sabato 1 novembre 2014
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A dirlo è l’almanacco: stamattina, il sole è sorto alle 7 e un minuto. A quell’ora in molte chiese le campane stavano annunciando l’odierna solennità di tutti i Santi: i rintocchi hanno accompagnato per qualche minuto l’innalzarsi della nuova luce. L’accostamento viene spontaneo. Genesi, primo capitolo: «Dio disse: “Sia luce”. E luce fu». Sembra di vedere l’opera di Antonio Bandirali, in queste suggestioni. Cremasco d’origine, varesotto d’adozione, ora di stanza a Laveno Mombello. Architetto, artista e fotografo: profondo contemplatore di quella luce generata nella creazione e sublimata nel Paradiso. È bello dare oggi un occhio al suo video: “Genesi. I giorni della creazione” (è visibile sul sito di Avvenire). «Partendo da immagini evocative dei versetti che narrano la Creazione – così lo vede Giampaolo Cottini, in Università Cattolica docente di Etica – accompagna l’occhio, ma molto di più il cuore, verso la bellezza del Paradiso». E cioè «verso il vero compimento di tutto ciò che Dio aveva creato». Bandirali tutto ciò non l’ha improvvisato. Ad Avvenire ricorda i suoi «30mila chilometri per ripercorrere i luoghi citati da Dante nella Commedia», preludo di un libro e di un video che il prossimo 17 novembre sarà presentato al Centro ricerche della Commissione europea di Ispra (Varese). Ma prima ancora rivive i colloqui con il gesuita Roberto Busa, morto a Gallarate (Varese) nel 2011, tra i maestri del cardinale Carlo Maria Martini: «Con lui e con l’indimenticato arcivescovo di Milano – racconta – ho iniziato a discutere la Genesi». E subito precisa: «Ma non sotto il profilo figurativo classico. Quello l’avevano già fatto in molti. Io sentivo che dovevo esprimere qualcosa di simbolico».
È del 2008 l’opera in volume, “Genesi”, personalmente donata a Benedetto XVI. Le mostre si susseguono: Feltre (Belluno), Varese, Budapest (Ungheria), Civitella del Lago (Terni), Leon (Spagna). L’anno dopo esce il video, progettato e musicato da Silvia Costeloe della Bbc di Londra. E poi presentazioni un po’ ovunque. Un invito «a ricongiungere la creaturalità finita dell’io – rimarca Cottini – con il suo destino definitivo». La santità, il mistero che “canta” la festa di oggi.
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