venerdì 9 ottobre 2015
Entrato in vigore, nei fatti, l'accordo tra i paesi Ue. I primi ad essere accolti sono 19 eritrei arrivati sui barconi e volati in Svezia da Roma. (Vincenzo R. Spagnolo)
COMMENTA E CONDIVIDI
Dall'Aeroporto di Ciampino (Roma) - «Quando arriverò in Svezia, voglio ricominciare a studiare. Il mio sogno è diventare geometra…». Solomuni ha 33 anni e dopo il drammatico viaggio che l'ha portato dall'Eritrea in Italia, sta per salire sulla scaletta dell'Atr 500 della Guardia di Finanza diretto allo scalo di Lulea, in terra svedese. Accanto a lui c'è un 26enne che i mediatori culturali dell'Unhcr presentano come "Michele". Ha attraversato il Mediterraneo 17 giorni fa, a bordo di un gommone partito dalla Libia e approdato a Lampedusa. Lui, Solomuni e altri 17 connazionali, comprese 5 donne, compongono il primo gruppo di richiedenti asilo approdati sulle coste italiane e "ricollocati" in un altro Paese europeo, in base al primo accordo europeo sulla relocation, siglato a metà settembre, che prevede entro due anni il trasferimento di 40mila profughi giunti in Italia e Grecia in alcuni dei 26 Stati membri.

Alla domanda se abbia scelto lui la Svezia, Michele risponde «no», ma sorride e non sembra che parta controvoglia: « Non ho parenti in Europa, ho lasciato la famiglia in Eritrea… Non conosco la Svezia, ma spero di ricostruirmi una vita tranquilla in quel Paese, libero e democratico», spiega ai cronisti accorsi di buon mattino all'aeroporto di Ciampino per assistere alla partenza del gruppo. Poi aggiunge che «anche l'Italia è un bel Paese. Ringrazio tutti per l'accoglienza, ma qui non c'è lavoro. In Svezia vorrei studiare legge e diventare avvocato…». Dopo l'atterraggio a Lulea, i 19 eritrei saranno trasferiti in un centro di raccolta in attesa del perfezionamento delle pratiche di asilo. A quel punto, per loro inizierà una nuova vita, di certo con un clima diverso (e qualche grado sotto zero in più) rispetto all'Eritrea, lontana cinquemila chilometri in linea d'aria, ma con la possibilità di fruire di un solido welfare e di opportunità di studio e lavoro. «Sono sereni, sono arrivati dai centri di accoglienza in Sicilia. Si sono emozionati quando hanno attraversato lo Stretto di Sicilia a bordo di un traghetto e non di un barcone fatiscente…», racconta la portavoce dell'Alto commissariato Onu per i rifugiati, Carlotta Sami. « Ognuno di loro ha ancora negli occhi il viaggio terribile che ha dovuto affrontare, prima attraverso il deserto e poi via mare, rischiando la vita», osserva Sami. Perciò «è stato importante spiegare a tutti loro l'importanza di essere identificati e l'opportunità rappresentata da un viaggio "legale" in Svezia, senza mettersi nuovamente nelle mani dei trafficanti».

Alfano: «Una vittoria per l'Italia e per l'Europa e un passo indietro per quelli come Salvini» A salutare la partenza del volo della Gdf, ci sono il ministro dell'Interno Angelino Alfano, il commissario europeo per l'Immigrazione Dimitris Avramopoulos e Jean Asselborn, ministro degli esteri del Lussemburgo, che ha la presidenza di turno dell'Unione. «L'aereo appena partito rappresenta un simbolo di vittoria per l'Italia e per un'Europa che sa essere solidale e responsabile, salvando vite umane», scandisce Alfano, soddisfatto perché «si realizza una parte importante della strategia europea, basata su 4 pilastri: ricollocazione dei migranti, hotspot, rimpatri e guerra ai trafficanti di esseri umani». Nei prossimi giorni, annuncia il titolare del Viminale, avverrà la partenza di altri 100 migranti «verso Germania e Olanda,che hanno già dato la loro disponibilità». E così, un aereo alla volta, «in due anni saranno ricollocati 40mila richiedenti asilo». Per Alfano, il primo aereo è «simbolo della sconfitta di tutti quelli che credevano che l'Ue non avrebbe fatto passi avanti. E ogni passo avanti dell'Europa è un passo indietro di gente come Matteo Salvini».

Ora resta aperta la questione dei rimpatri dei cosiddetti migranti economici, cioè coloro che non fuggono da Paesi in guerra o persecuzioni e non possono fruire del dirito d'asilo: «Abbiamo una strategia chiara, da adesso i rimpatri devono essere effettuati dall'Europa - sostiene il ministro dell'Interno -. Dobbiamo dire chiaro e tondo ai Paesi africani che, come Europa, diamo i soldi della cooperazione internazionale solo se loro ci aiutano, evitando che partano i migranti o riammettendoli. Questa è la strategia vincente». Il commissario Avramopoulos: «La destinazione la sceglie la Ue. Chi non accetta sarà rimpatriato» Il greco Dimitris Avramopoulos è orgoglioso di quanto fatto: «Cinque mesi fa avevo assistito a Malta al funerale di tanti migranti annegati. Ora invece abbiamo visto una delle soluzioni del problema, a cui abbiamo lavorato tantissimo. L'Italia non è sola, l'Europa è con lei e le prime relocation avviate oggi sono l'esempio tangibile di ciò che si può fare. Ora andremo avanti su questa strada, rafforzando contemporaneamente le politiche di rimpatrio». Dal canto suo, il ministro lussemburghese Asselborn dice «bravo» a Italia e Svezia, perché così «si dimostra che l'Europa non è solo soldi e finanza». Dopo aver tenuto una conferenza stampa, Avramopoulos e Asselborn sono partiti in aereo verso Lampedusa, per visitare il primo dei 6 "hot spot" italiani, i centri di primo arrivo e identificazione dei migranti che presto apriranno nel nostro Paese e anche in Grecia. «Non sono i richiedenti asilo a decidere il Paese in cui vogliono andare, è una decisione che spetta a noi. E se non accettano la destinazione, devono tornare da dove sono venuti», avverte il commissario, spiegando che i candidati al ricollocamento nel territorio Ue «devono obbedire alle regole che abbiamo studiato. La relocation non è basata su dove uno vuole andare, tutti gli Stati Ue sono aperti ed ospitali con loro».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: