giovedì 1 ottobre 2015
Recessione e denatalità: chiuse 349 scuole, persi 75.146 alunni. «Di questo passo, il sistema sarà sempre meno integrato e sempre più statale E perderà in qualità».
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Nell’anno dell’esordio della Buona scuola, il sistema di istruzione nazionale si scopre più povero. In due anni, rivela Tuttoscuola che ha elaborato dati diffusi dal Ministero dell’Istruzione, hanno chiuso 349 scuole paritarie, mentre le iscrizioni, nello stesso periodo, sono calate di 75.146 alunni. E, anche a causa della costante denatalità che caratterizza il nostro Paese, il trend negativo è destinato a continuare. «Si può prevedere – scrive Tuttoscuola – che anche quest’anno si registrerà la chiusura di molte scuole paritarie, soprattutto nel settore della scuola dell’infanzia (almeno altre cento)». Anche gli alunni sono destinati a calare ancora, nell’ordine dei 25-30mila iscritti in meno.In termini assoluti, in un biennio le scuole paritarie sono passate da 13.847 dell’anno scolastico 2012-2013, alle 13.498 del 2014-2015. Gli alunni da 1.036.312 sono scesi sotto il milione, attestandosi a 961.166. Le più penalizzate sono state le scuole dell’infanzia, che, nel periodo considerato, hanno perso 272 scuole e 37.910 alunni. Il maggior calo di iscritti, ricorda Tuttoscuola, si è registrato in Lombardia (quasi 7mila in meno), in Campania (-5.600) e in Veneto (-5.200); il Mezzogiorno ha perso quasi 14mila iscritti nell’infanzia tra il 2012-13 e il 2014-15.«Questi dati – commenta il segretario nazionale della Fism, Luigi Morgano – sono un’ulteriore dimostrazione del fatto che, finché non si arriverà a un sistema adeguato di finanziamento, non ci potrà essere vera parità scolastica. Anzi, i numeri dimostrano che si sta andando verso un sistema sempre meno integrato e sempre più statale».La chiusura di tante scuole materne paritarie, ricorda Morgano, determina anche un impoverimento complessivo dell’intero sistema nazionale d’istruzione, che ha nella scuola dell’infanzia il suo fiore all’occhiello. «L’Ocse stessa – ricorda il segretario della Federazione delle scuole materne di ispirazione cristiana – ritiene il nostro sistema delle scuole dell’infanzia, composto in larga parte da paritarie, parametro di eccellenza internazionale. Se però le scuole chiudono, questo patrimonio andrà irrimediabilmente disperso. A chi giova tutto ciò?».Di certo, non alle famiglie che, stremate dalla crisi, fanno sempre più fatica a pagare due volte (con la tassazione e con le rette) il servizio scolastico. «Qui c’è di mezzo la libertà di scelta educativa dei genitori – ricorda la responsabile Area formazione del Gruppo Clas, Luisa Ribolzi –. L’attuale struttura del finanziamento delle scuole paritarie colpisce e penalizza maggiormente i nuclei meno abbienti, che non potendosi permettere di pagare la retta, non hanno la possibilità di scegliere liberamente in quale scuola mandare i propri figli. E non saranno certo i 76 euro all’anno di “sconto” a fargli cambiare idea».Secondo l’ex-rappresentante dell’Italia nel Governing board dell’Ocse, per aumentare il sostegno economico alle scuole paritarie si deve «incentivare la defiscalizzazione delle donazioni» a favore degli istituti, puntando sullo School bonus, misura tra l’altro già presente nella riforma della Buona scuola.«Se, invece, la scelta è quella di chiudere la scuola paritaria – aggiunge – allora onestà vorrebbe che lo si dichiarasse apertamente».Assumendosi anche la responsabilità di caricare sul bilancio dello Stato una spesa aggiuntiva di sei miliardi di euro all’anno. A tanto, infatti, ammonta il “risparmio” garantito dalle scuola paritaria, secondo uno studio dell’Agesc, l’Associazione genitori della scuola cattolica. Il cui presidente nazionale, Roberto Gontero, di fronte ai dati resi noti da Tuttoscuola, si dichiara «preoccupatissimo».«La chiusura di 349 scuole – ribadisce – è un dato drammatico e un segnale devastante per i nostri ragazzi. Come faremo ad appassionarli alla cosa pubblica (e la scuola, anche quella paritaria, certamente lo è), se, di fronte alla chiusura di centinaia di istituti in tutta Italia, nessuno muove un dito? La nostra preoccupazione è ancora più forte perché non vediamo, da parte del governo e di chi amministra la scuola italiana, quell’attenzione che il tema indubbiamente merita. Come genitori lanciamo, ancora una volta, l’allarme, ma vediamo che questa è una discriminazione che non salta agli occhi di nessuno».Preoccupato ma non sorpreso dal dato della chiusura delle scuole, è il presidente nazionale della Fidae, don Francesco Macrì. «Per invertire la tendenza – osserva – è necessario introdurre un sistema di finanziamento adeguato. Per cominciare, ci basterebbe che lo Stato ci accreditasse la metà di quanto spende, in media, per uno studente di una delle sue scuole. In questo modo, noi potremmo sgravare le famiglie dal costo (aggiuntivo) della retta, fare formazione ai nostri dirigenti e docenti ed evitare il fenomeno della trasmigrazione degli insegnanti dalla scuola paritaria a quella statale. Un ulteriore fattore di indebolimento delle nostre scuole».
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