sabato 5 maggio 2012
Il sito dell’Agesci pubblica, alla fine di aprile, gli atti di un convegno svoltosi lo scorso novembre sul tema: “Omosessualità: nodi da sciogliere nelle Comunità Capi”. A volte i documenti andrebbero letti tutti, e visti nel loro insieme. C'è chi non l'ha fatto e ha tentato di montare un caso.
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Il sito dell’Agesci pubblica, alla fine di aprile, gli atti di un convegno svoltosi lo scorso novembre sul tema: “Omosessualità: nodi da sciogliere nelle Comunità Capi”. Dove, in buona sostanza, si afferma che «un/una capo che ha un orientamento omosessuale, purché viva questa sua condizione in modo casto, secondo gli orientamenti indicati dal magistero, può certamente fare il quadro e il formatore, cioè avere a che fare con altri capi, anche avendo dichiarato il proprio orientamento». Restano tuttavia «due perplessità», una circa «il problema del modello», l’altra circa «il modello della testimonianza», tali da indurre cautela sul versante educativo, per cui si consiglia il ricorso a tutti gli ausili possibili, psicologi compresi. Tutto qui. Per chi conosca solo un po’ lo scoutismo, nulla di sostanzialmente diverso rispetto al percorso di formazione dei capi (come ben sanno i tanti eterosessuali che capi non sono mai diventati). A volte i documenti andrebbero letti tutti, e visti nel loro insieme. Ma “la Repubblica” non l’ha fatto, e in chiave di “politically correctness”, ha pubblicato sul suo sito online la notizia: «Gli scout cattolici e l’omosessualità: “I capi gay sarebbero un problema”». Prendendo dagli atti solo una parte del dibattito e senza, con tutta evidenza, leggere il resto. E scatenando così la solita levata di scudi delle varie associazioni omosessuali che, leggendo il solo titolo sul sito (o neppure quello, forse) hanno iniziato a fulminare l’Agesci col solito uso di termini quali «approccio ideologico», e definendo il documento «sbagliato e disumano» (ma, appunto, basterebbe leggerlo).
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