venerdì 3 gennaio 2014
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Via dalle strade provinciali di Catania i cartelloni pubblicitari che ostentano il corpo delle donne. Contro questa sgradevole e reiterata abitudine ha preso posizione il commissario straordinario della Provincia, Antonella Liotta, che ha disposto l’annullamento dell’autorizzazione di affissione e la rimozione dei cartelloni pubblicitari ritenuti offensivi. Al bando dunque le immagini di «donne ammiccanti e seducenti che mostrano parti del corpo femminili per pubblicizzare prodotti di ogni tipo e che raffigurano stereotipi di una realtà deformata con riferimenti ad un’identità sottomessa all’egemonia del maschio», denuncia Liotta.L’intervento della rappresentante dell’istituzione provinciale, «condivisibile nei contenuti», a giudizio del presidente della Fondazione Pubblicità progresso, Alberto Contri, potrebbe però dare adito a una deriva pericolosa. «In Italia – ricorda – abbiamo ventidue organismi, in rappresentanza di tutte le componenti del settore, deputati a intervenire sui messaggi veicolati dalla pubblicità. Credo sia utile che a decidere sull’opportunità o meno di certi messaggi siano dunque i professionisti della materia e non dei funzionari, pur autorevoli come nel caso di Catania, ma certamente non esperti».Tanto più, osserva Contri, che a chiunque è data la possibilità di rivolgersi all’Istituto dell’Autodisciplina pubblicitaria, segnalando abusi o messaggi non appropriati. «Sono tantissimi i casi sottoposti al Giurì – ricorda Contri – che in pochi giorni prende una decisione e ha la facoltà di rimuovere cartelloni o interrompere la messa in onda di spot».Proprio al contrasto dell’utilizzo strumentale del corpo femminile, sarà dedicata la nuova campagna di Pubblicità progresso che partirà a fine gennaio. Presentata a novembre nel corso della nona Conferenza Internazionale della Comunicazione sociale, si intitola “Punto su di te”. «Crediamo che non basti condannare – aggiunge Contri – ma innanzitutto serva educare. Anche i pubblicitari».Il presidente di Pubblicità progresso interviene anche sull’utilizzo di frasi del simbolo dell’antimafia, Peppino Impastato, in uno spot della Glassing, azienda brianzola che produce occhiali. «Mi pare una strumentalizzazione che rivela mancanza di gusto, creatività e, soprattutto, rispetto», sbotta Contri. La sua voce si aggiunge alle tante che, su Internet, si sono schierate contro l’utilizzo della figura del giovane ucciso dalla mafia il 9 maggio del 1978. Nello spot, presente anche sul sito della società, viene utilizzata una frase di Impastato sulla bellezza come «arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà» per promuovere l’ultimo tipo di occhiali. Un’idea che, avverte Contri, potrebbe anche rivelarsi controproducente. «La gente si accorge della strumentalizzazione e, giustamente, si ribella», aggiunte l’esperto, che si schiera con chi protesta. Tra questi c’è anche il fratello di Impastato, Giovanni, che ha chiesto l’immediato ritiro dello spot pubblicitario. Richiesta contenuta anche in una petizione lanciata ieri da Ivan Vadori, regista di “La voce di Impastato”, docu-film sull’attivista antimafia siciliano. «Gridiamo il nostro dissenso», aggiunge Vadori, che ricorda come la pubblicità sia stata registrata «senza alcuna autorizzazione della famiglia Impastato».
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