lunedì 24 novembre 2014
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Una bambina gettata tra i rifiuti. Un esempio concreto di quella mentalità che Papa Francesco indica con il termine "cultura dello scarto". Questo di Palermo è l'ennesimo triste caso che ci dimostra quanto questa società non sia in grado di aiutare una mamma in difficoltà. E quanto sia difficile pronunciare in pratica parole di vita e di solidarietà. «Ancora una volta siamo testimoni del triste ritrovamento di un neonato abbandonato nel cassonetto delle immondizie», dice Carlo Casini, presidente del Movimento per la vita. «Siamo profondamente rattristati per la misera fine di questa bambina che avrebbe potuto probabilmente essere salvata se la madre avesse incontrato persone solidali e capaci di pronunciare parole di vita. «Siamo rattristati anche dal luogo simbolico scelto dalla madre o da chi per lei per sbarazzarsi della bambina - continua Casini -. Le immondizie sono l’immagine dell’ultima povertà, dell’inutilità estrema. E quello che ha creato una certa cultura è proprio l’identificazione del bambino con l’inutile, il non umano, l’oggetto che si può gettare tra i rifiuti. Non a caso qualcuno, in giro per il mondo, comincia ad ipotizzare l’aborto post nascita per liberarsi di bambini malati, casualmente sfuggiti agli accertamenti pre-natali. «Siamo rattristati - riprende - anche dal fatto che sarebbe così facile salvare i bambini abbandonati alla nascita. Basterebbe partorire in anonimato nella sicurezza di una struttura ospedaliera, almeno finché questo sarà possibile. Ma basterebbe anche lasciare il neonato in una delle 45 Culle per la vita che il Movimento per la vita ha ripreso dalla secolare tradizione delle ruote degli esposti e rese moderne ed efficienti macchine salva-bambini sparse in tutta Italia. «La singolarità del caso palermitano è che proprio nell’ospedale che ha accolto la bambina ormai morta - conclude Casini - è attiva da anni una di queste culle. Sarebbe veramente bastato andare poco più in là del cassonetto per offrire una speranza a quella bambina».
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