lunedì 17 febbraio 2014
​Cosa c'entra la promozione delle tematiche Lgbt con la lotta alla discriminazione razziale? Se lo chiede anche massimiliano Monanni, ex direttore Unar: così l'Ufficio è deragliato.
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Che cosa c’entrano le teorie del gender e le tematiche Lgbt con la lotta alla discriminazione razziale, che, per legge, è la mission dell’Unar, cioè l’Ufficio nazionale anti discriminazioni razziali? La domanda se l’è posta anche Massimiliano Monnanni, che dell’Ufficio anti-discriminazioni razziali è stato direttore dall’aprile 2009 a luglio 2012. «L’Ufficio ha un mandato preciso», ricorda Monnanni, che sul caso degli opuscoli “Educare alla diversità a scuola”, si è fatto questa idea: «Era un’iniziativa da valutare con maggiore attenzione ed equilibrio». L’ex-direttore non vuole pensare che si sia lavorato in malafede, ma denuncia quanto meno una «mancanza di controllo da parte dell’amministrazione», cioè dello stesso Unar. Visto il risultato e il rischio effettivo che il materiale potesse davvero finire nelle mani degli studenti, viene da pensare che, se controllo c’è stato, è stato effettuato a senso unico, cioè proprio con l’intento di fare passare nelle scuole (dalle elementari alle superiori) messaggi pro gender. Solo a titolo di esempio, negli opuscoli, realizzati dall’Istituto Beck di Roma (che ha ricevuto un compenso lordo di 24.200 euro) si propone ai bambini della primaria la soluzione di un problema matematico che ha come protagonisti «Rosa e i suoi papà». Possiamo solo immaginare lo sconcerto di scolari e genitori di fronte a un compito così concepito, ma di casi del genere i tre fascicoli sono zeppi.Una risposta alle tante perplessità suscitate dall’operazione, poteva arrivare dall’attuale direttore dell’Unar, Marco De Giorgi, che Avvenire ha contattato sabato pomeriggio. Destinatario di una formale nota di demerito da parte del vice ministro al Lavoro con delega alle Pari opportunità, Maria Cecilia Guerra, De Giorgi ha riferito di «non essere autorizzato a rilasciare dichiarazioni», rimandandoci, «per informazioni», alla rappresentante di un’associazione gay, tra i firmatari di un comunicato contro l’iniziativa del vice-ministro Guerra. E, puntuali, sono arrivate le accuse contro Avvenire, che, secondo Arcigay Milano, avrebbe un «atteggiamento omofobo e razzista». Un’ulteriore conferma della direzione, davvero a senso unico, dell’iniziativa dell’Unar. Pubblicizzata, vale la pena ricordarlo, con il logo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, anche se, come denunciato dal viceministro Guerra, nessuno a Palazzo Chigi era al corrente della cosa. All’oscuro di tutto era anche il Ministero dell’Istruzione, che pure avrebbe avuto diritto di avere voce in capitolo, visto che il materiale era destinato a finire tra le mani di scolari e studenti. «Non so chi abbia autorizzato quest’iniziativa, di certo non il Miur», conferma il sottosegretario all’Istruzione, Gabriele Toccafondi. «È successa una cosa estremamente grave e chi dirige l’Unar dovrebbe trarne le debite conseguenze», rincara la dose Toccafondi, che si dice «preoccupato dall’auto espansione delle proprie deleghe» da parte dell’Ufficio. Che, ricorda il sottosegretario, «è un Ufficio amministrativo e non può assumere decisioni politiche». A maggior ragione, non può farlo senza nemmeno avvisare i decisori politici, come pare invece sia successo. «L’Unar – conclude Toccafondi – sembra voler imporre un’impronta culturale a senso unico destando preoccupazione e confusione su tutto il sistema educativo. Una materia così delicata richiede particolare attenzione ai contenuti e al linguaggio utilizzati, a maggior ragione visto che si rivolge a ragazzi di tutte le fasce di età».
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