mercoledì 1 aprile 2015
​Nel 2014 il boia ha ucciso 607 persone, il record delle esecuzioni in Cina, seguono Iran e Arabia Saudita.
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L'anno scorso 7 persone al giorno sono state condannate a morte ed il boia, nel mondo, è entrato in azione almeno 607 volte. Ma se il numero delle esecuzioni, rispetto al 2013, è in calo del 22%, aumenta di quasi un terzo il numero di verdetti alla pena capitale (+28%). Un dato allarmante, denuncia il rapporto di Amnesty International che punta il dito sul futile ricorso alla pena di morte che i governi stanno facendo anche per contrastare il terrorismo. L'anno scorso "gli stati hanno fatto ricorso alla pena di morte nel futile tentativo di contrastare criminalità, terrorismo e instabilità interna". Come nel caso del Pakistan che ha ripreso le esecuzioni dopo l'attacco dei talebani contro una scuola di Peshawar e nel solo dicembre scorso ha messo a morte sette persone mentre il governo ha annunciato centinaia di esecuzioni per reati di "terrorismo". Il numero "dei paesi che hanno usato la pena di morte" per combattere il terrorismo e la criminalità è in aumento: si tratta di un dato "davvero vergognoso", basato sulla "falsa teoria della deterrenza", sottolinea Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International. Il numero delle condanne a morte registrate nel 2014 supera di quasi 500 quello del 2013, soprattutto - spiega - a causa di Egitto e Nigeria, che hanno emesso condanne di massa nel contesto del conflitto interno e dell'instabilità politica che hanno caratterizzato i due paesi. Le esecuzioni registrate sono state 607, il 22 per cento in meno del 2013 (con l'esclusione della Cina, che da sola esegue più condanne a morte che il resto del mondo) ed hanno avuto luogo in 22 paesi, lo stesso numero del 2013. Ma la metà rispetto al 1995. Ancora una volta, il primato del boia spetta alla Cina che ha messo a morte più persone del resto del mondo complessivamente considerato. Amnesty International ritiene che in quel paese ogni anno siano emesse ed eseguite migliaia di condanne a morte, il cui numero è però impossibile da determinare a causa del segreto di stato. Seguono l'Iran (289 esecuzioni rese note dalle autorità e almeno 454 non riconosciute), l'Arabia Saudita (almeno 90 esecuzioni), l'Iraq (almeno 61) e gli Stati Uniti d'America (35). Decapitazione, impiccagione, iniezione letale e fucilazione sono stati i metodi d'esecuzione impiegati nel 2014. E tra i reati che hanno portato al patibolo anche quelli - stigmatizza Amnesty - anche atti che non dovrebbero essere neanche considerati come "adulterio", "blasfemia" e "stregoneria". In molti paesi sono state usate vaghe definizioni di "reati" politici per mettere a morte reali o presunti dissidenti. E se gli Usa hanno lievemente ridotto il numero delle esecuzioni (scese da 39 del 2013 a 35 l'anno scorso) l'area del Pacifico ha proseguito a essere l'unica zona del mondo virtualmente libera dalla pena di morte. In Europa il boia 'lavorà invece solo in Bielorussia dove nel 2014 almeno tre esecuzioni hanno posto fine a un periodo di assenza di esecuzioni durato 24 mesi. Nell'analisi sull'uso della pena di morte nel 2014, si trovano però anche buone notizie: il numero delle esecuzioni registrate è stato inferiore a quello del 2013 e diversi paesi - rileva Amnesty - hanno intrapreso passi avanti verso l'abolizione della pena capitale.
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