
IL PUNTO SULL'INCHIESTA Nessun rapporto con i servizi segreti
italiani né di altri Paesi. Il computer di Giulio Regeni ha dato agli inquirenti italiani che da oltre un mese stanno provando a dare un'identità a chi lo ha ucciso molte indicazioni. Dall'esame del portatile del ricercatore dell'università di Cambridge, non
emergono legami con servizi segreti. Regeni non aveva avuto contatti con persone equivoche e
i dati raccolti nell'ambito delle sue ricerche non erano usciti fuori dall'ambito universitario.
Per circoscrivere ulteriormente gli spostamenti che Regeni ha
compiuto al Cairo prima delle 19:40 del 25 gennaio, giorno in
cui scompare, il pm Sergio Colaiocco ha avanzato una richiesta
alle società che gestiscono i maggiori social network per
ottenere le password utilizzate da Giulio in modo da poter
ricostruire gli spostamenti effettuati dal ricercatore con la
geolocalizzazione. Regeni non era stato schedato dalle
autorità egiziane, anche se l'episodio di una foto scattata da
uno sconosciuto durante l'assemblea di un sindacato indipendente
aveva turbato il ricercatore universitario. Altra certezza per gli inquirenti è che il delitto è maturato
nel quadro delle attività di ricerca ed eseguito da
professionisti della tortura e delle sevizie. Non siamo in
presenza, quindi, di un fatto di sangue legato a droga
(dall'autopsia non è emersa alcuna traccia di sostanze
stupefacenti), ad una rapina o ad un fatto passionale.