sabato 26 luglio 2014
​Dal 30 giugno è in vigore il "Pct", ma le difficoltà da dribblare sono tante: tecniche, organizzative e di mentalità. Fare scomparire i fascicoli cartace è dura. Resistono le copie "di cortesia". E anche per la fatturazione elettronica sono dolori.
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Non ci voleva un mago per capire che l’avvio del processo civile telematico non sarebbe stata una passeggiata: bastava essere entrati in una cancelleria di un tribunale per rendersi conto che, aldilà delle buone intenzioni, la carrozzeria della macchina della giustizia italiana non è all’altezza del nuovo motore. Il 30 giugno scorso è entrato ufficialmente in vigore il Processo Civile Telematico (PCT), cioè la smaterializzazione dei fascicoli delle cause civili, sostituiti da “files”. Ogni nuova causa dovrà essere obbligatoriamente iscritta a ruolo telematicamente, mediante la creazione di un fascicolo “virtuale” nel quale andranno via via a confluire tutti i vari atti del procedimento: verbali, memorie, consulenze tecniche, provvedimenti del giudice e così via sino alla sentenza. Ne discende che dalle cancellerie dovrebbero scomparire i fascicoli cartacei, in quanto gli atti e i provvedimenti telematici non dovrebbero più essere stampati. Le domande da porsi, a fronte delle indubbie potenzialità dell’innovazione sono: siamo pronti? abbiamo le strutture informatiche adatte? i software utilizzati sono sicuri? Per quanto riguarda il Tribunale di Milano, capofila dell’utilizzo del sistema, il processo telematico era già partito in via “facoltativa” da tempo, ma l’introduzione dell’obbligo sta facendo emergere una serie non irrilevante di problemi. Per creare questo fascicolo virtuale viene infatti utilizzato un software, denominato “Consolle”, messo a disposizione – con specifiche diverse – di avvocati e magistrati; spesso però si verificano problemi di accesso: non si riesce a consultare i registri di cancelleria di tutti i Tribunali collegati; con cadenza periodica il sistema viene totalmente bloccato per gli aggiornamenti, ma non nelle medesime giornate per ogni Tribunale e non sempre gli interventi programmati rispettano i tempi previsti; il software si blocca in caso di aggiornamenti della piattaforma JAVA, con la necessità di disinstallare e reinstallare la versione di Java più aggiornata e di “riscaricare” Consolle; se la smart card necessaria all’accesso scade, si rompe o si smagnetizza bisogna attendere giorni per la sostituzione; per non parlare degli eventi straordinari (il fulmine che manda in corto circuito il server, ad esempio: è già successo). Oltre a questi problemi di natura strettamente tecnica ce ne sono altri legati alla disponibilità di mezzi: non tutti i magistrati “togati” sono in possesso di un proprio pc ma devono condividerlo con i colleghi e quindi non sono in grado di leggere i file a video, ma devono necessariamente averne copia cartacea, e quindi ecco già nata la prassi della “copia di cortesia” da depositare in cancelleria a soccorso del giudice. Non parliamo poi dei magistrati onorari, che nei principali Tribunali italiani svolgono una importantissima parte del lavoro, per i quali non esiste nessun applicativo dedicato e che spesso non hanno a disposizione nemmeno una stanza propria, figuriamoci un pc. D’altro canto, che questo sistema non sia stato adottato in nessun altro Paese europeo, neppure in quelli più avanzati dal punto di vista tecnologico e con un minor numero di cause civili e che in altri paesi (alcuni Stati americani) sia stato introdotto e poi abbandonato, dovrebbe far riflettere sia sulle difficoltà di utilizzo e sia su un altro aspetto: quello della sicurezza dei dati e al pericolo di attacchi da parte di hackers. Come ciliegina sulla torta, dallo scorso 6 giugno è scattato l’obbligo della fatturazione elettronica per i fornitori di beni e servizi alle Pubbliche amministrazioni, compreso il settore della Giustizia. Da quella data, consulenti tecnici, periti, interpreti, società che si occupano di trascrizione, avvocati (per il patrocinio a spese dello Stato e le difese d’ufficio) devono obbligatoriamente presentare una fattura elettronica che prevede un’ingarbugliata procedura; peccato che a distanza di quasi due mesi dall’introduzione dell’obbligo il Ministero non abbia ancora creato il “canale” attraverso il quale inviare le fatture. E i pagamenti rimangono virtuali come le fatture.
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