martedì 8 gennaio 2013
​La 14enne si è tolta la vita tra sabato e domenica. I compagni: vittima del cyber-bullismo. Il Moige: fate chiarezza subito.
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«Chiediamo rispetto per Carolina e per il nostro dolore. Vogliamo essere lasciati in pace». È l’appello rivolto «alla sensibilità dei rappresentanti della stampa» dai genitori della 14enne che si è tolta la vita a Novara nella notte tra sabato e domenica. I funerali, aggiungono, «si terranno in forma strettamente privata e non desideriamo che ci siano persone al di fuori dei parenti e degli amici più stretti». Ma intanto si moltiplicano le reazioni, soprattutto dopo i tweet dei compagni di scuola contro i cyber-bulli. Una tragedia che «ci lascia senza parole - commenta il direttore generale del Moige, Antonio Affinita -. Come genitori chiediamo con urgenza che si faccia subito chiarezza sulle cause e si accertino le responsabilità. Il fenomeno del bullismo on line, sempre più dilagante continua a non essere affrontato, se non quando succedono fatti di cronaca devastanti». E aggiunge: «I social network da grande opportunità stanno diventando un grande problema: in questo momento, sono senza regole, nè controlli. Se dovesse essere accertato quanto riportato dagli amici della giovane, ci troveremmo davanti a un vero e proprio concorso di responsabilità penale gravissima del social network, colpevole di non aver vigilato, nei suoi server, sulla presenza del gruppo di minori protagonista di queste violenze psicologiche. Noi saremo pronti a costituirci parte civile. Noi genitori non possiamo tacere, pretendiamo che ci siano vere garanzie a tutela dei nostri figli, soprattutto quando si parla della loro sicurezza: tutti devono sentirsi responsabili, compresi coloro che dalla rete traggono profitto». Pur «essendo contrario a ogni principio normativo del nostro ordinamento acquisire per un minore, anche gratuitamente, un servizio - continua il direttore del Moige -, migliaia di minori vengono coinvolti nella formalizzazione di un contratto, non solo senza consenso genitoriale, ma anche senza che sia riconosciuta al genitore la possibilità di esercitare la sua legittima potestà di controllo sul figlio. Questo è ciò che succede quotidianamente sui principali social network. Siamo indignati e preoccupati per l’indifferenza di chi gestisce questi strumenti: la vita dei nostri figli vale di più del profitto».
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